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In Libia oltre 10mila morti e 50mila feriti

Muammar Gheddafi asserragliato nel bunker di Tripoli. Migliaia di mercenari e miliziani africani verso la capitale per difendere il colonnello

24 febbraio 2011

Oltre diecimila morti. Tante sarebbero le vittime in Libia dall'inizio delle proteste contro il leader Muammar Gheddafi. E' il tragico bilancio fornito da un esponente arabo del Tribunale Penale Internazionale (TPI), ai microfoni di Al Arabiya. Secondo la fonte, i feriti sarebbero oltre 50mila e sarebbe in corso una fuga di massa attraverso il confine con l'Algeria. L'esponente del TPI ritiene che la situazione possa ulteriormente degenerare e arriva a ipotizzare che Gheddafi decida di usare armi chimiche per sedare la protesta.
Timore condiviso anche da una ex diplomatica libica in una testimonianza raccolta via Skype dal "Mondo di Annibale", blog sugli Esteri di Articolo21. "Il grande timore espresso è che Gheddafi usi le armi chimiche che non ha mai distrutto" spiega. "Ci si prepara ad aiutare Tripoli a combattere l'ultima battaglia. Ci si aspetta che da stasera milizia e mercenari escano in città e si teme il peggio", scrive la ex diplomatica.
E la battaglia infatti continua. Tajura, sobborgo di Tripoli, sarebbe caduto in mano ai manifestanti antigovernativi. Lo scrive il giornalista del 'New York Times' Nicholas Kristof, che su Twitter afferma di aver appreso da testimoni che i ribelli hanno piantato la loro bandiera sulla località a circa sedici chilometri dal centro di Tripoli. Sempre tramite Twitter, altri testimoni raccontano che si sentono ancora colpi di arma da fuoco per le strade di Tajura.

Ieri l'ex ministro dell'Interno libico, Abdel Fattah Yunis, nel corso di un'intervista rilasciata ad Al Arabiya, ha rivelato: "Il colonnello Muammar Gheddafi ha tentato di farmi assassinare, ma non è riuscito nell'intento". "Ho chiesto a Gheddafi di chiedere scusa per le vittime della repressione dei giorni scorsi - ha affermato - ma lui si è rifiutato. Mentre ascoltavamo un suo discorso in una caserma, un suo collaboratore ha tentato di uccidermi aprendo il fuoco contro di me, ma ha colpito un mio collaboratore".
L'ex ministro sostiene di essere passato volontariamente con i manifestanti di Bengasi. "Una volta giunto in città ho dato ordini alla polizia di non aprire il fuoco sulla popolazione - ha aggiunto - tutta la polizia cittadina è al fianco dei manifestanti ed anche le tribù della zona".
A proposito del discorso tenuto l'latro ieri da Gheddafi, nel quale annunciava la morte di Yunis per mano dei rivoltosi, il ministro dimissionario ha affermato "sono dispiaciuto dal suo messaggio perché è chiaro che non intende farsi da parte. Ormai però il suo regime è finito e siamo agli ultimi giorni di vita". Yunis sostiene "di non essere responsabile delle stragi dei giorni scorsi avendo ordinato alla polizia di non aprire il fuoco, ed ora che mi sono dimesso da ogni incarico sono solo un soldato al servizio del popolo".

