Incapace di intendere e volere
Rinviata al 3 ottobre la decisione sulla revoca al 41 bis per Bernardo Provenzano
"Sono abituato a fare visite (non colloqui perché non interagisce dal gennaio 2013) separato dal suo letto con un banco di scuola, ma non posso toccarlo. A Milano (San Paolo) non c'è il banco fra me e il letto, come all'ospedale di Parma: c'è il vetro del 41 bis".
Comincia così la cronaca scritta da Angelo Provenzano di un "ordinario" colloquio col padre, il boss Bernardo, da anni al 41 bis. Il racconto dell'ultimo incontro col padre è stato pubblicato sul quotidiano "Il Garantista". "Ti viene detto che, per portarlo lì, devono staccare la spina del materasso antidecubito: al mio buon cuore far durare la visita mensile anche meno dell'ora prevista", dice.
Il colloquio risale al 12 giugno. Il boss, ormai totalmente incapace di intendere e di volere e di comunicare, è ricoverato nel reparto detenuti dell'ospedale San Paolo di Milano. "Sono dietro il vetro e gli infermieri lo portano dall'altro lato della stanza. Entrano con lui due guardie del Gom: una a lato del letto, l'altra gli regge la cornetta del citofono - racconta Angelo - Lo chiamo tante volte, ma non riesco neppure ad attrarre il suo sguardo perché guarda il soffitto. Io sono osservato e, dopo un quarto d'ora di pugni battuti sul vetro nel tentativo di farmi guardare, sento di essere arrivato. Interrompo il colloquio, dico che va bene così".
Il figlio di Provenzano così prosegue il suo racconto: "Rientrano gli infermieri e lo portano via. Poi le guardie mi 'liberano', mi aprono la porta. Devo rimuovere, per adesso, tutto il turbinio di emozioni: devo parlare col medico. È un medico diverso da quello di Parma, ma la diagnosi e la prognosi non cambiano. Se lo portiamo fuori dall'ospedale può vivere 48 ore... Grazie. Abbiamo parlato di un essere vivente solo per tubi, macchine e terapie".
"Se è così incapace, come è, ho il dovere di tutelarlo. Vengo nominato dal giudice tutelare di Milano amministratore di sostegno dell'incapace. Era mio padre!", spiega il figlio di Provenzano. "Le mie nuove funzioni (compresa la richiesta di cartella clinica) - conclude Angelo Provenzano - mi spiega il Gom presente, non potrò esercitarle se non con il consenso del ministero. Sono, credo, l'unico amministratore di sostegno 'incapace'".
Attualmente i legali del boss hanno sollecitato sia la revoca del 41 bis che la sospensione dell'esecuzione della pena per il detenuto, proprio per le sue condizioni di salute. Sulle istanze i giudici non si sono ancora pronunciati. Il tribunale di sorveglianza di Roma ha rinviato al 3 ottobre prossimo la decisione sulla revoca del 41 bis. In un'ordinanza i giudici fanno sapere che è necessario acquisire "informazioni più dettagliate e precise in ordine alla storia clinica e alle diagnosi relative alle patologie riscontrate a carico del Provenzano, con indicazione degli esami clinici e strumentali effettuati e relativi esiti, soprattutto in merito alle descritte patologie neurologiche".
"È una decisione pilatesca", commenta il difensore del boss Rosalba Di Gregorio che, insieme all'avvocato Maria Brucale, ha chiesto la revoca del carcere duro ritenendolo ormai inutile visto che Provenzano non è più capace di intendere e volere e di comunicare. "Il 3 ottobre - spiega - è la data in cui il tribunale di sorveglianza di Milano dovrà pronunciarsi sul differimento di esecuzione pena, disposto d'ufficio, sulla scorta della relazione del medico dell'ospedale San Paolo in cui il mio assistito è ricoverato. Una relazione in cui si parla chiaramente di incompatibilità delle sue condizioni col regime carcerario". "Se a Milano dove si discute della sospensione della pena - aggiunge - un rinvio è sensato, a Roma, dove c'è già tutta la documentazione necessaria, che senso ha?".
"Uno Stato che si pone allo stesso livello dei peggiori criminali". Così Rita Bernardini, segretaria di Radicali italiani, giunta al settimo giorno di sciopero della fame per denunciare le condizioni delle carceri, commenta il rinvio della decisione sulla revoca del 41 bis a Bernardo Provenzano.
"L'ottantenne boss di Cosa Nostra - ricorda Bernardini - si trova ristretto in regime di carcere duro pur essendo incapace di intendere e di volere e con patologie gravissime. Sebbene sia ridotto al lumicino, leggo che il tribunale di sorveglianza di Roma ha rimandato la decisione sulla revoca del 41-bis al 3 ottobre, abbondantemente superate le ferie estive. In questo modo - sottolinea - una parte della magistratura e lo stesso ministero della giustizia, si contrappongono al giudizio di tre procure della repubblica (Palermo, Caltanissetta e Firenze) che si sono invece pronunciate per la cancellazione del carcere duro per Provenzano". "Abbiamo istituzioni - conclude - che, quanto al rispetto di diritti umani fondamentali, si pongono allo stesso livello di criminalità di coloro che affermano di voler combattere".
La presidente dell'associazione tra i familiari delle vittime della strage dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, a proprosito della decisione del 3 ottobre in una nota ha scritto: "Ancora una volta intravediamo quel proseguo di trattativa fra Stato e mafia, proprio a suon di annullamenti di 41 bis, messa in atto alla fine del 1992". "Un mafioso dello spessore di Bernardo Provenzano, che non si è mai pentito, per quello che ci riguarda in carcere deve morire", ha aggiunto in nome dell'associazione. "Tutto sta avvenendo in un clima di larghe intese politiche che denotano quanto le stragi del 1993 siano state trasversali a tutto l'arco costituzionale. La nostra posizione è questa: se Bernardo Provenzano godrà per legge di ciò che possono essere definiti come "favoritismi" per farlo tornare fra le mura domestiche, noi schiereremo i nostri invalidi, i nostri figli che per colpa dell'assassino Provenzano hanno contratto malattie autoimmuni".
[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]