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Inchiesta Iblis: "stralciati" i fratelli Lombardo

Il procuratore di Catania ha stralciato la posizione del governatore siciliano e del fratello dall'inchiesta antimafia Iblis

14 giugno 2011

Il procuratore di Catania facente funzioni Michelangelo Patanè ha avocato a sé l'inchiesta antimafia 'Iblis' e ha stralciato le posizioni di tre indagati, tra i quali il presidente della Regione Siciliana e leader Mpa, Raffaele Lombardo, di suo fratello Angelo parlamantare nazionale autonomista, nei cui confronti era stata ipotizzata l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel fascicolo erano titolari il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro e i sostituti procuratori Antonino Fanara, Agata Santonocito, Iole Oscarino e Giuseppe Gennaro. Per la gran parte dei restanti indagati, il procuratore facente funzioni ha chiesto il rinvio a giudizio.

Colpo di scena nella vicenda giudiziaria che ha visto protagonista il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo. La Procura della Repubblica di Catania ha "stralciato" la posizione del leader dell'Mpa e di suo fratello, il parlamentare Angelo dall'inchiesta Iblis. Entrambi erano indagati per concorso esterno in associazione mafiosa. Questo provvedimento potrebbe essere il preludio di un'archiviazione della posizione del governatore.
Si apre ora un nuovo capitolo in questa vicenda. I quattro sostituti procuratori che si occupavano del caso avevano chiesto un rinvio a giudizio per 56 persone, tra cui Raffaele e Angelo Lombardo. Il fascicolo è finito, invece, nelle mani del procuratore capo Michelangelo Patanè e dell'aggiunto Carmelo Zuccaro, che da questo momento coordineranno l'inchiesta, avocando la delicata inchiesta.
"L’ipotesi di reato di concorso esterno" avanzato nei confronti del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo e suo fratello, "non avrebbe retto in sede di giudizio" perché sul concorso esterno all’associazione mafiosa "fa giurisprudenza la sentenza di assoluzione della Cassazione nei confronti di Calogero Mannino", si sottolinea in ambienti della Procura della Repubblica di Catania. Spiegando che la decisione di stralciare la posizione dei due indagati dall’inchiesta Iblis "è ovviamente figlia di una valutazione esclusivamente e meramente giuridica".
"Stralciati" i fratelli Lombardo e Ferdinando Bonanno, il vertice della Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio di 53 dei 56 indagati del fascicolo Iblis. La richiesta è stata formalizzata all’ufficio del Gip dal procuratore Patanè e dall’aggiunto Zuccaro. I vertici della Procura non hanno così condiviso la richiesta di rinvio a giudizio di tutti gli indagati presentata dai sostituti Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara, Agata Santanocito e Iole Boscarino.

Il procuratore capo Michelangelo Patanè ha tenuto a precisare che all'interno della Procura di Catania "non c'è alcuna spaccatura" ma "soltanto una differenza di vedute", tanto che "il rapporto di fiducia personale non è venuto meno", anche perchè i quattro sostituti hanno "operato bene e per loro ho la massima stima".
Quelle sul presidente della Regione Siciliana e sul parlamentare del Mpa, sottolinea Patanè, erano "indagini doverose e scevre da preconcetti, come è doverosa la nostra scelta di stralciare la loro posizione - sottolinea - per non venire meno al senso del dovere e alla propria coscienza".
Secondo il procuratore "non ci sono i requisiti, alla luce delle sentenza delle Corti riunite della Cassazione su Calogero Mannino, per configurare il reato di concorso esterno all'associazione mafiosa" per i fratelli Lombardo. Il procuratore ha sottolineato anche come "nell'inchiesta la politica ha avuto un 'peso zero', perchè - spiega - noi valutiamo le posizioni degli indagati quale che sia il loro nome e cognome e il ruolo sociale che svolgono". "Per me, probabilmente - ha concluso Patanè - sarebbe stato molto più 'comodo' vistare la richiesta di rinvio a giudizio, ma il dovere del procuratore della Repubblica di assicurare il corretto esercizio dell'azione penale e l'obbligo di coscienza di agire nei confronti di chi si ritiene abbia commesso un reato mi hanno impedito soluzioni comode e facili".

