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Dall'Apocalisse all'Inferno di Haiti. La distruzione e il caos nell'isola caraibica dopo il sisma di tre giorni fa

15 gennaio 2010

"Haiti oggi è un Paese senza più autorità, dove manca tutto, cibo, acqua e medicinali e nel quale lo Stato, come istituzioni e simboli, si è dissolto con il terremoto". Così Maurizio Molinari, inviato de 'La Stampa' ad Haiti, unico giornalista italiano a raggiungere Port-au-Prince ha raccontato all'Adnkronos la situazione del paese scovolto dal sisma di tre giorni fa.
Quello che Molinari - giunto ad Haiti assieme ad alcuni colleghi su un piccolo charter noleggiato a Santo Domingo - descrive è uno scenario apocalittico: "Ci sono voci di saccheggi nelle zone più periferiche, ma finora nessuno è andato a controllare".
Nel caos che regna in città i rischi per l'incolumità personale sono grandi e non solo per gli stranieri: "Un sintomo è il comportamento della popolazione, che da ieri sera si sta assiepando nelle grandi piazze del centro, come in cerca di sicurezza". E i sopravvissuti si aggrappano alla fede: "Durante la notte - racconta Molinari - hanno pregato in coro, lodando Dio per essersi salvati". "L'unico paragone possibile che posso fare come cronista - spiega - è con New Orleans dopo l'uragano Katrina. Al posto dell'inondazione qui a circondarci è un deserto di macerie. Il centro della capitale è l'area più colpita dal sisma, gli alberghi della zona di Petionville hanno subito gravi danni e sono pericolanti. Assieme agli altri giornalisti europei e americani mi trovo nel compound delle Nazioni Unite dove risiede la maggior parte dei caschi blu presenti in città".
Ma per Haiti, sottolinea Molinari, "è un brutto colpo, perché il Paese stava preparando le elezioni di febbraio che ora saranno rinviate. A complicare la situazione è il disastro che ha colpito l'Onu: sotto le macerie del quartier generale è morto non solo l'Alto rappresentante delle Nazioni Unite ma anche tutti i suoi più stretti collaboratori. L'impressione è che andiamo verso la trasformazione della missione Onu: non più quella di peacekeeping, ma umanitaria, per sostenere ciò che resta del governo puntando a nuove elezioni, nel migliore dei casi entro un anno".
Quanto alla situazione dei nostri connazionali "del vice-console - aggiunge il giornalista della 'Stampa - non c'è ancora nessuna notizia, si sa solo che la sua abitazione ha subito danni. Un diplomatico italiano è in arrivo in auto da Santo Domingo. Finora a dare le notizie sui nostri connazionali che sono stati contattati sono stati alcuni italiani che lavorano per l'Onu". "In giornata - conclude Molinari - a Port-au-Prince arriverà un ufficiale della Guardia di Finanza, che sarà il primo a valutare quali aiuti potranno essere dati dal nostro paese".