Intanto continua a crescere il numero di militari che voltano le spalle al regime di Muammar Gheddafi. E' di ieri mattina la notizia di due piloti che per non eseguire l'ordine di bombardare Bengasi, si sono lanciati col paracadute e hanno lasciato precipitare l'aereo. Il fatto, riportato dal sito del quotidiano libico 'Quryna' considerato vicino a Seifulislam Gheddafi, è avvenuto a ovest di Adjabiya. Fonti militari hanno confermato la notizia, sostenendo che il caccia, un Sukhoi 22 di fabbricazione russa, era decollato da Tripoli. "I due piloti a bordo, Abdel Salam Atiya al-Abdali e Ali Omar Gheddafi - ha spiegato un colonnello dell'aviazione - si sono rifiutati di eseguire l'ordine di bombardare Bengasi e hanno fatto precipitare il velivolo dopo essersi lanciati con il paracadute".
E un 'no' sarebbe stata la risposta di un altro pilota, stando a quanto riferisce ad al-Arabiya da una fonte militare, all'ordine di Gheddafi di bombardare alcuni pozzi di petrolio.
Anche le unità dell'esercito libico dispiegate nella provincia di Jabal al-Akhdar, nella Cirenaica, sono passate con i manifestanti, ha riferito la tv araba Al Jazeera. Mentre il direttore della fondazione Gheddafi, che fa capo al figlio del rais Seifulislam, ha annunciato di aver rassegnato le sue dimissioni "sgomento per le violenze perpetrate".
Nuove defezioni, inoltre, nel corpo diplomatico libico in segno di sostegno alla popolazione. Dopo i casi in Cina, Regno Unito, Polonia, India, Indonesia e Svezia, si è dimesso anche Salaheddin El Bishari, ambasciatore libico in Indonesia, secondo quanto scrive il Jakarta Post. Mentre dal Movimento islamico per il cambiamento in Libia arriva un appello all'aviazione perché prenda coraggio e, invece di lanciare bombe sui manifestanti, bombardi il compound militare di Gheddafi a Bab al-Azizia, "tagliando la testa del serpente". Il Movimento islamico si rivolge anche agli Stati arabi e alla comunità internazionale affinché intervengano in aiuto dei manifestanti in quanto Gheddafi sta distruggendo il Paese, il suo popolo, le infrastrutture dello Stato piuttosto che mantenere il potere.

Ed è notizia di questa mattina che la Libia si sta stringendo sempre di più, in mezzo a un bagno di sangue di cui ancora mancano i confini reali. "Le milizie del regime stanno bombardando Zawia, la stanno massacrando, la gente sta morendo". È questo l'ultimo l'allarme lanciato da una testimone oculare all'Ansa. "E' un massacro, ed è difficile stimare il numero di morti" ha aggiunto un ex ufficiale all'emittente Al Arabiya, descrivendo quanto sta accadendo nella città che si trova circa 40 km a ovest dalla capitale, dove c'è stato anche un lancio di missili anti-aereo contro il minareto della moschea. Un primo bilancio, reso noto testimoni ad un sito arabo, parla di 40 morti e decine di feriti. In un banner di colore verde apparso poco fa sugli schermi della tv di Stato libica, è apparso un banner che annuncia "un nuovo discorso del colonnello Muammar Gheddafi rivolto alla gente di Zawia".
Gli oppositori al regime hanno preso il controllo di diverse città vicine alla capitale libica mentre, secondo le ultime notizie, il Colonnello è asserragliato a Tripoli, nel bunker di Bab al-Aziziya. Lo ha riferito Al Arabiya secondo cui le truppe ancora fedeli a Gheddafi hanno isolato la capitale stendendo un cordone di mezzi e truppe con cui difendere il Raìs. La zona di Bab al-Aziziya a Tripoli, dove si trova la residenza del leader libico Muammar Gheddafi, sarebbe senza elettricità dalla scorsa notte.
E sono migliaia i mercenari e i miliziani africani che si stanno intanto dirigendo verso Tripoli per portare rinforzi al leader libico, mentre la rivolta contro il regime del colonnello libico, al potere da 42 anni, sembra essere arrivata a una fase decisiva. "Gheddafi - scrive oggi il New York Times - sta rafforzando il suo quartier generale di Tripoli, mentre i suoi oppositori nella capitale stanno organizzando la loro prima iniziativa di protesta coordinata per il prossimo venerdì". "Su ogni cellulare arriva un messaggio relativo a una grande manifestazione di protesta per venerdì a Tripoli" dice un testimone locale, aggiungendo che il discorso minaccioso rivolto al Paese dal colonnello Gheddafi ha portato la determinazione dei rivoltosi "al 100 percento".
Inoltre, il ramo nordafricano di Al Qaeda sembra si sia schierato a fianco dei dimostranti anti-regime in Libia, e accusa Muammar Gheddafi di essere un "assassino di innocenti". Lo riferisce il Site, il gruppo di monitoraggio dei siti estremisti islamici, citando un comunicato dell'Aqmi pubblicato online. "Siamo addolorati dalla carneficina e dai vili massacri perpetrati dall'assassino di innocenti Gheddafi - si legge nel testo - contro la nostra gente e i musulmani disarmati che si sono levati contro la sua oppressione e la sua tirannia". "Facciamo appello ai musulmani libici perché abbiano fermezza e pazienza, e li incitiamo a continuare la propria battaglia e rivoluzione per cacciare il tiranno criminale", aggiunge il comunicato.

