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Italiani, popolo di evasori! Quando per evasione non si intende un modo per rilassarsi e divertirsi

Chi e quanto in Italia evade le tasse

19 luglio 2005

Italiani, popolo di evasori! E se anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lancia l'allarme, dopo che qualche hanno fa aveva giudicato moralmente accettabile il fatto di non pagare le tasse, c'è proprio da essere preoccupati.
Il fenomeno c'è ed è sempre stato sotto gli occhi di tutti, stavolta però il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco ha voluto metterlo nero su bianco, tracciando una mappa del lavoro irregolare, che altro non è che uno degli indicatori dell'evasione fiscale e contributiva.
La mappa è finita nel Documento di programmazione 2006-2009, mentre per la Finanziaria è pronto un pacchetto di misure anti-evasione che prevedono una stretta sulla politica degli accertamenti, il ritorno di incombenze per il popolo delle partite Iva (come l'obbligo dell'elenco fornitori-clienti), più forza per lo Stato nelle cause fiscali con obbligo di pagare di più dopo il primo e secondo grado di giudizio, percentuali agli enti locali per il recupero di evasione e la riforma del sistema di esattori con la creazione della ''Riscossione spa''.

L'Italia dell'evasione
La media del lavoro irregolare in Italia è del 13,4 % del totale degli occupati, come dire che circa un lavoratore su dieci è sconosciuto all'Agenzia delle entrate, alla Guardia di Finanza e all'Inps.
Questa particolare cartina del Belpaese preparata da Siniscalco, descrive così uno scenario aggiornato (i dati sono del 2003 e gli ultimi dell'Istat erano del 2002) e preoccupante dell' ''economia oscura'' italiana.
Le regioni del Sud, dove l'evasione è il triplo del Nord, sono quelle maggiormente interessate dal fenomeno: in alcune zone della Sicilia, della Calabria, della Puglia e della Sardegna il tasso di lavoro irregolare arriva fino al 33 per cento. Ma anche province del Centro e del ''profondo Nord'' non scherzano: ad Aosta, Spezia, Livorno, Pesaro, l'Aquila e Viterbo il tasso di lavoro irregolare raggiunge anche il 19,3%.
Se si va a guardare la mappa dell'Italia dei servizi il campanello d'allarme squilla più forte: la media del ''nero'' è del 18,7 per cento e il fenomeno si spalma sull'intera penisola. Nuovi mestieri, baby sitter, assistenza per i computer, ma soprattutto riparazione domestiche e automobilistiche: sono questi i settori che il Dpef non cita ma che una serie di analisi degli ultimi anni hanno portato alla ribalta come protagonisti della nuova economia in nero. In questo caso, oltre che nelle regioni del Sud dove da Napoli in giù il tasso di lavoro irregolare non scende mai sotto il 22,4 per cento, anche nel Nord a macchia di leopardo avanza l'evasione fiscale e contributiva. In alcune province del Nord Est si raggiungono tassi del 42,9 per cento mentre anche il Centro ha le sue colpe: in alcune zone dell'Umbria, del Lazio, della Toscana e delle Marche si arriva al 22,4 per cento.

Per sapere di preciso a quanto ammonta l'evasione fiscale in Italia bisogna rifarsi all'ultima analisi disponibile: quella dell'Agenzia delle entrate del 1998.
Nel complesso, per ogni 100 euro di imponibile dichiarato, gli italiani nascondono al fisco altri 46 euro. Nell'insieme sfuggono alla tassazione oltre 200 miliardi di euro cioè 400 mila miliardi di vecchie lire.
Ad evadere di più (c'è lo dice un sondaggio Swg-L'Espresso del dicembre del 2004) sono: per il 43 per cento i liberi professionisti, per il 21 per cento gli imprenditori, per il 12 per cento i commercianti e per l'11 gli artigiani.
Ma non è solo l'evasione la spina nel fianco dell'Italia, ma anche la capacità di recupero di quanto scovato dalle forze dell'ordine. Secondo un'indagine della Corte dei Conti del novembre del 2004,  l'imponibile che emerge dai controlli delle Fiamme Gialle ''evapora'': su 100 controlli, solo 80 vengono trasformati in veri e propri accertamenti e di questi il 70 % prende la via del condono o dei vari patteggiamenti.
Quel poco che resta dovrebbe essere riscosso dal sistema degli esattori, ma i dati dicono che, per un motivo o per l'altro, nel 2003 su un carico di 22 miliardi di euro di crediti affidati ai concessionari nelle casse dello Stato è arrivato solo il 2,8 per cento. [Roberto Petrini, Repubblica.it]

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19 luglio 2005
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