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Italiani ad Abu Ghraib?

''L'incappucciato'' del carcere degli orrori iracheno: ''Ad Abu Ghraib tra i torturatori c'erano anche italiani''

23 febbraio 2006

Le rivelazioni dell'incappucciato di Abu Ghraib (diventato l'icona degli orrori in Iraq perpetrati dagli americani) nei confronti degli italiani, non potevano arrivare in un momento peggiore. In Libia gruppi di studenti e significative porzioni di popolazione continuano a gridare ''Morte all'Italia'', dopo 'l'incidente'' causato dalla provocazione dell'ex ministro leghista Calderoli. Adesso una delle vittime irachene delle torture americane dice che nella prigione degli orrori tra i torturatori erano presenti anche degli italiani.
Tutto parte da un'intervista dell'inviato di RaiNews24, Sigfrido Ranucci (già autore dell'inchiesta sull'utilizzo del fosforo bianco da parte degli americani nel bombardamento di Falluja) e curata da Maurizio Torrealta.
Scopriamo innanzitutto che ''l'incappucciato di Abu Ghraib'', ha un nome e un volto. Si chiama Ali Shalal el Kaissi, ha 42 anni, ed è stato arrestato nell'ottobre 2003 a Bagdhad con l'accusa di far parte della guerriglia. Ali, studioso e insegnante di religione era un ''Mokhtar'', un'autorità amministrativa e religiosa in uno dei distretti di Bagdhad. Dopo essere stato rilasciato aveva denunciato le torture subite alle autorità irachene, ma nessuno gli aveva creduto perché le foto dell'orrore dovevano essere ancora pubblicate.
Doveva venire nel nostro paese a raccontare la sua storia ma il consolato italiano gli ha negato il visto. Allora è stato Sigfrido Ranucci ad andarlo a trovare e l'ha intervistato ad Amman, in Giordania dove Ali Shalal stava seguendo un corso per ''Non violent action for Iraqi'', tenuto da alcune Ong europee e dove ha fondato l'Associazione delle vittime delle prigioni americane.

I ricordi raccontati da Ali sono sconvolgenti. ''Dopo 15 giorni  di prigionia mi hanno  tolto dalla cella, mi hanno messo una coperta con dei buchi,  come se fosse un vestito tradizionale arabo. Mi hanno legato con del filo elettrico e messo su una scatola di cartone. Poi  mi hanno detto che mi avrebbero elettrizzato se non avessi collaborato. Per tre giorni mi hanno colpito con scosse elettriche.  La persona che mi torturava parlava la lingua araba molto bene. Si è presentato con una musica in sottofondo, ''By the rivers of Babylon'',  mi diceva che aveva già lavorato a Gaza e che aveva fatto parlare molte persone. Ogni volta che usavano gli elettrodi sentivo gli occhi che fuoriuscivano dalle orbite. Una scossa è stata talmente forte che mi sono morso la lingua e ho cominciato a sanguinare.  Sono quasi svenuto. Hanno chiamato un dottore, che ha aperto la mia bocca con gli stivali, ha visto che il sangue non veniva dallo stomaco ma dalla lingua e ha detto 'continuate pure' ''.
Ali ha detto all'inviato di Rai News 24 di aver assistito personalmente ad abusi sessuali su uomini e donne. ''Una soldatessa ha interrogato un religioso, gli ha chiesto di fare sesso con lei - riferisce el Kaisi -. Lui si è opposto, allora la donna è tornata, indossava un fallo finto e lo ha violentato... Abbiamo sentito delle donne portate in prigione che venivano violentate, che strillavano e chiedevano il nostro aiuto, ma l'unica cosa che potevamo fare è gridare: 'Dio è grande e vincerà' ''.

E' stata la prima volta che Ali Shalal el Kaisi ha raccontato l'orrore a cui è stato sottoposto nel carcere vicino a Bagdad. Oltre ai tanti particolari raccapriccianti, el Kaisi ha anche raccolto e raccontato la testimonianza di un ex diplomatico iracheno, Haitham Abu Ghaith anch'esso prigioniero ad Abu Ghraib, che ha affermato  la presenza di contractors italiani al servizio di aziende americane, presenti durante i terribili interrogatorii.
Tutte le carceri in Iraq sono sotto il controllo degli americani. Due compagnie private, la Caci international e la Titan Corp, avevano contratti con mercenari di diverse nazionalità, italiani compresi, che secondo le testimonianze raccolte da el Kaissi si sono resi colpevoli di aver commesso le stesse torture degli americani.
Ma Ali Shalal el Kaissi non perdona ai nostri connazionali di aver trafugato soldi e reperti archeologici. ''Noi amiamo il popolo italiano, conosciamo la differenza tra la popolazione civile e chi compie questi gesti, ma questo non ci impedisce di denunciare cosa facevano gli italiani. Il messaggio che voglio dare al popolo italiano è che in Iraq la situazione non è assolutamente migliorata, nulla è stato ricostruito''.  

Le rivelazioni presentate da RaiNews24 hanno scatenato una serie di polemiche e preoccupazioni. Sono stati Ali Shalal el Kaissinumerosi gli esponenti politici che hanno subito chiesto al governo di chiarire la posizione italiana in merito alle torture ad Abu Ghraib.
Da Palazzo Chigi la risposta è arrivata altrettanto presto: ''Al governo non risulta la presenza di cittadini italiani ad Abu Ghraib; comunque il governo esclude in maniera tassativa che possa trattarsi di militari o di pubblici funzionari''.
All'indignazione suscitata da questa inchiesta, una parte degli esponenti dei partiti di governo hanno risposto che si tratta della solita ''montatura della sinistra'', creata ad hoc a sei settimane dalle elezioni politiche italiane. Il parlamentare di An, Enzo Fragalà, ha reagito parlando di ''ignobile montatura dei soliti noti del giornalismo militante''. ''È vergognoso che giornalisti italiani - ha affermato Fragalà - tentino di resuscitare e strumentalizzare una vicenda già conclusa con processi e sanzioni assai severe coinvolgendo per sentito dire i contractors italiani''.

- ''Il fantasma di Abu Ghraib'' un'inchiesta di Sifgrido Ranucci

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23 febbraio 2006
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