Dunque, bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Non è solo Raffaele Lombardo a giudicarlo, c’è anche la Regione, la Sicilia, la pubblica amministrazione, la giustizia. L’ottica di ogni parte non può essere uguale alle altre. Il governatore può trarre un sospiro di sollievo: aveva saputo, attraverso i giornali, che i pm titolari dell’inchiesta sarebbero stati orientati verso la richiesta di rinvio a giudizio, e il fatto che il procuratore di Catania facente funzioni abbia avocato a sé l'inchiesta 'Iblis', stralciando le posizioni di tre indagati, tra i quali la sua e di suo fratello Angelo (nei cui confronti era stata ipotizzata l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) significa che non ha maturato la stessa valutazione dei colleghi. Potrebbe giungere alle stesse conclusioni, sempre che le anticipazioni giornalistiche siano state corrette, ma anche il contrario, che richieda l’archiviazione.
Il bicchiere, quindi, è mezzo pieno, allo stato, per Raffaele Lombardo in considerazione della ipotesi formulata dal pool dei pm incaricati delle indagini.
Vista con l’ottica della Regione, della pubblica amministrazione, delle istituzioni, il bicchiere è invece mezzo vuoto, perché la Sicilia ha bisogno di stabilità e la spada di Damocle di un rinvio a giudizio non è un buon viatico per raggiungerla. E' a tutti noto che la coalizione che sostiene il governo Lombardo manifesta inquietudini a causa del coinvolgimento del governatore nell’inchiesta Iblis. Il Presidente dell’Ars, Francesco Cascio, in una sua dichiarazione pubblica, ha espresso il parere che in caso di rinvio a giudizio il Presidente della Regione avrebbe dovuto fare un passo indietro.
L’ottica dell’amministrazione della giustizia, infine. Il Procuratore di Catania facente funzione, dottor Patanè, ha giudicato suo dovere decidere lo stralcio, perché la posizione di Lombardo, allo stato degli atti, si sarebbe presentata diversa dalle altre. Il suo bicchiere, dunque, è mezzo pieno. Per gli organi d’informazione che hanno ritenuto l’inchiesta ormai conclusa con il rinvio a giudizio, il bicchiere è mezzo vuoto. Hanno anticipato i tempi, che in materia di giustizia, sono una questione terribilmente seria.

Ieri, il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha commentato così la decisione della Procura di Catania sull'inchiesta Iblis: "Ho appreso la notizia dello stralcio che diversifica la posizione mia e di mio fratello; una considerazione diversa consente di attendere fiduciosi le determinazioni che la Procura adotterà. Confermo la fiducia che non è mai venuta meno nella magistratura, potrò continuare a lavorare con serenità".

Che cos’è l'inchiesta Iblis - L’inchiesta Iblis (il nome del Diavolo, in arabo) dei carabinieri del Ros ruota attorno a presunti rapporti tra esponenti di Cosa Nostra, politici, amministratori e imprenditori, culminata con un blitz nella notte del 2 e del 3 novembre del 2010. Il governatore Raffaele Lombardo sulla vicenda è intervenuto il 13 aprile 2010 in un'infuocata seduta dell’Assemblea regionale siciliana sostenendo di essere vittima di "uno stillicidio di insulti ispirato da un tavolo trasversale ai partiti per far cadere il Governo e la legislatura con mezzi politici, o mediatico e giudiziari o anche fisicamente". Secondo Lombardo, la "campagna contro" sarebbe partita per la "riforma della Sanità e per avere bloccato appalti per i rifiuti in cui aveva interesse la mafia".
Nell’inchiesta confluiscono anche intercettazioni come quella a presunto boss di Ramacca, Carmelo Di Dio, che bolla il governatore come "un cornuto che non ce n’è...". E’ lo stesso Di Dio a raccontare a un suo amico che Angelo (nella foto) e Raffaele Lombardo sarebbero andati a trovarlo alla vigilia di una competizione elettorale nonostante lui fosse un sorvegliato speciale. Il governatore dopo l’elezione sarebbe diventato inviso agli uomini del clan, perché, dicono, "è inavvicinabile", tanto che sperano che venga "sfiduciato e mandato a casa" dalla maggioranza all’Ars.
Sono diverse le lamentele di esponenti della cosca. Come quella del capomafia Enzo Aiello che a Giovanni Barbagallo, il geologo ritenuto il collegamento tra mafia e politica, dice: "Un messaggio a Raffaele Lombardo gli si deve fare arrivare...". "Non solo - aggiunge - non scordatevelo, gli ho dato i soldi nostri! Del Pigno... glieli ho dati per la campagna elettorale...". Lo stesso Aiello contesta la decisione di Raffaele Lombardo di mettere dei magistrati nel suo governo: "Questo è un cornuto che non ce n'è!". Ma i legali del presidente rimarcano come "le capillari investigazioni svolte in questi anni non hanno registrato alcun contatto telefonico, personale o di altro genere con soggetti appartenenti a Cosa Nostra né alcun iniziativa del nostro assistito volta ad agevolare o, in qualche modo, favorire interessi illeciti".

Di recente Lombardo ha affidato a Gioacchino Genchi un incarico difensivo di parte (LEGGI). L’ex vice questore ritiene il governatore "una vittima". Come nelle accuse mosse da Di Dio: quel giorno, infatti, secondo gli accertamenti di Genchi il leader del Mpa era in un'altra parte della Sicilia e su Barbagallo sottolinea che era incensurato fino al 2010, un "dato che vale non solo per i carabinieri del Ros ma anche per Lombardo".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere del Mezzogiorno, Ansa]

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14 giugno 2011
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