DISTRUZIONE E CAOS - Ovunque ad Haiti ci sono morti, devastazione, saccheggi, dolore. A tre giorni dal devastante terremoto che ha raso al suolo la capitale Port-au-Prince, i primi soccorritori arrivati sull'isola caraibica si sono trovati di fronte scene agghiaccianti. "La situazione è anche peggio di quanto mostrano le tv. Mancano acqua potabile e cibo, le vittime sono ammassate in strada", racconta all'Ansa l'ambasciatore di Haiti a Roma, Geri Benoit.
È ancora troppo presto per tracciare un bilancio della tragedia. La Croce Rossa parla di almeno 50 mila morti, ma si teme che il bilancio possa essere di alcune centinaia di migliaia di vittime. Secondo quanto riferisce l'Onu, sono circa 3,5 milioni e mezzo le persone che vivevano nelle zone interessate dal sisma. I senzatetto a Port-au-Prince, dove è andato distrutto il 10% della città, sono almeno 300 mila.
Tra mille difficoltà si tenta di dare assistenza ai feriti e si continua a scavare tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti. Kelly Bastien, presidente del Senato di Haiti, è stato ritrovato vivo dopo essere rimasto intrappolato sotto le macerie del suo ufficio, nel Parlamento, circa dodici ore. Bastien ha riferito che tra le persone morte vicino a lui vi erano altri due parlamentari. Anche diversi ministri ed esponenti politici hanno perso la vita nel sisma. Secondo l'ambasciatore di Haiti a Berlino, Jean-Robert Saget, tra le vittime ci sono il titolare della Giustizia, Paul Denis, e l'esponente dell'opposizione Michel Gaillard. Da sotto le macerie dell'Hotel Christopher, che ospitava la sede della missione Onu ad Haiti e dove si teme siano rimasti intrappolati due italiani, si sentirebbero provenire delle voci: lo sostiene un portavoce dell'Esercito filippino, che ha circa 200 uomini schierati nell'ambito della missione Onu Minustah a Haiti.
Gli aiuti cominciano ad arrivare. E' arrivato l'Unicef che ha portato beni di prima necessità, è arrivato un aereo cargo di Medici senza Frontiere che ha scaricato materiale sanitario, coperte, teli, set da cucina, tende. A breve dagli Stati Uniti arriverà un'intera brigata di 3.500 soldati, tra cui 2.200 marines.
Ma la gente però è esasperata e alcuni scelgono la più macabra delle proteste: secondo un fotografo del settimanale americano Time, per le vie di Port-au-Prince sono stati eretti blocchi stradali utilizzando le macerie e i cadaveri che ancora aspettano una sepoltura. Il presidente haitiano, Renè Preval, ha reso comunque noto che 7 mila corpi sono stati interrati in una fossa comune. Oltre 1.500 morti sono stati ammassati nell'obitorio del policlinico di Port-au-Prince, dove camion requisiti dalla polizia continuano incessantemente a trasportare cadaveri in decomposizione per il caldo tropicale raccolti dalle strade o estratti dalle macerie.

UNICEF ITALIA: PRIMO STANZIAMENTO DI 300MILA EURO PER AIUTARE I BAMBINI - Continua senza sosta l’azione dell’Unicef per aiutare i bambini di Haiti: l'altro ieri sera a Jacmel è iniziata la distribuzione di 2.500 kit contenenti utensili per cucinare e 5mila sacchetti d'acqua da 1 litro per consentire la preparazione delle scorte alimentari distribuite dal WFP; è inoltre giunto a Port-au-Prince un primo volo con aiuti Unicef per un valore di 500mila dollari, sufficienti ad assistere 10mila persone, con sali per la reidratazione orale, compresse per la potabilizzazione dell'acqua, teli impermeabili e tende per allestire ripari d’emergenza. Nelle prossime ore giungerà un secondo volo di aiuti contenente altri teli impermeabili, coperte, kit sanitari d'emergenza, taniche per la raccolta dell'acqua e altri aiuti. Pronto l’invio dalla confinante Repubblica Dominicana di 13.848 chilogrammi di alimenti terapeutici pronti per l’uso contro la malnutrizione; inoltre, una nave cargo con aiuti Unicef partita dall’Ufficio Regionale dell’Unicef di Panama è attesa ad Haiti per oggi. Finora l’Organizzazione ha mobilitato aiuti per un totale di 3,4 milioni di dollari.
"L'Unicef Italia ha deciso di stanziare 300mila euro come primo contributo alle operazioni di soccorso", ha detto il Presidente Vincenzo Spadafora, "mi auguro che la mobilitazione a favore dei bambini di Haiti prosegua anche nelle prossime settimane. Rinnovo l’appello a tutti, donatori e aziende, a sostenere la nostra raccolti fondi per le vittime del terremoto".

