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Il tribunale di Roma ha deciso che l'anestesista che aiutò a morire Piergiorgio Welby deve essere processato

14 giugno 2007

La richiesta di archiviazione della posizione di Mario Riccio, l'anestesista che interruppe la ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby, l'esponente radicale affetto da una grave forma di distrofia muscolare morto tra il 20 e il 21 dicembre scorso, è stata respinta dal Tribunale di Roma. La procura  dovrà quindi formulare un capo di imputazione coatto e chiedere il rinvio a giudizio del medico per il reato di ''omicidio del consenziente''.
Secondo quanto si è appreso, le ragioni del rigetto della richiesta di archiviazione stanno in quelli che hanno chiamato ''aspetti che attengono alla sfera dell'etica''.
''Il diritto alla vita nella sua sacralità, inviolabità ed indisponibilità costituisce un limite per tutti gli altri diritti che siano posti a tutela della dignità umana e dunque anche quello sancito dall'articolo 32 della Costituzione, secondo cui 'nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge''. Questo è quanto ha rilevato il gip di Roma Renato Laviola nell'ordinanza di imputazione coatta per Mario Riccio. ''L'affermazione di un diritto costituzionalmente riconosciuto comporta - si legge nell'ordinanza del giudice - che allo stesso debba essere data attuazione, anche in assenza di una specifica disciplina normativa, con il solo limite del rispetto degli altri diritti costituzionalmente garantiti''. Tra essi, e ''tra i diritti inviolabili della persona - osserva il gip - deve essere ovviamente compreso il diritto alla vita; anzi, tale diritto, pur in assenza di una specifica previsione nella Carta Costituzionale, costituisce il presupposto di tutti gli altri diritti''.

Insomma, Piergiorgio Welby aveva sì il diritto ad ''interrompere le cure o a rifiutare un trattamento sanitario'', diritto costituzionalmente garantito, tuttavia l'aver staccato la spina al ventilatore artificiale che lo teneva in vita configura un ''intervento attivo'' esterno sanzionabile penalmente.
Secondo il gip la morte di Welby è stata causata ''da una sorta di eutanasia passiva'', che si è sostanziata ''in un intervento attivo dell'anestesista Mario Riccio''.

I magistrati romani titolari degli accertamenti, il procuratore Giovanni Ferrara ed il sostituto Gustavo De Marinis, ribadiranno, in sede di esame della richiesta di rinvio a giudizio, la loro posizione, ossia che con l'interruzione della ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby praticata da Riccio è stato attuato un diritto del paziente che ''trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall'Ordinamento italiano e ribadito in fonte di grado secondario dal codice di deontologia medica'', e solleciteranno il proscioglimento dell'indagato. ''E' un esito che sorprende - ha commentato l'avvocato Giuseppe Rossodivita, legale di Riccio - anche alla luce della discussione avvenuta in sede di udienza preliminare nei giorni scorsi. Comunque, ben venga qualsiasi processo per l'accertamento dei fatti''.

La lunga vicenda giudiziaria è stata caratterizzata da una altalena di pareri giuridici: per primo il giudizio del Tribunale civile che, pur ammettendo il diritto costituzionale al rifiuto delle cure, non concesse alla famiglia Welby di ''staccare la spina''; poi la decisione della Procura che non rilevò condotte penalmente rilevanti nella interruzione della ventilazione e infine il parere del gip Laviola che sembra sovrapporsi proprio alla prima pronuncia del giudice civile Angela Savio.
L'anestesista Riccio, che era stato già prosciolto dal punto di vista deontologico dall'ordine dei medici di Cremona, si è detto sorpreso della decisione del gip; per il dottor Riccio nelle motivazioni ci sono ''concetti più inerenti all'etica che al campo giuridico: eutanasia passiva è un concetto di tipo bioetico, in un certo senso anche superato''.

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14 giugno 2007
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