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Italia: obiettivo sensibile

Esistono ''cellule islamiche'' potenzialmente in grado di colpire l'Italia

15 luglio 2005

E' fondamentalmente una l'arma del terrorismo, ossia la quasi impossibilità d'essere precisamente e preventivamente identificato. Ha sì un nome generico: terrorismo islamico; ha sì un concetto di base: la Jihad, la guerra contro gli infedeli; ha sì dei capi, latitanti e introvabili: da Bin Laden ad Al Zarqawi. Ma si annida dappertutto e può esplodere all'improvviso nel cuore di gente comune, che si farà a loro volta esplodere dentro un autobus, dentro un treno, dentro un ufficio, dentro un museo, in una chiesa o in una piazza.
I terroristi non hanno una divisa e le loro facce possono essere quelle di giovani perbene, laureati, educati e sempre sorridenti. Così erano gli attentatori dell'11 Settembre, dell'11 Marzo e del 7 Luglio.
E così saranno gli altri che aumenteranno i giorni nel ''calendario del terrore'', attaccando magari Roma o Milano, perché in Italia, e lo si sospettava da diversi anni, esistono ''cellule potenzialmente in grado di colpire''

Un monito che arriva dal Sismi e che è stato reso a chiare lettere dal presidente del Copaco (Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti) Enzo Bianco, al termine dell'audizione del direttore del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare Nicolò Pollari: ''Diciamo che, senza allarmismi, l'Italia è a rischio''. ''C'è la consapevolezza - ha dichiarato Bianco - che l'Italia è uno dei possibili bersagli di attentati: non ci sono informative precise e puntuali che danno l'idea della preparazione di un attentato, ma le analisi della nostra intelligence portano a ritenere l'Italia un possibile bersaglio. Non sappiamo quando, dove e come colpiranno, ma i nostri apparati di sicurezza hanno lavorato e lavorano con il massimo della professionalità''.

La vaghezza di Bianco si trasforma in notizie più concrete leggendo i documenti che il Sisme ha consegnato al Parlamento e che fotografano più da vicino il pericolo che incombe sull'Italia. ''Valutazione della minaccia'', la definiscono gli uomini dell'intelligence che tracciano la mappa del fondamentalismo islamico e individuano i possibili indicatori di rischio.
Gli 007 italiani hanno pure tracciano l'identikit degli attivisti islamici sul territorio nazionale. Questi si nascondono nel Nord Italia, ma anche in Campania. Molti di loro sono perfettamente integrati. Hanno moglie, figli, un permesso di soggiorno, spesso un lavoro. Si muovono in piccoli gruppi e sono in contatto con altre ''cellule'' attive in Europa. Finora hanno fornito appoggio logistico a formazioni terroristiche. Adesso potrebbero passare all'azione.

Enzo Bianco ha rivelato alcuni elementi emersi dal colloquio con Pollari, che rimandano al concetto di "rete" tipico di Al Qaeda: ''Abbiamo cercato di capire con il direttore Pollari se la cellula che ha operato a Londra è solo locale, cioè formata esclusivamente da cittadini britannici di religione musulmana, oppure se è stata attivata da una regia lontana. La seconda ipotesi alzerebbe il livello di preoccupazione per gli altri paesi ed anche per il nostro''. Secondo il presidente del Copaco, ''quella inglese era probabilmente una cellula logistica che è diventata operativa e lo stesso rischio potrebbe esserci in Italia, occorre dunque la massima attenzione''.
Per questo l'intelligence dedica particolare attenzione ai cosiddetti ''segnali mediatici di attacco''. Gli accertamenti compiuti sulla rete hanno dimostrato che le varie cellule logistico-operative si parlano attraverso ''codici alfanumerici inseriti su siti islamisti con le stesse modalità di un vecchio videotape di Osama Bin Laden fatto circolare per via telematica nel periodo immediatamente precedente gli attentati di Madrid''. Poco dopo la strage di Atocha infatti, fu intercettata una e-mail che riproponeva un discorso dello sceicco saudita piena di segni e simboli che indicavano modalità e tempi dell'attacco.

L'attenzione degli investigatori si sta concentrando in particolare su cinque formazioni. La più temibile è ritenuta il Gicm, il ''Gruppo islamico combattente marocchino'' che potrebbe aver avuto contatti con gli attentatori che agirono in Spagna l'11 marzo dello scorso anno. ''Alcuni appartenenti alle cellule scoperte in Italia - avverte il Sismi - sono risultati in contatto con chi ha messo le bombe a Casablanca. Dal nostro Paese sono stati inviati fondi a persone poi arrestate per il coinvolgimento in quegli attacchi''. Numerose presenze ''sospette'' sono state individuate a Milano, Torino, Vicenza, Udine, Vercelli e Desio.
Molto attivo e temibile viene ritenuto anche il Gspc, il ''Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento'' che, sostengono le indagini, talvolta si muove in sinergia con i ''Fratelli Musulmani'', l'organizzazione ''Takfir W.H.'' e il ''Gruppo combattente tunisino''.
Tutte queste ''cellule'' sono attive nel reclutamento di combattenti da inviare nelle zone di guerra o da inserire nei gruppi terroristici, si occupano dei finanziamenti e dei supporto logistici fornendo documenti falsi, appartamenti, denaro.
Esiste poi un altro rischio reale comportato da queste ''cellule logistiche'' ed è è quello che, come l'esperienza spagnola ha dimostrato,  oltre ad essere in grado di supportare i gruppi operativi provenienti dall'estero sono capaci di realizzare direttamente attacchi.

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15 luglio 2005
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