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Impop. Una mostra di Arrigo Musti

Nella suggestiva Dipendenza della Casina delle Civette, a Roma, classico e moderno per una visionaria chiave di lettura della nostra epoca

19 giugno 2014

«L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire»
(epigrafe anonima incisa sull'architrave del portico del Teatro Massimo di Palermo)

La pittura, per colori e forme, assomiglia ad un’istallazione pop, gli arredi sembrano gioielli preziosi, le maioliche sono riproduzioni di opere d’arte. Nulla sta per se stesso ma rimanda a qualcos’altro, nella mostra Impop dell’artista bagherese Arrigo Musti, a cura di Lorenzo Canova.
Sullo sfondo un’epoca che non vi è più e della quale rimane una labile traccia, dietro dei colori forti e volutamente sgargianti, nel tentativo nobile di dialogo tra le vestigia del passato ed un "luccicante" contemporaneo.
Il progetto è promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i servizi Museali di Zètema Progetto Cultura.

Era dai tempi di Renato Guttuso che un bagherese, e neppure un palermitano non realizzava una mostra in un museo d'arte contemporanea di Roma.
La Dipendenza della Casina delle Civette, dove sarà possibile ammirare le opere di Musti, dal 21 giugno al 28 settembre 2014, sembra essere la cornice ideale per un confronto/scontro tra l’antico e il moderno, tra il classico e il contemporaneo, che lascia trasparire una visione iperbolica, seppur freddamente cinica, della contemporaneità dietro opere che colpiscono l’occhio ma inducono ad interrogativi indefettibili ed urgenti. Uno di questi è: cosa comporta il nuovo che avanza?

Il lavoro di Arrigo Musti ha un fil rouge che lo ha sempre contraddistinto, dato dalla visione in chiave sociale dell’arte e del design. Le opere in mostra a Villa Torlonia, prevalentemente, istallazioni site-specific concepite dall’artista per gli spazi della Dipendenza della Casina delle Civette, alludono ad un mondo contemporaneo sempre più globalizzato che, soprattutto nelle società più benestanti, trova nel lusso e nei suoi colorati simboli veri e propri antidepressivi, via di fuga da un pensiero che denuncia una profonda crisi interiore. Il pensiero, che contraddistingue la parte nobile dell’uomo, sembra dunque cedere il passo, alla ricerca di ossessivi e colorati simboli esteriori, dimenticando, ancor più gravemente in Italia, le nostre nobili vestigia del passato.

Tuttavia ciò che interessa è la contraddizione e la precarietà di tale inusuale tendenza attuale. In tal senso, l’istallazione, costituita da un pouff a forma di pietra preziosa di colore rosso - rubino (IMPOP 1), che troverà posto nel portico d’ingresso alla Dipendenza della Casina delle Civette, vuole essere metafora di quanto detto sopra, così come un altro pouff, di colore blu-zaffiro, posto nello spazio interno. Tali sedute sono instabili e precarie, metafora della forma fine a se stessa, poiché segnate talora da un foro circolare, talaltra da un taglio trasversale, che impedisce di sedervisi, privandoli della relativa utilità e destinandoli alla sola esibizione su un piedistallo. Chi li osserva può vedere, insieme alla labilità di una società orientata alla forma ed al lusso, quanto questa poi non sia sostenuta da una sostanza di pensiero. Il foro-vuoto depressivo che insiste nella pietra preziosa, per traslato, esiste in ognuno di noi quando cerchiamo di evadere da noi stessi.

Arrigo Musti spiega: "Quando realizzo la segmentazione dell’icona del lusso e della forma, rappresentata dal gioiello sgabello, mi sento "impopolare", anzi, come ci insegna lo pseudo linguaggio veloce dei cellulari, "Impop". Impop, voglio precisarlo, non deriva dalla Pop Art con la quale non ha nulla in comune. Se fosse stato così sarebbe stata "Unpop" la parola adatta a descrivere tali oggetti. Il termine "impop" è l’abbreviazione della parola italiana impopolare, quando essere impopolare significa essere in antitesi con i propri tempi e le loro tendenze massificate. Questo può accadere solo quando, in certe epoche, come la nostra, essere molto popolari significa cercare di non pensare a nulla, esorcizzando le paure della crisi morale e materiale che ci affligge. Magari distraendosi con beni inessenziali, che diventano essenziali e finanche quotidiani, ci si può adagiare sul lusso e sulle mode, realizzando o acquistando oggetti di utilità quotidiana, che ricordano nelle fattezze una pietra preziosa o un gioiello, ingannando profonde insicurezze e vuoti depressivi".

La mostra si compone, poi, di 8 inedite "tele" di metallo (serie iron drop) trattate con materiale semisolido, finite con laccatura lucida e segnate, da una goccia che solca l’immagine di un volto di statua, che affiora in bassorilievo, corrosa e ridotta ad una maschera abbozzata di materia che si decompone sotto l’effetto dell’incuria e per metafora dell’oblio.
Si potranno, inoltre, ammirare dei complementi d’arredo che Arrigo Musti ha realizzato con l’arch. Anna Russo: due maioliche (maiolic tiles), di grandi dimensioni, che rivisitano alcuni soggetti della serie Drops dell’artista, riproponendoli su un supporto di pietra lavica, un tavolo, a forma di anello, una sedia, isomorfa ad un pendente con ciondolo, ed un pouff a forma di pietra preziosa.
La mostra è un trionfo di colori, densi di significato, figlia di un’epoca che riesce ancora a sfornare nuove tendenze artistiche, che non rinunciano a una personale riflessione sulla società, cogliendone inclinazioni e contraddizioni.

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19 giugno 2014
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