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Italia-Afghanistan

Mentre si aspetta l'esito del voto di domani in Senato sul rifinaziamento delle missioni italiane all'estero...

26 marzo 2007

Si attende con ansia la giornata di domani. E' uno degli appuntamenti al Senato che più ha fatto, e continua a far fibrillare, quello sul rifinanziamento delle missioni italiane all'estero, fra le quali spicca su tutte quella afghana. Dopo la querelle interna ed esterna sulla liberazione di Daniele Mastrogiacomo, dopo l'allarme lanciato dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema sull'aumentata pericolosità della zona afghana controllata dall'esercito italiano, e dopo che ieri un altro attacco talebano ha interessato i nostri soldati  nella provincia di Farah, la compattezza della maggioranza e i colpi di coda che potrebbe sferrare l'opposizione, potrebbero giocare l'ennesimo brutto tiro al governo Prodi.

Il presidente del Consiglio Romano Prodi si dice tranquillo. ''Non sono preoccupato'', ha spiegato il premier, ''voglio sapere chi si assume la responsabilità di rompere''. La sicurezza del premier sembra nascere dalla consapevolezza che difficilmente la sinistra della coalizione lascerà a qualcuno dei suoi ''radicali'' la possibilità di negarsi al momento del voto. Anche la posizione di Berlusconi, che in questi giorni ha tenuto tutti sul filo, ieri ha dato cenni di ''possibilismo''. ''Credo - ha spiegato il leader di Forza Italia - che martedì noi dovremmo produrre un voto che sia risultato di una profonda riflessione, che ci apprestiamo a fare anche con gli alleati nella giornata di domani''. Il punto su cui l'ex premier resta assolutamente fermo è la richiesta di dimissioni di Prodi nel caso il decreto riesca a passare solo grazie al ''soccorso'' dell'opposizione.
Ed è grande il movimento che si è creato attorno al decreto di domani. Ad intervenire con forza anche il presidente del Senato Franco Marini. ''Mettere i soldati in condizione di svolgere meglio il proprio ruolo è un compito del governo, quindi che siano messi in condizioni di difendersi e di poter agire per gli obiettivi fissati dall'alleanza che guida questa presenza nell'ambito dell'Onu è ragionevole'', ha chiarito Marini appoggiando di fatto l'ordine del giorno presentato a Palazzo Madama dall'Udc per ''potenziare l'equipaggiamento delle nostre truppe''. Un'ipotesi sulla quale sembra ora voler convergere anche il governo.

Ad annunciare la possibilità di migliorare la dotazione della missione italiana era già stato nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, spiegando di avere avuto a tale proposito un incontro con il collega della Difesa Arturo Parisi e il capo di Stato maggiore della Difesa Giampaolo Di Paola. L'iniziativa risponde tanto a un'esigenza militare che a una di politica interna. La guerriglia talebana sta infatti aumentando di audacia, portando i suoi attacchi anche nella provincia di Herat dove sono impegnate le nostre forze armate. Allo stesso tempo dotare il contingente di armi più efficaci, renderebbe più difficile ai due più grandi partiti dell'opposizione, Alleanza Nazionale e Forza Italia, confermare l'intenzione di votare no al decreto di rifinanziamento.
Manovre e riletture del decreto fatte anche dal leader dei Ds Piero Fassino, che si è addirittura detto disponibile a rivedere anche le regole d'ingaggio dei soldati impegnati in Afghanistan. Un punto su cui il presidente del Consiglio ha assestato però un deciso colpo di freno. ''Per ora non ci sono discussioni sulle regole d'ingaggio'', ha chiarito Prodi, ma ''ci si deve rendere conto che con un voto contrario i soldati tornano a casa''.
Uno stop quello del Professore che comunque non stupisce. La questione sulle regole d'ingaggio pone infatti due tipi di difficoltà: il primo è che in realtà, come ha ricordato giorni fa lo stesso D'Alema, le regole d'ingaggio sono le stesse per tutte le forze armate della Nato e a stabilirle non sono i governi nazionali bensì i vertici dell'Alleanza; il secondo problema è che un'eventuale ridefinizione delle regole d'ingaggio potrebbe configurare un nuovo tipo d'impegno in Afghanistan, che difficilmente sarà accettato dall'ala sinistra della sinistra, già insofferente all'idea di dover votare il rinnovo della missione.

Intanto, come accennavamo all'inizio, in Afghanistan la situazione diventa sempre più tesa, e la pacificazione dell'Afghanistan rischia di diventare forse più pericolosa della conclusa missione irachena. Ieri infatti i soldati italiani hanno subito un attentato nella provincia di Farah, nell'Afghanistan occidentale, dove le forze speciali erano già state prese di mira martedì scorso con un attentato dove un militare è rimasto leggermente ferito (leggi). Un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio di mezzi militari italiani, fortunatamente nessun soldato è rimasto ferito. L'ordigno ha investito uno dei nuovi Vtlm (Veicoli tattici leggeri multiruolo) di cui sono dotati da qualche tempo i militari italiani anche in Afghanistan: si tratta di gipponi blindati pure nella parte inferiore, particolarmente adatti contro la minaccia delle mine. Il mezzo è rimasto danneggiato in seguito all'esplosione, ma ha retto all'urto: per i militari a bordo, viene confermato, nessuna conseguenza.
A riferirlo sono state fonti dello Stato maggiore della Difesa.

Nella zona di Farah - confinante a nord con la provincia di Herat (dove si trova il quartier generale italiano) e a sud-est con quella di Helmand, epicentro dell'insurrezione dei talebani e della recente offensiva Nato - la situazione nelle ultime settimane si è rivelata sempre più pericolosa: si tratta di un'area che fa parte del comando ovest della Nato guidato dal generale Antonio Satta e in cui i militari italiani sono da tempo impegnati in attività di ricognizione e controllo per impedire infiltrazioni di ''elementi ostili'' dal sud del paese. Nei mesi di gennaio e febbraio sono stati una dozzina gli attentati nei confronti delle forze afgane e della Coalizione compiuti a Farah: il più sanguinoso, tra quelli recenti, è avvenuto il 12 marzo, quando una bomba telecomandata fece saltare in aria un convoglio su cui viaggiavano il capo della polizia locale e nove agenti. Tutti morti.

- Bulloni ed esplosivo. Ecco le bombe talebane (di G. Olimpo, Corriere.it)

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26 marzo 2007
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