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In Sicilia la Giustizia è un barcone che affonda

Nessuno vuole più fare il magistrato in Sicilia: le procure rischiono di chiudere

13 marzo 2009

Un immagine purtroppo opportuna per rappresentare la situazione della Giustizia nell'isola della mafia e dell'antimafia, la Sicilia, è quella di un barcone fatiscente che naviga in cattive acque.
Il governo vuole riformarla la Giustizia per renderla più efficace e snella, e sicuramente questo è un bene, solo che, mentre la criminalità organizzata, seppur gravemenete colpita, continua ad essere pericolosamente efficiente nel riorganizzarsi, e in particolar modo Cosa nostra (parole del ministro dell'Interno ndei giorni scorsi, Leggi qui - ndr), chi la criminalità deve combatterla quotidianamente si ritrova sempre di più con, scusate la frase, le pezze al culo. Nonostante tutto, forze dell'ordine e magistrati continuano a portarci risultati ottimi, ma il problema rimane nella sua intera drammaticità.

Ad esempio, è alquanto preoccupante venire a sapere dall'Associazione nazionale dei magistrati (Anm), che le procure siciliane potrebbero chiudere da un momento all'altro per problemi economici. Una gravissima emergenza che coinvolgerebbe anche le Procure della Calabria e della Sardegna. "Sono numerosi gli uffici che rischiano la paralisi o addirittura la chiusura - sostiene l'Anm - e i benefici economici introdotti con la riforma del governo sulle sedi disagiate non sono assolutamente in grado di fronteggiare questa emergenza".
L'Anm ha così deciso di rivolgersi anche al Csm, per sottoporre "alcune possibili, anche se parziali, soluzioni" attuabili dall'organo di autogoverno, consentendo per esempio anche ai giudici che lo richiedono di essere "prestati" temporaneamente alle procure. Nella lettera inviata al Consiglio superiore della magistratura l'Anm ribadisce che il trasferimento d'ufficio con cui il governo vuole coprire i vuoti nell'organico delle procure è "un intervento incoerente e inefficace" , e che l'unica soluzione reale al problema è "una deroga, anche temporanea, al divieto di destinare a funzioni requirenti i magistrati di prima nomina". Ma visto che sinora la sua richiesta è caduta nel vuoto, l'Anm chiede al Csm di attivarsi nell'ambito delle proprie competenze, suggerendo di introdurre "benefici correlati alla carriera", come "una maggiore anzianità di servizio", non solo per i magistrati che accettino il trasferimento verso sedi disagiate, ma anche per chi rimane "per un periodo superiore a quello minimo". Ma soprattutto di consentire anche ai magistrati in servizio presso uffici giudicanti di offrire la propria disponibilità a coprire i vuoti degli uffici di procura.

Questo disarmante quadro Luca Palamara, presidente dell'Anm lo ha illustrato a Giuseppe Guastella del Corriere della Sera, e la situazione è, senza girarci troppo attorno, che nessuno vuole più fare il magistratro in Sicilia. Sì, nessuno vuole impugnare orgogliosamente il testimone che hanno lasciato i giudici Falcone e Borsellino. Pensate che il concorso per coprire 55 posti di sostituto, vacanti in quattordici Procure siciliane è stato un insuccesso totale, si sono presentati solo tre magistrati per Palermo e uno per Catania. "Un disastro dalle tante e profonde ragioni", dice Palamara. In Sicilia, infatti, oltre all'esposizione di chi fa il magistrato, distanza e difficoltà nei collegamenti con il resto della nazione scoraggiano i trasferimenti. Per non parlare della carenza di mezzi tecnici e investigativi o della norma che impedisce di lavorare in Procura ai magistrati di prima nomina, un tempo vero bacino in cui le Procure delle Meridione traevano linfa vitale. E poi c'è un'aggravante: in generale i giudici non sono propensi a diventare pm perché in caso di ripensamento non possono tornare sui propri passi. A meno che non passino cinque anni in una regione diversa da quella di provenienza professionale e talvolta neppure confinante...

