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Inchiesta "Iblis": "Servono prove certe"

La Cassazione ha annullato alcune ordinanze di custodia cautelare a carico di quattro indagati nell'inchiesta che coinvolge il governatore Lombardo e suo fratello Angelo

04 agosto 2011

Nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio a un nuovo collegio del Tribunale del riesame di Catania, l'ordinanza di custodia cautelare a carico di quattro indagati dell'inchiesta "Iblis" su presunti rapporti tra mafia, politici e imprenditori.
Il provvedimento interessa l'imprenditore Rosario Ragusa, l'avvocato civilista Agatino Santagati, gli imprenditori Giovanni D'Urso e Felice Naselli, ritenuti dai pm i riciclatori della cosca Ercolano nell'operazione del centro commerciale "la Tenutella" di Misterbianco. I quattro indagati sono difesi dagli avvocati Franzina Bilardo, Delfino Siracusano e Maurizio Magnano, Giuseppe Ragazzo e Vittorio Lo Presti, Mario Brancato. Intanto gli avvocati Lo Presti e Brancato hanno subito chiesto la scarcerazione dei loro assistiti.
Nel provvedimento, in merito alle collusioni con la mafia i giudici della quinta sezione penale della Cassazione hanno puntualizzato: "E' ovvio che nel passaggio dalla sfera del notorio e dal momento sociologico a quello giudiziario è necessario che quel dato di conoscenza si attualizzi e storicizzi nelle forme dell'elemento probatorio, ovvero nell'indizio grave univocamente funzionale non nell'accertamento della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza". Come dire che ci vogliono le prove chiare e definite, non bastano i "de relato".

Nel operazione "Iblis", i carabinieri del Ros hanno ricostruito le recenti dinamiche di Cosa nostra etnea, documentandone gli interessi criminali e le infiltrazioni negli appalti pubblici, mediante una capillare rete collusiva nella pubblica amministrazione. Contemporaneamente agli arresti, i militari dell'Arma hanno eseguito il sequestrato di beni per almeno 400 milioni di euro, comprendenti l'intero circuito economico di imprese, complessi commerciali, fabbricati e beni mobili dei sodalizi indagati.
Nello stesso fascicolo erano presenti anche il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, deputato Mpa alla Camera, le cui posizioni sono state stralciate (LEGGI) assieme a quella di un imprenditore catanese. Perché, secondo i vertici della procura, la richiesta di rinvio a giudizio per i Lombardo non avrebbe retto al vaglio del gip in considerazione dei paletti fissati dalla cassazione nell'ambito del processo per concorso esterno all'ex ministro Calogero Mannino.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]

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04 agosto 2011
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