LA PRIMA VITTIMA ITALIANA... - Sono saliti a circa 130 "gli italiani che si sono manifestati e che stanno bene". A dirlo al Tg1 è stato il vice capo del servizio stampa della Farnesina, Aldo Amati, secondo cui continuano intanto ad Haiti le ricerche degli italiani, alcune decine, che "ancora mancano all'appello". "Il nostro funzionario dell'Unità di crisi sul posto sta controllando negli alberghi crollati e verificando se ci sono nostri connazionali", ha aggiunto Amati.
Intanto, si registra la prima vittima italiana ancora non confermata però dalla Farnesina. "Gigliola Martino, 70 anni, nata a Port au Prince da genitori italiani è la prima vittima 'italiana' del tremendo terremoto che ha distrutto Haiti", rivela 'La Gente d'Italia', il quotidiano d'informazione indipendente diretto da Mimmo Porpiglia, già console onorario di Haiti in Italia. Gigliola Martino, racconta il quotidiano on line in un articolo firmato da Margareth Porpiglia, "è morta nell'unico ospedale della capitale sfuggito al sisma, per le gravi ferite riportate nel crollo della sua abitazione. Il figlio, Riccardo Vitello e il cugino Leone Vitello, nelle ore successive al sisma, erano corsi da lei a Bourdon, il quartiere residenziale che confina con Petionville, abitato prevalentemente da italiani, diventato oggi un cumulo di macerie: l'ambasciata francese, l'hotel Cristoph, la sede distaccata della Minusta, le residenze dei Caprio, dei Martino, dei Riccardi, dei Cianciulli, dei De Matteis, dei Vitiello...non esistono più...Gigliola Martino viveva da sola con due persone di servizio, una badante e un garzone".
"Siamo scappati subito da lei, viviamo vicini e il nostro primo pensiero è stato quello di raggiungerla - racconta tra i singhiozzi Riccardo Vitello, commerciante, terzo figlio di Gigliola -. Arrivati sul posto abbiamo cominciato a chiamarla, e solo dopo numerosi tentativi abbiamo sentito la sua voce... un sollievo. Era sotto le macerie, in prossimità della porta, stava scappando quando il tetto è crollato. Abbiamo cominciato a scavare con bastoni, pale...con le mani. A fatica siamo riusciti ad estrarla dalle macerie. Le sue condizioni erano gravissime, aveva perso un braccio e la gamba destra era dilaniata...L'abbiamo portata subito all'ospedale...Ma non ce l'ha fatta...".

"Figlia di Aida Fiore e Nicola Martino, Gigliola - racconta 'la Gente d'Italia' - non aveva voluto lasciare il paese neppure all'indomani della morte del marito Guy, barbaramente assassinato da quella stessa banda di delinquenti che il 7 agosto del 2006 l'aveva rapita all'alba, nella sua casa. Un sequestro a scopo di estorsione, ad opera di gang che ancora oggi infestano l'isola caraibica. Aveva resistito a tanti dolori Gigliola, prima la morte del figlio primogenito, scomparso per una malattia, poi quella del fratello Nicolas e infine l'uccisione del marito. Aveva resistito e non voleva lasciare il suo paese. Si occupava, dei suoi affari, nonostante l'età avanzata. Insieme con il figlio Riccardo, infatti, era proprietaria di un'impresa di pulizie". "Conosciutissima nella comunità francese ed haitiana, Gigliola Martino era una delle ultime italiane di Haiti - scrive 'la Gente d'Italia '-. Un'italiana vera che continuava a parlare la lingua di Dante. Che faceva ancora la pasta in casa, che cucinava il ragù la domenica...Esponente di una delle due famiglie di oriundi più importanti dell'isola caraibica, i Caprio e i Martino presenti ad Haiti da oltre un secolo. Arrivarono insieme a Port-Au-Prince ai primi del 1900, Ernesto Caprio e Gennarino Martino. Dalla lontanissima Teora, piccolo centro della provincia di Avellino. E ad Haiti, insieme, hanno costruito fabbriche, hanno aperto banche, hanno dato lavoro a migliaia di haitiani contribuendo fortemente al progresso economico e culturale del paese".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it, Aise, Ansa.it]

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15 gennaio 2010
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