NESSUNO VUOL FARE IL PM IN SICILIA
di Giuseppe Guastella (Corriere.it, 13 marzo 2009)
 
Nessuno, o quasi, vuole andare a fare il pubblico ministero in Sicilia. Nella terra dove sono morti ammazzati dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il concorso per coprire 55 posti di sostituto vacanti in quattordici Procure è stato un insuccesso totale. Si sono fatti avanti appena quattro magistrati: tre per Palermo, uno per Catania. «Un disastro dalle tante e profonde ragioni», commenta Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati. A gennaio il Csm ha bandito un concorso per 205 posti vacanti in 97 diversi uffici, un quarto dei quali è scoperto nella sola Sicilia. I risultati sono stati deludenti per la regione, per il Sud in generale, ma anche per alcune sedi del centro e del Nord. Le ragioni sono note e, per la Sicilia si aggravano: oltre all'esposizione di chi fa il magistrato lì, distanza e difficoltà nei collegamenti con il resto della nazione scoraggiano i trasferimenti.
C'è poi il fatto che coloro che ora fanno i giudici non sono propensi a diventare pm perché in caso di ripensamento non possono tornare sui propri passi se non dopo cinque anni trascorsi in una regione diversa da quella di provenienza professionale e talvolta neppure confinante. Nello sconsigliare i movimenti, giocano un ruolo decisivo anche la carenza di mezzi tecnici e investigativi in molte aree del Sud e la norma che impedisce di lavorare in Procura ai magistrati di prima nomina, un tempo vero bacino in cui le Procure delle Meridione traevano linfa vitale. Molti, infine, restano alla finestra in attesa di capire fino a che punto la politica arriverà nei progetti di separazione delle carriere e di riforma della figura del pm e degli strumenti di indagine.

La conseguenza è che per i 12 posti di Palermo si sono fatti avanti in 23, ma 20 magistrati si sono ritirati all'ultimo momento dopo aver «saggiato» posizione e punteggio personale, mentre a Catania un solo posto su 7 è stato coperto e ritirate ben 11 domande. Per gli altri 12 uffici è stato il vuoto pneumatico. Non è arrivata neppure una domanda, zero. Secondo dati non ufficiali, resteranno senza titolare 7 posti a Caltanissetta, 6 a Trapani, 4 a Gela e Ragusa, 3 ad Enna, Marsala e Termini Imerese (dove, dopo il trasferimento a Palermo di due pm, rimangono solo il procuratore e un sostituto), due ad Agrigento e Nicosia, e uno a Barcellona Pozzo di Gotto, Sciacca e alla Procura dei minori di Caltanissetta.
«Numeri drammatici. Scontiamo gli attacchi al pm e il fatto che in questo momento la sorte di questa figura non è chiara», conferma Palamara che con la giunta dell'Associazione ha partecipato nei giorni scorsi in Sicilia a un'assemblea dei magistrati della regione dopo la quale è stato mandato al Csm un documento con una piattaforma di proposte. Resta che «in zone a forte presenza della criminalità organizzata - denuncia - ci sono Procure che rischiano la chiusura per mancanza di magistrati».

Una «emergenza gravissima» contro la quale rischiano di essere inutili gli incentivi (2.500 euro al mese per 4 anni) previsti nel prossimo concorso per 100 Procure le quali, proprio perché non ambite, ora diventeranno sedi disagiate. Ma per il presidente dell'Anm gli incentivi dovrebbero andare «anche a chi resta lì a lavorare nei sacrifici». Dei tre nuovi pm palermitani, l'unico ad arrivare da fuori regione è Alessandra Cerreti, che è anche uno dei soli tre giudici in Italia che in questo giro sono diventati pm. Gip a Milano, lunga esperienza in tribunale in processi di criminalità organizzata ed economica e di terrorismo internazionale, prima di trasferirsi a Palermo andrà anche in applicazione per 6 mesi a Reggio Calabria dove la forte carenza di giudici ha causato di recente alcune scarcerazioni. Non è la nostalgia a farla tornare nella sua terra (è messinese), ma, dice, lo «spirito di servizio e una sorta di dovere morale nei confronti di uffici giudiziari particolarmente esposti, in cui i colleghi sono costretti a operare in situazione di difficoltà».

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13 marzo 2009
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