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INSHALLAH!

La giustizia irachena ha deciso: Saddam Hussein verrà impiccato per crimini contro l'umanità

06 novembre 2006

''Allah Akbar''... ''lunga vita all'Iraq e al popolo iracheno''... ''siete schiavi degli occupanti, siete traditori''... ''Vergognatevi, voi non siete iracheni, siete dei criminali. Vergogna agli invasori''...

Con l'indice puntato verso un giudice, e quindi verso una giustizia che mai ha riconosciuto, Saddam Hussein ha risposto così alla lettura della sentenza che ha chiuso il primo importante processo storico di inizio millennio. L'ex dittatore iracheno, capo del partito Baath, che per decenni ha tenuto sotto terrore un'intera nazione, e che ha preoccupato in diverse occasioni l'intera comunità internazionale, l'ex rais prima elogiato dali Stati Uniti e poi da questi fatto capitolare, è stato condannato a morte per impiccagione dall'Alta corte penale di Bagdad per crimini contro l'umanità.
Con lui sono stati condannati alla pena capitale Barzan al Tikriti, fratellastro di Saddam ed ex capo dei servizi segreti, e Awad al Bander, ex presidente del tribunale rivoluzionario del regime.
L'ex vice presidente Taha Yassin Ramadan è stato condannato all'ergastolo, mentre tre funzionari locali del partito Baath hanno avuto 15 anni di carcere.
Un solo imputato, Mohammed Azzam Ali, ex funzionario del Baath, è stato prosciolto.
I crimini contro l'umanità si riferiscono alla strage di 148 sciiti del villaggio di Dujahil, avvenuta, secondo quanto ha dimostrato l'accusa, per rappresaglia in seguito ad un fallito attentato del 1982 contro l'allora presidente Saddam Hussein.

Il giudice Abdel Rauf Rahmam, visibilmente teso, dopo aver chiamato in aula gli imputati uno alla volta, ha proceduto con la lettura della sentenza. Saddam, vestito con un abito scuro e una camicia bianca senza cravatta, è stato chiamato per sesto. In aula ha rifiutato di alzarsi in piedi, vi è stato costretto dalle guardie su richiesta del giudice.
Mentre il giudice iniziava la lettura, l'ex presidente, in piedi nella gabbia degli imputati ha provato ad interromperlo più volte, implorando Allah e inveendo contro la Corte. Nei suoi occhi sgranati nessuna paura, ma la solita, folle determinazione.
Una volta pronunciata la condanna, il giudice ha ordinato che venisse portato via.
Lo statuto del tribunale prevede una procedura automatica di appello in caso di condanna a morte cosa che potrebbe far slittare di parecchie settimane o mesi l'esecuzione della sentenza.

E le reazioni internazionali dopo l'annuncio della condanna a morte per l'ex dittatore iracheno, sono state contrastanti.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno dichiarato somma soddisfazione per la condanna, Italia, Francia e Spagna, insieme alla presidenza dell'Unione europea, hanno invece ribadito il loro no alla pena di morte. Insomma, l'Europa e più in generale l'Occidente, si è così mostrato diviso.
Il primo commeto ufficile della Casa Bianca è stato: ''E' questa una bella giornata per il popolo iracheno''. ''La condanna a morte dell'ex presidente iracheno Saddam Hussein - ha detto il presidente George W. Bush - è un grosso risultato per la giovane democrazia irachena e per il suo governo costituzionale''.
Come accennato, l'entusiasmo degli Usa è stato condiviso dalla Gran Bretagna. ''Plaudo al fatto che Saddam Hussein e gli altri imputati abbiano affrontato la giustizia e abbiano dovuto rispondere dei loro crimini'', ha dichiarato in un comunicato il ministro degli Esteri Margaret Beckett. ''E' giusto'', ha aggiunto, ''che quanti erano accusati di tali crimini contro il popolo iracheno debbano affrontare la giustizia irachena''.

Dall'Italia, il premier Romano Prodi ha invece sottolineato la propria, e quindi quella dell'intera nazione, contrarietà alla pena di morte: ''La condanna rispecchia il giudizio di tutta la Comunità internazionale sul dittatore Saddam Hussein'', ha detto Prodi. ''Naturalmente - ha aggiunto - non cambia il giudizio sulla guerra in Iraq. C'è poi una riflessione sull'esecuzione della condanna a morte. Certo ci sarà l'appello, ma per efferato che sia un delitto, la nostra tradizione e la nostra etica si allontanano dall'idea della pena di morte''.
E' stato più esplicito il ministro degli Esteri Massimo D'Alema: ''Condanna netta, severa, inflessibile di chi si è macchiato di crimini orrendi ma l'Italia è contraria all'esecuzione''.
Sulla stessa linea, la Francia dove  il ministro degli Esteri, Philippe Douste-Blazy, ha dichiarato: ''La Francia prende atto della condanna a morte pronunciata contro Saddam Hussein e spera che questa decisione non provochi nuovi tensioni in Iraq''. Il capo del Quai d'Orsay ha poi ricordato la posizione della Francia ''e dell'Unione Europea ostile alla pena di morte, una posizione costante per la sua abolizione universale''. ''La Francia - ha aggiunto Douste-Blazy - dovrà definire prossimamente, con i suoi partner europei, le modalità per far conoscere questa posizione alle autorità di Bagdad''.
Anche il primo ministro spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero ha espresso la sua posizione contraria alla pena di morte: ''Come ogni altro leader politico, Saddam deve rendere conto delle sue azioni'', ha detto Zapatero, ''ma la pena di morte non è contemplata da nessuna procedura dell'Unione europea e questo è molto chiaro nel nostro Paese''.

Critica, ovviamente, anche l'organizzazione umanitaria Amnesty International: ''Una vicenda losca, marcata da gravi vizi che mettono in dubbio la capacità del tribunale com'è costituito attualmente, di amministrare correttamente la giustizia, nel rispetto degli standard internazionali''. ''Questo processo - ha detto inoltre Amnesty - avrebbe dovuto essere un contributo decisivo all'introduzione della giustizia e dello stato di diritto in Iraq, volto ad assicurare verità e responsabilità sulle immense violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime di Saddam Hussein, ma così non è stato''.

- Tutte le sentenze nel processo a Saddam Hussein

- Saddam Hussein: dalla cattura alla sentenza finale

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06 novembre 2006
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