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Importanti novità sulla Strage di via D'Amelio

Le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, killer di don Puglisi, riscrivono la storia della mafia stragista

23 aprile 2009

Gaspare Spatuzza, killer di don Pino Puglisi al soldo dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano della cosca palermitana di Brancaccio, sarà protetto ed accederà al programma provvisiorio di protezione su richiesta della procura della Repubblica di Firenze che indaga sulla strage di via Dei Georgofili del 26-27 maggio del '93.
Ormai da circa dieci mesi Spatuzza collabora con i magistrati di varie procure siciliane e nazionali (quella di Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Napoli e, appunto, Firenze), e di storie da raccontare ne ha tante. I magistrati lo ascoltano con molta attenzione e pesano ogni sua parola per reputarne l'attendibilità.
Ora i magistrati di Caltanissetta, Palermo, Roma e  Firenze, che in questi giorni si sono riuniti a Roma convocati dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso proprio per esaminare la rilevanza delle dichiarazioni di Spatuzza, hanno deciso per la protezione provvisoria. L'assassino di don Pino Puglisi sembra attendibile.
Fra le storie raccontate ai pm anche quella del mancato attentato alla "Casa di Dante", la storica sede dantesca che sorge all'inizio di viale Trastevere nella torre trecentesca degli Anguillara, che nel 1993 sarebbe stata nel mirino dei boss Graviano. Un attentato che non fu portato a termine per il "timore" di Cosa Nostra, sostiene Spatuzza, di provocare "troppi morti" perchè in quei giorni si celebrava la festa di quartiere "De noantri".

Ma, tra le storie raccontate da Spatuzza una spicca più delle altre, ed è quella che rivela delle novità importanti riguardanti la strage di Via D'Amelio. L'attentato in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta (avvenuto il 19 luglio 1992, 57 giorni dopo la strage di Capaci dove morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre degli uomini della scorta) fu realizzato con una Fiat 126 imbottita di esplosivo. Un'auto rubata, secondo le sue ammissioni d'allora e i processi costruiti anche su quelle parole, da un "malacarne" palermitano, tale Salvatore Candura, pregiudicato per reati contro il patrimonio, arrestato dalla polizia nel settembre '92 per una violenza carnale. In carcere Candura confessò quasi subito il furto dell'auto destinata a far saltare in aria Borsellino, e disse che a dargli l'incarico era stato Vincenzo Scarantino. Il quale fu arrestato, si pentì, e raccontò molti particolari sulla strage di Via D'Amelio: parlò di una riunione di boss a casa del mafioso Calascibetta e tirò in ballo gran parte della “cupola” di Cosa Nostra, compreso il capo del mandamento di Santa Maria di Gesù-Gudagna Pietro Aglieri e altri boss. Le confessioni andarono avanti a sprazzi: confermate, poi ritirate, quindi ribadite, ma ritenute attendibili dai giudici fino alle sentenze di Cassazione. Oggi però Candura, che a Scarantino faceva da "spalla", si è rimangiato tutto e dice: il furto della 126 non l'ho commesso io, fu la polizia a farmelo confessare, ma con quella storia non c'entro. Affermazione che Candura ha fatto durante un confronto con Gaspare Spatuzza che ha dichiarato di essere stato lui ad aver rubato l'auto.

"Stavamo preparando tutti i documenti per chiedere la revisione del processo Borsellino bis. Lo avevamo deciso da tempo. Ora ci si è fermati in attesa di leggere le dichiarazioni dei nuovi pentiti ed in particolare di Spatuzza" dice Rosalba Di Gregorio, legale dell'ex capo mandamento Pietro Aglieri.
L'avvocato De Gregorio spera di riaprire il processo, quella parte almeno che per le "rivelazioni" di Scarantino, portò alla condanna all'ergastolo di Aglieri e di altre cinque persone (Gaetano Murana, Cosimo Vernengo omonimo del presunto boss, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino e Giuseppe Urso detto "Franco"), considerate vicino al capo mandamento e condannati definitivamente, soltanto per la strage di Via D'Amelio, all'ergastolo e che, secondo le nuove rivelazioni di Spatuzza, non c'entrano nulla.

Così a diciassette anni dalla strage, l'inchiesta sugli autori sta per ripartire. Spatuzza, oltre a sostenere d'aver rubato la 126 che imbottita di tritolo fu utilizzata per l'attentato, ha detto anche di avere ricevuto l'incarico dai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Ai magistrati di Caltanissetta ha indicato anche il luogo esatto dove l'auto fu rubata.
Anche Giovanni Brusca, uno dei pentiti più accreditati da diverse procure, ha più volte sollevato dubbi sui racconti di Candura e Scarantino, e in particolare in due occasioni. La prima nel corso di un processo a Catania sulle "stragi", qualche anno fa dichiarò: "Ci sono innocenti in carcere per l'eccidio di via D'Amelio". La seconda quando riferì di aver chiesto a Totò Riina se "quelli si sono fatti sentire" (cioè se Aglieri e il vicecapo del mandamento Carlo Greco avessero o meno partecipato alla strage) e di aver avuto per risposta: "non li ho chiamati e non si sono fatti sentire".
Ad aggiungere "dubbi" e riserve le dichiarazioni rese a "La Stampa" dall'ex pm, "in applicazione", di Caltanissetta Ilda Boccassini. Il magistrato ha sostenuto che le dichiarazioni di Scarantino non l'hanno mai convinta, tanto è vero che prima di lasciare, per scadenza dell'incarico, la procura nissena, nel '94 in dieci pagine di verbale espresse tutte le sue riserve. Verbale del quale avrebbe ancora copia ma del quale non c'è più traccia a Caltanissetta. A far dubitare dell'attendibilità di Scarantino già nel '94, secondo la Boccassini, furono le dichiarazioni del "pentito" su presunti mandanti le "stragi": Fininvest, Marcello Dell'utri etc. Tesi, invece, alle quali diedero spazio alcuni suoi colleghi che si occupavano delle indagini su via D'Amelio: i magistrati Nino Di Matteo e Anna Maria Palma (oggi consulente della commissione parlamentare Antimafia).
Saranno ora la Direzione nazionale antimafia, la procura di Caltanissetta, quella di Palermo, di Roma e di Firenze a decidere cosa fare: Spatuzza, infatti, da un lato "assolve" alcuni (già condannati definitivamente) dall'altro inserisce fatti, episodi e personaggi mai sfiorati prima dalle indagini e dai processi. 

[Informazioni tratte da Repubblica/Palermo.it, SiciliaInformazioni.com, Corriere.it]

- "Stragi mafiose, ritorna la Boccassini" di Giovanni Bianconi

 

 

 

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23 aprile 2009
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