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IRAQ DISASTER. Bush si prende le proprie responsabilità ma pensa di mandare in guerra altre migliaia di uomini

11 gennaio 2007

Con un livello di popolarità mai così basso quanto oggi, il presidente degli Stati Uniti d'America, George W. Bush non poteva non prendersi le proprie responsabilità: ''Dove sono stati commessi errori, la responsabilità è mia'', ha detto Bush durante l'atteso discorso sulla nuova strategia Usa in Iraq. ''Dobbiamo cambiare strategia in Iraq, non esiste una formula magica per il successo in Iraq, ma un fiasco in Iraq sarebbe un disastro per gli Stati Uniti''.
Quindi secondo il capo della Casa Bianca, pur ammettendo che di errori ne sono stati commessi, la guerra in Iraq non è ancora stata persa e che la soluzione per raddrizzare questa nave - oramai quasi per intero affondata - ed è quella di mandare in battaglia altri 21.500 uomini, perché, ha detto ancora Bush, ''le forze armate Usa sono impegnate in una battaglia che determinerà la direzione della guerra globale al terrorismo e la nostra sicurezza in patria''.

Durante il discorso (durato circa una ventina di minuti), Bush ha ammesso e che la situazione in Iraq ''è diventata inaccettabile per gli americani e anche per me. Mi assumo la piena responsabilità degli errori commessi''. Quindi il presidente americano ha annunciato l'invio di cinque brigate a Bagdad, dove opereranno insieme a 18 brigate irachene per garantire la sicurezza della capitale. Bush ha sottolineato che non saranno ripetuti gli errori del passato. Infatti, secondo il presidente l'azione americana in Iraq è ''fallita'' per l'insufficiente numero di militari iracheni e americani, e per via dei troppi limiti alle operazioni delle truppe sul campo. Questa volta, dunque ci saranno forze sufficienti per mantenere in modo costante il controllo nella capitale e inoltre non vi saranno interferenze politiche: le truppe potranno andare ovunque.
Altri 4.000 soldati Usa saranno dislocati nella provincia di Anbar per sottrarla al controllo dei terroristi di Al Qaeda che puntano a farne la loro base operativa.
Infine il capo della Casa Bianca ha delineato una serie di traguardi che dovranno essere raggiunti dal governo iracheno: assumere il controllo di tutte le province entro il novembre 2007, dividere i proventi del petrolio tra i cittadini iracheni, investire 10 miliardi di dollari iracheni in opere di ricostruzione, tenere elezioni provinciali, modificare le leggi di de-Baathificazione per consentire a un numero maggiore di cittadini di tornare alla vita politica.

Oltre alle migliaia di uomini in più, Bush ha anche intenzione di mettere in atto un grande dislocamento di batterie di missili Patriot in Medio Oriente per ''rassicurare gli amici e gli alleati di Washington e rafforzare la sicurezza in Iraq'', contro paesi come Siria e Iran colpevoli, secondo Bush, di sostenere gli insorti. ''Paesi come l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Giordania e gli Stati del Golfo devono capire che una sconfitta americana in Iraq darebbe vita a un nuovo rifugio per tutti gli estremisti'', ha affermato ancora il presidente, che ha anche detto d'avere esaminato altre soluzioni, per concludere che tirarsi indietro adesso ''provocherebbe il collasso del governo iracheno, lacerando il paese e causando stragi di dimensioni inimmaginabili''. ''Il traguardo è la vittoria - ha detto infine Bush -. Una vittoria che non sarà decretata da una resa sul ponte di una nave da guerra, come in passato, ma dal portare un paese come l'Iraq verso la strada della democrazia''.

''L'escalation militare manda il messaggio sbagliato all'Iraq e noi siamo contro'', hanno commentato il discorso di Bush i leader democratici al Senato Harry Reid e alla Camera Nancy Pelosi. I democratici hanno anche sottolineato come il presidente abbia del tutto ignorato l'indicazione degli elettori, che in novembre hanno punito la strategia in Iraq della Casa Bianca e la politica del partito repubblicano. ''Bush ha riconosciuto ciò che la maggior parte degli americani già sanno: in Iraq non stiamo vincendo, malgrado il coraggio e l'immenso sacrificio dei nostri soldati. In realtà la situazione è grave, e sta peggiorando'', ha commentato Dick Durbin, numero due dei democratici al Senato. Duro il commento della senatrice Hillary Clinton: ''Discorso viziato da incompetenza e arroganza. Occorre un nuovo corso e la fine dell'attuale politica fallimentare''.

La Gran Bretagna non manderà altre truppe in Iraq - Il ministro degli Esteri britannico, Margaret Beckett, ha annunciato che la Gran Bretagna non intende aumentare il numero dei suoi militari in Iraq: ''Non è al momento nostra intenzione mandare altre truppe'', ha affermato, commentando l'annuncio di Bush.
Il quotidiano Daily Telegraph ha scritto inoltre oggi che la Gran Bretagna ritirerà un po' meno di 3.000 soldati dall'Iraq entro la fine di maggio, così da portare il suo contingente sul posto a 4.500 uomini circa (attualmente i britannici dispiegati sono 7.100, essenzialmente nella provincia meridionale di Bassora). Il Daily Telegraph ha detto di essersi procurato un calendario del ritiro previsto. Downing street ha definito le informazioni ''pura speculazione''.

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11 gennaio 2007
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