In preda al niente...
Due milioni di giovani italiani non lavorano né studiano. La triste fotografia scattata dall'Istat
Nel 2009, oltre due milioni di giovani (il 21,2 per cento dei 15-29enni) risultavano fuori dal circuito formazione-lavoro, cioè non lavoravano e non frequentavano alcun corso di studi (in inglese Neet, Not in education, employment or training).
E' quanto emerge dal Rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese nel 2009. Nel confronto internazionale l'Italia presenta un numero di Neet molto elevato. Nel nostro Paese questa condizione è riconducibile più all'area dell'inattività (65,8 per cento) che a quella della disoccupazione. Nell'intervallo 2008-2009 la permanenza nella condizione di Neet è 73,3 per cento (in crescita); cresce anche il flusso in entrata degli ex-studenti non occupati, che passa dal 19,9 al 21,4 per cento.
La prolungata convivenza dei figli con i genitori oggi dipende soprattutto da problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34,0 per cento), mentre la permanenza in famiglia è indicata come una scelta solo in terza battuta (31,4). Rispetto al 2003, l'Istat registra una diminuzione di nove punti del modello di permanenza-scelta, soprattutto nelle zone più ricche del Paese (-16 punti nel Nord-est e -13 nel Nord-ovest), dove questa motivazione era maggiormente segnalata in passato. Tra i motivi economici più segnalati, spiccano le difficoltà di trovare un'abitazione adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare lavoro (21,0 per cento).
La quota dei 18-34enni celibi e nubili che vive in famiglia cresce dal 49 per cento del 1983 al 60,2 nel 2000, attestandosi poi al 58,6 per cento nel 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. Tra i giovani in questa fascia di età, inoltre, quelli che rinviano l'uscita dalla famiglia sono ragazzi in un caso su tre, ragazze in un caso su cinque.
Nel 2009 appena il 12,8 per cento della popolazione italiana aveva la laurea. I livelli d'istruzione della popolazione italiana, sottolinea l'Istat, appaiono critici: nel 2009 oltre il 10 per cento dei 15-64enni possiede solo la licenza elementare o nessun titolo di studio, il 36,6 ha la licenza media, circa il 40 per cento ha il diploma e appena il 12,8 ha la laurea. La tendenza, aggiunge l'Istat, è verso un lento progresso della quota di diplomati (+2,1 punti percentuali rispetto al 2004) e dei laureati (+2,8), quest'ultima da ascrivere principalmente alla componente femminile (+3,7 punti percentuali). Nel 2009 la quota di 25-64enni che ha conseguito al più la licenza media (titolo Isced 0-2) è nettamente superiore alla media Ue (46,1 a fronte del 28,5 per cento).
Nel conseguimento dei titoli di studio superiori continua a pesare una forte diseguaglianza legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti, anche considerando le differenti generazioni. Le differenze sociali nel conseguimento della licenza media, aggiunge l'Istat, si annullano con l'introduzione dell'obbligo scolastico. L'Italia, sottolinea l'Istat, si distingue negativamente nel contesto europeo per la quota di early school leavers (giovani di 18-24 anni che hanno abbandonato gli studi senza aver conseguito un diploma di scuola superiore), pari al 19,2 per cento nel 2009, oltre quattro punti percentuali in più della media Ue e nove punti al di sopra del valore fissato dalla strategia di Lisbona.
Il tasso di scolarità, secondo il rapporto Istat, è aumentato di 41 punti percentuali negli ultimi 30 anni. Nell'anno scolastico 2008/2009 si registrano circa 93 iscritti alla scuola secondaria di secondo grado ogni 100 giovani in età 14-18 anni. La partecipazione femminile è raddoppiata e le scelte formative degli studenti sono cambiate, orientandosi in misura maggiore (+8 punti percentuali) verso scuole di formazione generale, (con programmi atti a consentire la prosecuzione degli studi all'università) rispetto a quelle vocational (indirizzate a fornire una preparazione finalizzata all'immediato inserimento nel mercato del lavoro).
Cresce, spiega l'Istat, anche il numero dei giovani che conseguono un titolo di studio secondario di secondo grado: 74 ogni cento 19enni nell'anno scolastico 2007/2008, circa 36 in più rispetto a 30 anni prima. Il 7,7 per cento degli iscritti a scuole superiori nell'anno scolastico 2008/2009 ha ripetuto l'anno di corso (il 10,3 per cento se si considerano gli iscritti al primo anno), con percentuali più elevate per le scuole a indirizzo tecnico e professionale. Inoltre, il 12,2 per cento del totale degli iscritti al primo anno abbandona il percorso d'istruzione non iscrivendosi all'anno successivo e un ulteriore 3,4 per cento lascia gli studi alla fine del secondo anno. La distribuzione territoriale di quest'ultimo fenomeno rivela una situazione particolarmente critica per il Mezzogiorno, con abbandoni al primo e al secondo anno pari rispettivamente al 14,1 e al 3,8 per cento.
Nel 2009 circa 16,5 milioni di occupati (72,4 per cento) svolgevano una professione adeguata al livello d'istruzione formale, 1,7 milioni (7,4 per cento) aveva un lavoro relativamente più qualificato rispetto al titolo di studio conseguito, mentre il restante 20,2 per cento (4,6 milioni di occupati) era sottoinquadrato. Rispetto al 2004 il fenomeno del sottoinquadramento interessa oltre un milione di persone in più. Quasi la metà dei sottoinquadrati, aggiunge l'Istat, sono giovani di 15-34 anni. In termini relativi, l'incidenza dei giovani che svolgono un lavoro non adeguato al proprio livello di istruzione è pari al 31 per cento (+6,8 punti percentuali rispetto al 2004). La maggiore incidenza di sottoinquadrati si registra nelle forme di lavoro meno tradizionali: il 46,9 per cento degli occupati a termine, il 40,1 per cento di quelli in part time e il 30,5 per cento dei lavoratori con rapporti di collaborazione.
Infine il 13,2 per cento dei 15-29enni (oltre 1,2 milioni) dice di aver osservato uno stretto digiuno nei confronti di libri e pc. Il 13,2 per cento dei 15-29enni (oltre 1,2 milioni), infatti, dichiara di non aver letto neanche un libro in un anno o di non aver mai utilizzato il personal computer.
L'esclusione dalla lettura, spiega l'Istat, coinvolge quattro ragazzi su 10 ed è più diffusa del non utilizzo delle nuove tecnologie, che riguarda invece meno di due ragazzi su 10. La propensione alla lettura e' fortemente condizionata dalle caratteristiche della famiglia di origine. Infatti, le quote dei lettori superano sempre il 72 per cento se in casa vi sono più di 200 libri, se almeno uno dei genitori è laureato, se entrambi i genitori leggono.
Anche l'alfabetizzazione informatica avviene prevalentemente in ambito familiare o nel mondo dei pari. L'utilizzo del Pc a scuola, infatti, coinvolge solo quattro bambini su 10 e ragazzi di 6-17 anni. Ciò, precisa l'Istat, impedisce di garantire l'accesso alle nuove tecnologie ai ragazzi delle classi sociali più basse.
[Adnkronos]