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Incompatibile con la detenzione

Marcello Dell'Utri, sottoposto a perizia medica, è stato trasferito in un ospedale

16 aprile 2014

Questa mattina Marcello Dell’Utri è stato sottoposto a una perizia medica che ha accertato la sua incompatibilità con la detenzione. La decisione è stata presa dal procuratore generale del sud del Libano Samir Hammud. Quindi Dell’Utri è stato trasferito all’ospedale Al Hayat, che si trova nella parte sud di Beirut. E’ un ospedale privato ma con una convenzione con l’esercito. L’ex senatore  è piantonato dalla polizia e può incontrare solamente i familiari. Quando era detenuto nel quartiere generale del servizio di informazioni della polizia poteva incontrare solo familiari, avvocato e un diplomatico dell’ambasciata italiana.

Intanto ieri è slittata la decisione definitiva attesa dalla Cassazione sul destino di Dell’Utri: la Prima sezione penale ha accolto la richiesta di far slittare l’udienza per via delle cattive condizioni di salute dei legali, l’avvocato napoletano Massimo Krogh e il palermitano Giuseppe Di Peri. Così il "fondatore" di Forza Italia ha guadagnato giorni importanti, quasi un mese, nella lotta contro l’estradizione verso l’Italia dal momento che la nuova udienza è stata calendarizzata per venerdì 9 maggio, con inizio alle ore 14. Non è nemmeno così sicuro che il 9 maggio la Cassazione riesca a decidere in giornata se confermare o meno la condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa che grava sul capo del latitante approdato a Beirut da Parigi. Il 9 maggio è un venerdì e se le cose si prolungassero - ad esempio l’avvocato Krogh reduce da un intervento con postumi per trenta giorni potrebbe anche sospendere la sua arringa e chiedere un aggiornamento - nulla esclude che la Prima sezione si riconvochi il giorno dopo, se non in altra data. I collegi e le udienze di routine sono già fissate con anticipo di mesi e non è facile ricomporre il puzzle per far riunire lo stesso collegio designato a trattare un caso incappato in un rinvio.

A questo punto il rischio è che l’ex braccio destro di Berlusconi torni libero. La misura cautelare alla quale è infatti soggetto Dell’Utri ha la durata di un mese, e scadrà quindi il 12 maggio: se dall’Italia entro quella data non arriveranno prove pesanti per giustificare la richiesta di estradizione, come appunto potrebbe essere una sentenza di condanna definitiva, le autorità libanesi potrebbero non ritenere affatto sufficiente il mandato di arresto emesso dalla Corte di Appello di Palermo. E quindi rilasciare l’ex senatore Pdl subito dopo il 12 maggio. Una richiesta di arresto non ha il peso di una condanna definitiva per un reato grave. E su quella richiesta tra l’altro pesa il reclamo dei legali di Dell’Utri: è improbabile che il tribunale del riesame di Palermo lo accolga, ma non si può nemmeno escludere. E al Riesame servono una decina di giorni per decidere. Ma, in ogni caso, anche il semplice dispositivo di condanna, non corredato dalle motivazioni, potrebbe essere considerato troppo poco: in genere serve almeno un mese affinché le motivazioni siano scritte dal relatore.

Ieri pomeriggio Dell'Utri ha nominato l'avvocato Nasser Al Khalil come suo legale in Libano. "Sto ancora studiando il caso con i miei collaboratori - ha detto Al Khalil all'Ansa - e al momento non posso dire niente". Il legale non ha risposto nemmeno alla domanda se intende presentare alla magistratura libanese una richiesta per ottenere una diversa misura cautelare nei confronti di Dell'Utri.

Sul suo ritorno in Italia non ha dubbi il fratello gemello di Dell’Utri, Alberto, che, intervistato da La Zanzara su Radio 24, ha detto: "Marcello tornerà senz’altro. Non è una persona che sfugge a una responsabilità. Non credo farà una battaglia per evitare l’estradizione".
Alla domanda se pensa che sarà condannato dalla Cassazione, ha risposto: "Razionalmente penso di sì. Come fanno i magistrati a smentire venti anni di attività, di indagini? Se ci sarà una condanna definitiva, tornerà. Ma sarebbe tornato lo stesso, senza fare tutta questa manfrina".
"Mio fratello - ha aggiunto Alberto Dell’Utri - è stato perseguitato da una parte della magistratura, questo è sicuro. Perché? Perché si è permesso di organizzare un colpo di Stato. In tre mesi si è conquistato il potere. Nel ’94 c’è stato un colpo di Stato, senza spargimento di sangue, contro la gioiosa macchina da guerra che aveva gli ingranaggi oleati per partire, invece è rimasta in garage". "Marcello non è scappato - ha detto ancora il fratello - se fosse stata una fuga sarebbe stata quella di un cretino. Uno va in albergo con il suo documento, la sua faccia e la sua carta di credito?".

Infine, ha spiegato così l’oramai celebre discorso del fratello sull’eroismo del mafioso Mangano: "Vittorio Mangano? Anche per me fu un eroe. Si è comportato da eroe". "Mio fratello - ha sottolineato - avrebbe dovuto precisare meglio il suo pensiero: era uno che si è comportato da eroe. Mangano era al 41 bis che è un carcere terribile, dove non si può fare nulla, parlare con nessuno. Lui ha avuto la capacità di resistere in una situazione del genere. E' un eroe perché si è rifiutato di dire le cazzate che avrebbero voluto lui dicesse, mentendo. Io non ne sarei stato capace". "L'Italia - ha concluso Alberto Dell'Utri - è un paese dove i magistrati rendono l'esistenza invivibile: non si può neppure andare al ristorante parlando in libertà con gli amici".

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16 aprile 2014
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