Iraq e Afghanistan: l'Italia al fronte
L'Italia al comando dell'Isaf, la forza multinazionale della Nato, diventa un obiettivo ancora più sensibile
Rientra, dopo quasi cinque mesi, la compagnia del reggimento San Marco impegnata in Iraq nell'operazione ''Antica Babilonia''.
''Ritorna così dal territorio iracheno - è detto in un comunicato dell'ufficio stampa della Marina militare - il personale del reggimento San Marco, la cui presenza in loco continua comunque ad essere assicurata da un nucleo di specialisti di telecomunicazioni satellitari e di ufficiali impiegati negli staff nazionali ed internazionali''.
La presenza della Marina militare in Iraq è garantita anche da uomini del gruppo operativo incursori del Comsubin, l'unità speciale dei subacquei della Marina.
Durante la permanenza in Iraq i fucilieri ''hanno operato - conclude la nota - alle dipendenze della Brigata interforze italiana nella città di Nassiriya, svolgendo numerosi compiti, tra i quali il controllo del territorio con attività di pattugliamento e check point volte alla creazione e al mantenimento di un ambiente sicuro, la vigilanza e la difesa dei siti di particolare interesse, l'attività d'ordine pubblico, scorte ai convogli, distribuzione aiuti umanitari, sequestro di armi e munizionamento''.
Insomma, porzioni dell'esercito italiano, in ''missione di pace'' in Iraq, rientrano per essere sostituiti da altre porzioni che continueranno a ''difendere la pace'' nel territorio iracheno...
Perché l'Italia non è in guerra. Al fianco dei soldati della coalizione americana-britannica, l'esercito italiano salvaguardia la democrazia, la ritrovata libertà del popolo iracheno e combatte per sconfiggere il terrorismo.
Peccato che sia poca la percezione di tanti e tali virtuosi intenti. Peccato che per buona parte degli iracheni l'Italia, con la presenza del proprio esercito, non è altro che un occupante tanto quanto l'America e la Gran Bretagna. Peccato che per molti l'Italia è sentito come un Paese in guerra con l'Iraq.
Ma il fatto che l'Italia rimanga ad espletare le sue azioni d'esercito, sia in Iraq che in Afghanistan o in qualsiasi altro posto, per i rappresentanti del gorverno equivale ad un puro e semplice atto di doveroso impegno e responsabilità.
''Confermo che l'Italia è un paese che, al pari di tutti gli altri della comunità internazionale, è a rischio; perché, specie dopo quanto avvenuto a Sharm, il fatto che l'Italia sia un paese che si assume responsabilità, sia in Afghanistan che in Iraq, per aiutare popolazioni a liberarsi dal terrorismo, fa sì che il nostro Paese sia considerato un particolare obiettivo''.
Sono state queste le parole del vicepremier e ministro degli Esteri Gianfranco Fini ieri a Kabul, dopo aver incontrato il presidente afgano Hamid Karzai e aver salutato il contingente italiano a Camp Invicta.
''Se ci sottraessimo di fronte alle responsabilità prese soltanto per timore, verremmo meno al dovere contratto con i governi e le popolazioni'', ha aggiunto Fini. ''L'esempio afgano dimostra che se la comunità internazionale contribuisce inizialmente si può uscire dal Medioevo, perché il regime talebano era un regime autenticamente medievale".
Parole di coraggio e fermezza che Fini ha voluto pronunciare in occasione della cerimonia per il passaggio di consegne dalla Turchia all'Italia del comando dell'Isaf, la forza multinazionale che opera da anni in Afghanistan, responsabilità che ovviamente esporrà l'Italia a maggiori pericoli e minacce.
La missione dell'Isaf si svolge sotto mandato dell'Onu e della Nato e assiste il governo di Kabul nelle misure di stabilizzazione e sicurezza. La Nato ha preso la leadership della missione Isaf l'11 agosto 2003. Adesso l'Italia gestirà il comando delle operazioni per nove mesi: sarà un periodo particolarmente delicato perché si avvicinano le prime elezioni politiche per il nuovo Afghanistan, il 18 settembre, e ci sono inquietanti segnali di recrudescenza di atti di violenza. Attualmente il comando dell'Isaf gestisce oltre 8.000 soldati in rappresentanza di ben 37 paesi (tra questi 1.900 italiani). A questi se ne aggiungeranno altri 2 mila per garantire la sicurezza in occasione delle elezioni.
L'estremismo islamico, sicuramente, non perderà d'occhio l'Italia, ed è ancor più certo che non allargherà le maglie della tensione nei confronti del nostro Paese.