Italia e Libia? Paesi amici!
Solo che, dice Gheddafi, ''i libici approfittano di ogni opportunità per sfogare la loro rabbia contro l'Italia fin dal 1911''
L'occupazione della Libia da parte dell'Italia', avvenuta nel lontano 1911, non è mai stata digerita dai libici. Fino allo scorso ottobre, infatti, il generale Muhammar el Gheddafi, leader libico con il quale (ci dicono i nostri governanti) i rapporti sono collaborativi, distesi e all'insegna del totale accordo, ha deciso di ripristinare e celebrare la ''giornata della vendetta'' contro l'Italia.
Si tratta dell'anniversario dell'espulsione in massa decretata da Gheddafi, nel 1970, per 20 mila italiani, in parte arrivati nel suo Paese ai tempi del colonialismo, in parte nati lì a guerra mondiale finita. In occasione della visita di Silvio Berlusconi a Mellitah, nel 2004, il Colonnello aveva detto che avrebbe rinunciato a far festeggiare questa ricorrenza, e anzi che si sarebbe fatto promotore di un ''giorno dell'amicizia''.
Un giorno dell'amicizia mai arrivato però, perché a Tripoli l'astio nei confronti degli italiani si sente ancora forte. La tensione forse si sarebbe potuta allentare se il Governo italiano avesse costruito la strada costiera dalla Tunisia all'Egitto, indicata dal governo libico come una forma di risarcimento per le sofferenze dovute al colonialismo. Oppure, di una linea ferroviaria da Misurata a Sebah. Nel primo caso, il costo non sarebbe inferiore a tre miliardi di euro, e secondo Palazzo Chigi un tale costo è eccessivo. ''Vogliamo essere vostri partner, ma la Libia è un Paese sovrano. Avevamo chiesto un grande gesto di grande valore, la strada o la ferrovia. E non c'è stato'',. Risponde così la diplomazia libica quando gli si domanda perché la ''giornata della vendetta'' è rimasta.
Eppure, ci ripetono i nostri politici ad ogni buona occasione, i rapporti con la Libia sono più che positivi. Sarà...
Certo, l'assalto dei manifestanti al consolato italiano di Bengasi lo scorso 17 febbraio, lancia segnali che ci raccontano storie diverse dall'amicizia e dalla positività. Anzi, ed è stato proprio il Generale Gheddafi ad affermarlo in un discorso trasmesso dalla televisione di Stato libica, quei manifestanti furiosi per colpa della provocazione dell'ex ministro Calderoli (la famosa maglietta anti Maometto sfoggiata in televisione, ndr) avevano intenzione di uccidere il rappresentante diplomatico italiano e tutta la sua famiglia.
''I manifestanti erano decisi ad uccidere il console e la sua famiglia: non protestavano contro la Danimarca perché non hanno idea di cosa sia la Danimarca, è l'Italia che odiano'', ha affermato il rais, alludendo alle violente proteste in tutto il mondo islamico, provocate dalla pubblicazione delle vignette su Maometto su un quotidiano danese.
''I libici approfittano di ogni opportunità per sfogare la loro rabbia contro l'Italia fin dal 1911, data dell'occupazione italiana: e il motivo è che l'Italia non ha compensato il popolo libico per le sue sofferenze'', ha continuato Gheddafi, il quale non ha escluso il rischio di ulteriori attacchi.
''In Italia un ministro fascista ha parlato con odioso linguaggio razzista e crociato facendosi conoscere come fascista, colonialista, retrograde e reazionario. Il governo italiano ed anche il popolo italiano e tutta la gente lo hanno rinnegato cacciandolo ed isolandolo, dicendogli: presenta le tue dimissioni'', ha detto Gheddafi. ''Nonostante le sue parole siano state pubblicate sui mezzi d'informazione, ciò non significa affatto che i mezzi di informazione esprimano l'opinione pubblica italiana. Perciò la crisi della stampa e dei media non è stata risolta nel mondo, dalla Scandinavia fino all'India''.
Come dire: attacco al ministro italiano, ma ramoscello d'ulivo teso alla popolazione italiana.
Il rais ha poi affermato di voler ''approfittare delle buone relazioni esistenti al momento con l'Italia perché siano pagate delle compensazioni, in modo da prevenire il ripetersi della colonizzazione''. ''Nessuno può sapere come sarà l'Italia nei prossimi 50 o 100 anni'', ha concluso.
Quindi, a due settimane di distanza dagli scontri che sono costati la vita ad almeno 11 persone, arrivano le parole velate di minaccia, del dittatore Gheddafi, e arrivano il giorno dopo in cui le autorità di Tripoli hanno ordinato il rilascio di 130 prigionieri politici detenuti in una prigione della capitale, 85 dei quali appartenenti al partito fuorilegge della ''Fratellanza musulmana''. E cioè il movimento che, secondo la maggioranza degli osservatori, sarebbe dietro le violenze contro il consolato italiano di Bengasi.
Fino ad ora dalla Farnesina non è arrivato nessun commento sul discorso di Gheddafi. Il ministero degli Esteri, a quanto si apprende, sta analizzando il testo del discorso del leader libico e attende una relazione da parte del consolato italiano in Libia.