IN FUGA DALLA LIBIA - Continuano i rimpatri degli stranieri che vivono e lavorano in Libia. Per quanto riguarda gli italiani, due voli Alitalia sono partiti ieri da Tripoli come hanno riferito fonti diplomatiche. "La Farnesina sta operando senza soluzione di continuità per far defluire dalla Libia tutti i connazionali che hanno manifestato la volontà di lasciare il Paese. A poco più di 48 ore dall'improvviso degradarsi della situazione a Tripoli, da dove, malgrado la situazione problematicissima, dovuta ad un crescente affollamento, dell'aeroporto internazionale sono stati già rimpatriati circa 800 italiani". Questo quanto scritto ieri in una nota il ministero degli Esteri. Tutto ciò, si legge ancora nella nota, è avvenuto "anche per mezzo di voli speciali Alitalia organizzati e finanziati dall'Unità di Crisi. Altri voli, organizzati in coordinamento con il Ministero della Difesa contribuiranno auspicabilmente già entro la fine della giornata di oggi a completare il deflusso dalla Capitale e dalle zone limitrofe della Tripolitania. Nei giorni precedenti è proseguita anche la collaborazione con le Aziende presenti nel Paese che, con propri vettori o con aerei di linea hanno fatto rientrare in Italia il proprio personale". "In coordinamento con il Ministero della Difesa si sta operando per rimpatriare via mare circa 150 italiani fermi nella città di Misurata - è stato scritto ancora nella nota di ieri della Farnesina -. Si sta altresì lavorando, anche tramite coordinamento comunitario, per esfiltrare al più presto circa 40 connazionali attualmente a Bengasi".
Per quanto riguarda i connazionali che individualmente o in gruppi si trovano nelle zone centrali del Paese, e che hanno segnalato la propria intenzione a rientrare in patria, una squadra guidata dal vice Capo dell'Unità di Crisi della Farnesina è stata inviata da Roma, "ed è operante sul terreno da Tripoli, pur nei limiti di una situazione difficile, per facilitarne il rientro con risposte mirate e per rispondere quanto più sostenibilmente a specifiche situazioni di criticità che le vengono portate all'attenzione. La Farnesina, che da giorni ha iniziato a sconsigliare viaggi a qualsiasi titolo prima in Cirenaica e poi in tutta la Libia, ricorda che la Sala Operativa dell'Unità di Crisi opera a pieno regime anche per raccogliere segnalazioni e per assicurarne quanto più efficacemente il riscontro, sottolinea la criticità della situazione di sicurezza nel Paese, resa ancora più complicata dalla seria difficoltà nella quali versano le linee di comunicazioni interne nel Paese e internazionali verso il Paese".
La Farnesina, nel prendere nota che "in un piano di rimpatri ampio ed organico come quello messo in atto in tempi rapidissimi con un articolato piano di collaborazione istituzionale e che ha contribuito a mettere in rapida sicurezza quasi un migliaio di italiani si sono registrate alcune lamentele riportate a mezzo stampa di singoli connazionali circa una non adeguata assistenza da parte della nostra struttura diplomatica in Libia, sottolinea come quest'ultima abbia finora operato in maniera qualificata e con il massimo impegno".
Intanto, l'Alitalia ha sospeso i voli di linea con Tripoli. "A causa dell'aggravarsi della situazione presso l'aeroporto di Tripoli - afferma la compagnia in una nota - dove è compromessa la possibilità per i passeggeri di raggiungere i gate d'imbarco, non funzionano i collegamenti telefonici interni e internazionali, sono a rischio le misure di sicurezza e i servizi di handling e di assistenza - Alitalia, in linea con quanto deciso da altre compagnie aeree, sospende i voli di linea sulla destinazione fino a che non saranno ripristinate le necessarie condizioni operative".

