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Il vento è cambiato...

Dopo che le Forze dell'ordine hanno arrestato Salvatore Lo Piccolo, tocca adesso alla società civile fare la propria parte

10 novembre 2007

La cattura di Salvatore Lo Piccolo ha assunto un valore simbolico maggiore rispetto a quella di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Quando il 15 gennaio del 1993, la Criminor, squadra speciale dei ROS guidata dal Capitano Ultimo, arrestò Riina dopo 25 anni di latitanza, il ''Capo dei capi'', la grande vittoria della Giustizia fu dopo poco resa opaca da diversi ''misteri'' rimasti ancora irrisolti. Dall'operazione portata a termine solo a metà (la villa del boss non fu tempestivamente sequestrata e questo non rese possibile scoprire cosa Riina potesse nascondere) - situazione che ha mandato sotto processo sia il Capitano Ultimo, Sergio De Caprio, sia l'allora comandante dei ROS Mario Mori (entrambi assolti) -, al presunto patto tra Stato e mafia e stilato con il latitante Bernardo Provenzano (che avrebbe ''consegnato'' il fraterno co-reggente di Cosa nostra per far calmare le acque, far fare bella figura alle istituzioni italiane e poter cominciare la nuova stagione mafiosa, quella senza morti ammazzati, sommersa e che fa affari con la società civile grazie alle connivenze), la cattura di Riina certamente segnò in qualche modo l'esistenza della Sicilia, ma non fugò la paura dei siciliani né tanto meno nutrì quel coraggio necessario per liberarsi dal germe mafioso insito nell'animo della gente, impossibilitata dal fidarsi pienamente delle istituzioni.

Per arrestare Bernardo Provenzano ci sono voluti altri 13 anni. Tredici anni di grande malaffare, nei quali mafia e antimafia, Stato ed antiStato si sono fusi e confusi in maniera diabolica. Nei quali sì, non si sono visti attentati eclatanti o corpi sparati lungo le strade o negli anfratti delle campagne, ma durante i quali i boss hanno fatto affari con politici, con marescialli e giudici e, ancor peggio, sono stati questi ultimi a fare affari con i mafiosi: scendendo a patti con loro, manomettendo i percorsi legali della vita sociale, colludendo in maniera  insopportabile con la mafia, quasi a volerla far diventare indistruttibile, invincibile, unico status possibile.
Che per catturare il ''boss dei boss'', latitante per oltre quarantanni e arrestato l'11 aprile del 2006, non ci fossero i mezzi o le possibilità è storia poco credibile. Sicuramente non ci sono state le volontà, o meglio, ci sono state troppe volontà contrarie affinché si mettesse fine all'immenso impero del male messo in piedi dall'ultimo dei corleonesi.
Il suo arresto ha colto tutti di sorpresa facenso subito gioire quella porzione di Sicilia che, malgrado tutto, è rimasta sempre aggrappata al senso della Giustizia. Ma un senso di incredulità e diffidenza è rimasto ad annebbiare la fiducia nei confronti delle istituzioni. Molti, troppi hanno pensato che la cattura di Provenzano nascondeva ulteriori magheggi tra mafia e politica. ''Hanno fatto arrestare il vecchio per chissà quali loschi motivi'', e invece...
E invece, nel giro di poco tempo e senza l'aiuto delle parole dei pentiti, è arrivata la cattura dell'erede del ''boss dei boss'', Salvatore Lo Piccolo. Venticinque anni di latitanza finiti grazie alla bravura degli inquirenti e delle forze dell'ordine, senza che all'orizzonte ci siano elezioni e mentre a Palermo tira un vento di forte cambiamento. Un vento di cambiamento che dietro non ha manifesti ''politico-istituzionale'', ma una ribellione di coscienza che viene dal basso, una ribellione che sfocia dal cuore dei diretti interessati e che ha come unica ideologia l'esigenza di poter vivere e lavorare normalmente. La ribellione di quell'intero popolo che pagava il pizzo e che sembra stia veramente cominciando a capire che la cosa più importante è non perdere la propria dignità.

La cattura di Salvatore Lo Piccolo e di suo figlio Sandro, nonché il ritrovamento della sua ''documentazione'' che porterà a sviluppi importantissimi per il ripristino della legalità, questa volta ha infuso un coraggio quasi oramai insperato a tutte le vittime della mafia e a tutti i siciliani per bene, che sono tanti e ancora di più.
Nell'''archivio portatile'' sequestrato a Salvatore Lo Piccolo erano meticolosamente classificati e raccolti i nomi di decine di commercianti e imprenditori che hanno pagato il pizzo al racket, la contabilità delle estorsioni con le cifre da incassare e quelle già incassate, e i nomi degli ''esattori'' e poi ancora i nomi degli esercenti taglieggiati.
Sono circa trecento in tutto i pizzini sequestrati ai Lo Piccolo e ancora numerose buste colme di fogli e appunti, diversi bloc notes, e alcune lettere personali, alcune che riguardano raccomandazioni o richieste di favori, altre indirizzate da Salvatore alla moglie e ai figli, e da Sandro ad alcune donne.
Tra le carte ci sono anche tutti i ''pizzini'' ricevuti da Bernardo Provenzano. I messaggi ''du Zu' Binnu'' (in tutto una trentina), ad un primo esame degli investigatori, riguarderebbero prevalentemente gli affari e gli interessi che Lo Piccolo aveva in comune con Provenzano, risalenti al periodo precedente al suo arresto: estorsioni, favori e ''messe a posto''. Sui motivi della loro conservazione nell'archivio dei Lo Piccolo, gli investigatori ipotizzano la necessità di continuare ad utilizzare alcuni riferimenti del boss corleonese, nonostante il tempo trascorso dalla sua cattura.

Insomma, in quella borsa di cuoi griffata, che Salvatore Lo Piccolo portava sempre con se, c'è il percorso fatto dalla mafia a Palermo nel ''dopo Provenzano'', una gigantesca mole di preziose informazioni che da una parte riempito il cuore di gioia a tanti cittadini, e dall'altra, ad un'altra parte di cittadini, il cuore lo ha mandato in fibrillazione per la paura.
E' solo questione di giorni e nuovi arresti verranno effettuati a Palermo. In questo nuovo clima i vertici delle associazioni di categoria continuano a lanciare nuovi appelli alla collaborazione rivolti a quanti si sono fino ad ora sottomessi al racket. ''Gli imprenditori vittime di estorsione che saranno convocati dagli inquirenti a seguito del ritrovamento dell'archivio del racket in possesso dei Lo Piccolo - ha detto Rosanna Montalto, responsabile dello Sportello Legalità della Camera di Commercio - hanno il dovere di confermare di essere stati vessati dalla mafia. Lo Sportello Legalità è pronto ad assistere sotto tutti i punti di vista gli imprenditori che decideranno di collaborare con le forze dell'ordine e la magistratura. Non si deve perdere tempo perché la continuità e la tempestività dell'azione investigativa sono di fondamentale importanza per non dare a Cosa nostra la possibilità di riorganizzarsi e per liberare le nostre imprese''.
A Palermo il vento è cambiato...

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10 novembre 2007
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