Il ''tesoro'' della mafia ritorna ai cittadini
''Quei beni ce li siamo ripresi. Riina e la mafia non abitano più qui''
''U isti a taliari o cagnuleddu?'' Sei andato a vedere il cagnolino? Così Giovanni Brusca, parlando ai suoi sottoposti, si riferiva al piccolo Giuseppe Di Matteo, 11 anni, tenuto prigioniero per 779 giorni e infine strangolato e sciolto nell'acido. Era l'11 gennaio 1996.
Una fine inenarrabile per una colpa che non è una colpa: essere figlio di un collaboratore di giustizia, Santino Di Matteo, che con i magistrati parlava della strage di Capaci, dell'uccisione dell'esattore Ignazio Salvo, e di tanti altri segreti che la mafia non voleva si svelassero.
Dopo dodici anni da quell'inqualificabile omicidio, nello stesso luogo in cui il piccolo Di Matteo fu cancellato dalla brutalità mafiosa, sorge un 'Giardino della Memoria'. A inaugurarlo ieri mattina a San Giuseppe Jato (PA) sono stati i ministri dell'Interno Roberto Maroni e della Giustizia Angelino Alfano. Il taglio del nastro è avvenuto alla presenza delle massime autorità politiche e militari e della mamma del piccolo Giuseppe, Franca Castellese.
"Abbiamo vinto noi, anzi ha vinto Giuseppe perché penso che grazie a lui la mafia sia stata sterminata, se non del tutto almeno del 70%. Diciamo che oggi è un giorno di vittoria - ha detto la signora Castellese con le lacrime agli occhi - perché dopo quello che è successo abbiamo portato avanti il progetto che si doveva fare. Oggi è difficile essere qui ma non potevo mancare". E così dicendo ha voluto ringraziare don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e l'ex sindaco di San Giuseppe Jato Maria Maniscalco.
"L'obiettivo di questo giardino - ha spiegato l'attuale sindaco di San Giuseppe Jato, Giuseppe Siviglia - è trasformare un luogo di morte in un luogo della memoria e dell'impegno, del gioco e dell'incontro, che possa essere fruito da tutti, soprattutto dai bambini e testimonianza e atto d'accusa perenne della barbarie mafiosa".
"In questo luogo di barbarie della disonorata società, dove sono state fatte cose che nemmeno gli animali farebbero, lanciamo la sfida per vincere la battaglia contro la mafia", ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Sono lieto - ha spiegato Maroni - di consegnare alla società questo immobile sottratto alla mafia, perché l'attacco ai patrimoni mafiosi è la frontiera". "Già domani - ha aggiunto - daremo il via libera alle nuove norme che prevedono poteri straordinari per consentire l'utilizzo effettivo dei beni sequestrati perché vanno bene i sequestri e le confische, ma se i beni restano inutilizzato è un segno dell'impotenza dello Stato. Queste strutture - ha concluso - devono tornare proprietà dei cittadini".
Anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano ha avuto dure parole di condanna contro la mafia: "La mamma di Giuseppe e tutte le madri dei bambini vittime della mafia - ha dichiarato Alfano - sappiano che noi siamo al loro fianco non con le parole, ma con i fatti, come dimostra il varo del più importante pacchetto di misure antimafia dopo Falcone. La mafia è sempre equivalente alla morte, perché uccide uomini, speranze, futuro e dignità. In questo luogo ha ammazzato un bambino in un modo incompatibile con il genere umano".
I ministri Maroni e Alfano si sono poi recati nella vicina Corleone per inaugurare un agriturismo realizzato dal Consorzio Sviluppo e Legalità attraverso il recupero di due casolari confiscati al boss Totò Riina. Venticinque ettari di terreno, che si affacciano sulla vallata di Gorgo del Drago, dove sorge un ristorante da 90 coperti, con un annesso spazio per la vendita di prodotti aziendali e un'unità destinata ad alloggi. L'effettivo inizio dell'attività dell'agriturismo "Terre di Corleone" avverrà all'inizio del 2009, dopo che saranno espletati tutti gli obbligi burocratici per la concessione definitiva del terreno. La sua apertura rappresenterà una opportunità per i giovani del territorio. Verranno infatti assunti alcuni lavoratori che si occuperanno delle cucine, dei servizi e della gestione delle strutture. All'interno dell'agriturismo ci saranno anche un parco giochi, un campo di bocce e di calcetto, in erba naturale. La cooperativa Pio La Torre, che gestirà la struttura, si è costituita il 22 giugno 2007 ed è composta da 12 soci lavoratori tra agronomi, potatori, braccianti agricoli e trattoristi.
Dopo aver tagliato il nastro il ministro Maroni ha ribadito: "Siamo con il fiato sul collo di questi banditi, impegnati anche nell'aggressione dei loro patrimoni. E' questa la strada da seguire. Il messaggio che deve passare è che il crimine non paga e che le risorse tornano ai cittadini [...] Abbiamo introdotto molte norme nel pacchetto sicurezza per far tornare il 'bottino' della mafia ai cittadini. Dal primo gennaio al 5 novembre - ha sottolineato Maroni - nella sola Provincia di Palermo sono stati sequestrati beni per 571 milioni e questi patrimoni devono essere rimessi presto a disposizione dei cittadini".
Maroni poi ricordato come 14 anni addietro, sempre da ministro dell'Interno, era venuto in queste terre: "C'era aria di paura, i sindaci erano stati fatti oggetto di intimidazione, c'era una richiesta di aiuto allo Stato incondizionata. Oggi - ha sottolineato - ho visto un atteggiamento diverso. C'è coraggio, determinazione dei sindaci che chiedono allo Stato di combattere insieme questa grande battaglia".
"Ce li siamo ripresi quei beni. Riina e la mafia non abitano più qui", ha detto Antonino Jannazzo, sindaco di Corleone, dove ancora abitano mogli e figli di Riina e Provenzano. Prima il liceo nella villa del capo di Cosa nostra, il laboratorio di legalità in un immobile di Provenzano, il negozio di prodotti di Libera e la sede di Addiopizzo negli appartamenti dei costruttori mafiosi. E ora qui dove i corleonesi, quelli buoni e onesti, produrranno e cucineranno con i prodotti coltivati sulle decine di ettari di terreno di queste campagne sottratte ai boss e affidati alle coop e ai ragazzi di Libera che non si sono mai lasciati scoraggiare dai vigneti tranciati e dai trattori bruciati.
"Abbiamo mandato via Totò Riina a pedate da questa terra", ha detto Don Ciotti, mentre una parte del "tesoro" della mafia viene restituito ai figli migliori di questi bei luoghi.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it, La Siciliaweb.it, Repubblica.it]