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In Iraq la guerra uccide ogni giorno, e la nuova rotta decisa dagli Usa preoccupa il governo iracheno

12 dicembre 2006

Almeno 57 morti e 148 feriti. E' il bilancio di un nuovo attacco suicida avvenuto stamane in piena Bagdad, a piazza Tarayan uno dei più sanguinosi nell'era del dopo-Saddam Hussein: un camion-bomba guidato da un kamikaze è saltato in aria in mezzo a un folto gruppo di lavoratori a giornata in cerca d'ingaggio, facendone strage.
Piazza Tayaran, nel quartiere centrale di Rusafa, è un tradizionale luogo d'incontro per muratori, imbianchini, carpentieri, idraulici e operai del settore edile senza posto fisso, che fin da dopo l'alba si radunano nei bar e davanti ai banchi degli ambulanti, aspettando un'occasione di occupazione. L'attentatore ha fatto scattare per loro una vera e propria trappola: con il suo veicolo carico di esplosivo si è parcheggiato in mezzo alla piazza, vicino agli astanti, e quindi ha cominciato ad annunciare che c'era bisogno di lavoratori, attirandone l'attenzione. La gente immediatamente gli si è raccolta intorno: ''Si sono precipitati come mosche sul miele'', ha raccontato un anonimo funzionario ministeriale. A quel punto però il kamikaze ha azionato l'innesco. L'onda d'urto è stata così potente da lesionare gravemente due palazzi adiacenti, spazzando via decine di carretti colmi di frutta e verdura da vendere.

L'episodio è tanto più clamoroso in quanto Baba al-Moadam è uno dei punti sottoposti a maggiore sorveglianza della capitale irachena: sorge infatti vicino alle sedi di gran parte delle istituzioni pubbliche principali, e anche a poca distanza dalla cosiddetta ''Zona Verde'': il complesso super-fortificato, un tempo Palazzo Presidenziale di Saddam, che si estende lungo la riva occidentale del fiume Tigri; vi sono ospitati gli uffici del governo, il quartier generale della coalizione multinazionale a guida Usa e parecchie ambasciate straniere, tra cui quelle americana e britannica.

In Iraq la situazione è ormai insostenibile. Lo sanno e, oramai, lo ammettono tutti, anche il presidente degli Stati Uniti d'America, George W. Bush.
Gli Usa in Iraq devono cambiare tattica, c'è poco da fare, e il cambiamento di rotta deve avvenire al più presto.
Nello studio della commissione Iraq Study Group, presieduta dall'ex segretario di Stato James Baker e dal democratico Lee Hamilton, e consegnato nei giorni scorsi a Bush, sono diversi i suggerimenti dati al presidente (le 160 pagine contiene ben 79 raccomandazioni per uscire dalla crisi), ma i concetti basilare sono fondamentalmente due: il cambiamento di ruolo delle truppe americane e il coinvolgimento di Iran e Siria nella stabilizzazione dell'Iraq
Agli iracheni, il Gruppo di Studio fa, inoltre, presente che se il suo governo ''non compirà progressi reali verso gli obiettivi della riconciliazione nazionale, della sicurezza e della governabilità ''gli Stati Uniti potrebbero ridurre il loro sostegno politico, militare ed economico''.
Il documento messo a punto dalla commissione di saggi secondo Bush contiene ''molte proposte interessanti'' e ''tutte verranno prese in seria considerazione''. Parlando di fronte alle telecamere alla Casa Bianca dopo avere ricevuto il documento, Bush ha promesso di ''agire al più presto''.

''Questo rapporto dà una valutazione molto dura della situazione in Iraq'', ha affermato il presidente dopo una colazione di lavoro alla casa Bianca con Baker ed Hamilton. ''Esamineramo molto seriamente ogni proposta e agiremo tempestivamente'', ha aggiunto, ''ho detto agli esponenti (del gruppo) che questo rapporto che va sotto il nome di 'La via da percorrere' sarà preso molto seriamente da questa amministrazione''.
Molto diversa dall'inizio del conflitto, dunque, la posizione della Casa Bianca, quando sia il presidente che l'ex ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, parlavano della guerra in Iraq come di una ''guerra lampo'', infatti, il portavoce dell'amministrazione Bush, Tony Snow, ha sottolineato che è chiaro che non esiste ''una formula magica'' per risolvere il conflitto iracheno. (leggi il rapporto)


La ''nuova ricetta'' messa a punto dall'Iraq Study Group è stata però duramente criticata dal presidente iracheno Jalal Talabani. ''Rifiuto questo rapporto - ha detto Talabani ai giornalisti convocati nella sua residenza a Bagdad -. Credo che il dossier Baker-Hamilton non sia equilibrato né corretto e che contenga punti pericolosi che minano la sovranità dell'Iraq e la sua Costituzione''.
Particolarmente sgradito il passaggio in cui Baker e Hamilton consigliano di coinvolgere i baathisti del deposto regime di Saddam Hussein in una conferenza. Questo, ha detto Talabani, ''andrebbe contro alla lunga battaglia del popolo iracheno per rovesciare la dittatura'', ha sottolineato.
Talabani ha poi stigmatizzato la proposta di ridurre gli aiuti americani al governo iracheno se non vi saranno progressi significativi. ''Significa trattare l'Iraq come una piccola colonia cui si impongono condizioni'', ha sottolineato, ''e negare il fatto che noi siamo un governo sovrano e rispettato''.
La sovranità è un punto cui Talabani tiene molto e lo ha ribadito nel respingere con sdegno l'idea che a ogni unità delle forze irachene sia assegnato un militare americano con compiti di consigliere: ''Sulla sicurezza abbiamo le mani legate, l'Iraq deve riconquistare la propria sovranità in questo campo''.

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12 dicembre 2006
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