Rimpatrio degli americani. Ieri gli Stati Uniti hanno noleggiato due traghetti maltesi, che solitamente trasportano turisti dalla Sicilia a Malta, per rimpatriare i propri cittadini che si trovano in Libia. I due catamarani veloci, ognuno dei quali può accogliere 600 passeggeri, sono partiri ieri mattina dal porto della Valetta. Agli Stati Uniti non è stato dato il permesso di far atterrare propri aerei in Libia per il rimpatrio dei propri cittadini. In Libia vi sono circa 5mila cittadini americani, in maggioranza con doppia cittadinanza, con 600 americani che non hanno passaporto libico. La scorsa domenica il dipartimento di Stato aveva ordinato la partenza anche di 35 diplomatici e dei loro familiari.
Sempre ieri la Cina ha iniziato l'evacuazione di circa 33mila connazionali dalla Libia, inviando il primo aereo passeggeri e una flotta di bus al confine egiziano. Lo hanno riferito i media locali, all'indomani delle disposizioni del presidente Hu Jintao per la messa in atto di "misure efficaci e immediate" per l'evacuazione di cinesi in bus, navi o aerei.
Il governo brasiliano ha invece deciso di usare una nave e non un aereo per il rimpatrio dalla Libia di circa 180 dipendenti dell'impresa di costruzione Queiroz Galvao. La nave, secondo fonti del ministero degli Esteri brasiliano, è stata noleggiata in Grecia e dovrebbe arrivare a Bengasi entro domani per poi ripartire alla volta di Malta. Stando al ministero degli Esteri, sono 5-600 i brasiliani in Libia.
Nel frattempo restano migliaia gli stranieri bloccati nel principale aeroporto libico in attesa di voli per tornare a casa. "L'aeroporto è stato assalito, è indescrivibile il numero delle persone", ha detto Kathleen Burnett, cittadina di Baltimora in Ohio, mentre scendeva da un volo dell'Austrian Airlines partito da Tripoli e diretto a Vienna. "È un caos totale", ha aggiunto. British Airways e Emirates, la compagnia aerea più grande del Medioriente, hanno cancellato voli diretti a Tripoli.

L'EFFETTO LIBIA SUI CARBURANTI - "La crisi libica impatta in maniera sempre più significativa sui prezzi del greggio e dei prodotti. L'ulteriore, forte impennata dei prezzi di benzina e diesel in Mediterraneo (rispettivamente +13,75 $/ton a 964 $/ton e addirittura +19,25 $/ton a 943,50 $/ton) ha favorito infatti l'ennesima raffica di aumenti sulla rete carburanti con la sostanziale chiusura del 'giro' di rialzi innescato da Eni, Esso e TotalErg che, comunque, si e' mossa ancora". E' quanto emerge dal consueto monitoraggio di quotidianoenergia.it effettuato in un campione di stazioni di servizio rappresentativo della situazione nazionale.
"Questa mattina dunque i prezzi raccomandati dalle compagnie registrano i rincari di IP (1,5 centesimi su benzina e diesel), Q8 (1 centesimo su entrambi i prodotti), Tamoil (circa 0,7 cent sulla benzina e 0,5 sul diesel), Shell (0,5 su entrambi) e TotalErg (0,5 sulla benzina e circa 0,8 sul diesel) mentre proseguono i micromovimenti di Eni in alcune aree per tenere conto della competizione locale.Inevitabili i contraccolpi a livello di prezzi praticati". "Nel dettaglio, a livello Paese, la media dei prezzi praticati della benzina (in modalità servito) va dall'1,515 euro/litro degli impianti Esso all'1,521 dei p.v. Eni (no-logo a 1,437 euro/litro). Per il diesel si passa dall'1,403 euro/litro delle stazioni di servizio Esso all'1,413 rilevato negli impianti Q8 (le no-logo a 1,345). Il Gpl, infine, si posiziona tra lo 0,789 euro/litro registrato nei punti vendita Eni allo 0,800 euro/litro degli impianti Q8 (0,771 euro/litro le no-logo). Al Sud la verde supera ormai quota 1,55 euro/litro, mentre il diesel punta decisamente 1,44. Da segnalare gli oltre 0,800 euro/litro del Gpl. Salgono anche le no-logo ma la convenienza resta confermata".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it, Adnkronos/Aki]

 

 

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24 febbraio 2011
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