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Invitare Gheddafi in Italia? Una vergogna!

Altre proteste dai ''profughi'' italiani dalla Libia per la recente visita del Colonnello Gheddafi in Italia

16 giugno 2009

"Noi italiani di Libia riteniamo vergognoso ospitare il Colonnello Gheddafi nei luoghi delle nostre istituzioni democratiche, introdurlo nei templi italiani della sapienza, concedergli una laurea Honoris causa quando Gheddafi ha violato tutto ciò che c'era da violare in materia di diritti umani: dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (ONU, Parigi 10.12.1948, art.9) al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ONU 16.12.1966, art.13)".
Dopo la denuncia dell'Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia e della sua presidente, Giovanna Ortu, arrivano, durissimi, anche il commento e la protesta di altri rimpatriati italiani dalla Libia, oggi residenti in Italia e all'estero. Fra questi Rita Scontrino, nata a Tripoli il 5 aprile 1957, e Raffaele (Faelino) Luzon, presidente Ebrei di Libia in Gran Bretagna e co-presidente Unione Ebrei Libici nel Mondo.

Nella lettera di protesta i "profughi", come alcuni dei firmatari si definiscono, ritengono "vergognoso che venga dato un risarcimento" a Gheddafi "quando è lui che dovrebbe risarcire noi". Poi si ricorda che "i governi italiani, da Giolitti alla seconda Guerra Mondiale, hanno investito miliardi (di allora!) di lire. Abbiamo fatto della scatola di sabbia che era la Libia (anzi abbiamo creato noi la Libia, perché prima c'erano soltanto la Tripolitania e la Cirenaica) un giardino in fiore; abbiamo impiantato nel deserto campi di frumento sudando sangue (i contadini italiani piangevano quando i loro sforzi in una notte venivano distrutti da una tempesta di sabbia); abbiamo creato strade, case; abbiamo insegnato a studiare ai libici. Abbiamo fatto di Tripoli una città moderna. Abbiamo scoperto noi il petrolio, ma abbiamo perso la guerra e gli inglesi si sono appropriati del frutto delle nostre ricerche".

"Vergognoso", secondo quanto si legge nella lettera aperta, è anche "che non si sia reagito davanti all'immagine immonda di un Gheddafi che ci insultava con la sua fotografia sul petto, quando allo stesso tempo diceva di accettare le nostre scuse. Quante fotografie potremmo mettere sul petto a riprova dei suoi omicidi politici che si diverte a far vedere in televisione. Nessuna necessità energetica ci può rendere così proni ad un dittatore senza scrupoli".
"Ricordate", hanno ammonito quindi i firmatari, "noi conosciamo Gheddafi. Non manterrà mai la sua parola; i profughi", quelli di oggi che si imbarcano sulle carrette del mare in cerca di una vita migliore, "continueranno ad arrivare a meno che non sborsiamo altri miliardi di euro. E Gheddafi lo sta già richiedendo anche attraverso l'Organizzazione degli Stati Africani. Per carità", ammettono, "è giusto aiutare quelle povere genti, ma dobbiamo essere noi a guidare il processo non lui ad imporcelo".

Riferendosi poi agli incontri istituzionali tenutisi nei giorni scorsi a Roma, Scontrino e Luzon, insieme agli altri firmatari, denunciano ancora una volta come una vergogna "che non sia stata detta una parola sui nostri beni, di cui lui ci ha derubati. Il principio che "ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà" lo ritroviamo in tutte le Convenzioni sui diritti umani, ma nessuno sembra preoccuparsene. E non si venga a dire", precisano, "che nella Legge di approvazione dell'accordo con Gheddafi è scritto che una "ulteriore somma" è concessa come risarcimento agli italiani di Libia, che già hanno fatto domanda. Pochissimi sono venuti a conoscenza dei contenuti di questa legge attraverso canali ufficiali. Siamo noi a fare il tam tam per raggiungere quanta più gente possibile. Senza contare che anche in passato sono stati pochi gli eletti a conoscere le varie leggi che si sovrapponevano a quella iniziale del 1971 a causa dell'informazione frammentaria".
La lettera conclude infine sconfessando "qualunque associazione che si rechi ad ossequiare Gheddafi, perché non ci rappresenta. Le associazioni attualmente presenti sul territorio e che si rifanno ai fuoriusciti di Libia rappresentano solo se stesse: gruppi di interesse ben definiti e ben agguerriti".

La lettera è stata firmata da: Renata Toso, Gianni Battiato, Francesca Leone, Paolo Battiato, Maria Teresa Di Pietro, Luisa Marchetti, Silvia Battiato, Aldo Battiato, Maria Rosa e Paola Marchetti, Giuseppe Naim, tutti nati a Tripoli, nonché da Salvatore Scontrino, Francesca Crino, Ines Trentin, Francesco Scontrino, Gianfranco Bucelli, quest'ultimo nato nel villaggio Breveglieri in Libia.
Alla loro protesta si sono aggiunti, poi, Grungo Salvatore, nato a Tripoli, che ha sottoscritto le parole degli amici anche a nome della sorella Piera Anna ed "in memoria dei genitori ormai defunti, tutti profughi di Libia", e Rita Mascina, che, dicendosi "profondamente offesa, anche a nome del mio povero papà, che non c'è più, per quello che sono stata costretta a vedere in televisione", ringrazia i promotori di questa iniziativa e si unisce "alla loro protesta insieme con i miei familiari", Paola e Luciana Mascina e Liliana Crocivera Mascina. [Agenzia Internazionale Stampa Estero]

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16 giugno 2009
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