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Itinerario Hotel Garzia - Cave di Cusa / Parco Archeologico di Selinunte / Foce del fiume Belice

13 luglio 2006

Selinunte sorge su alcune colline poste di fronte al mare, ed è attraversata dal fiume Selinus da cui prende il nome. L'antica città è considerata come il complesso archeologico più importante d'Europa, per l'imponenza e l'estensione delle sue rovine.
Alcuni tamburi cilindrici utilizzati per la costruzione dei templi, giacciono vicino al comune di Campobello di Mazara, propriamente chiamato ''Cave di Cusa'', la più suggestiva ''fabbrica naturale'' di materiali da costruzione d'epoca greca, (propedeutica è la visita alle Cave di Cusa prima di recarsi a Selinunte). Diverse sono le Cave (chiamata 'Latomia' in greco) da cui proveniva la pietra per la costruzione dei Templi.
Possiamo citare: la Cava Landaro, tra Selinunte Partanna; la Cava Barone, al Baglio Santa Teresa; la Cava Misilbesi, a Sciacca (in questa si ricavava la pietra utilizzata per le Metope); la Cava di Cusa, che si trova a Campobello, zona limitrofa alla nostra.
Quest'ultima si trova in un'area a più dislivelli, aspra e verde, circondata da alberi d'ulivo. Arrivati sul posto si rimane stupefatti alla vista di un tamburo cilindrico di colonna, immerso nella pietra, già tagliato e pronto, per essere trasportato al tempio. Alla vista di questo spettacolo sembra essere catapultati indietro nel tempo, quando il lavoro di preparazione e di trasporto dei tamburi, venne bruscamente interrotto dai selinuntini, forse per l'arrivo delle truppe cartaginesi che avrebbero distrutto la città.

Da questa visita consigliata ciò che si evince sul sito archeologico selinuntino, inteso come spettacolo di meravigliose rovine, è proverbiale. Di fatto, l'eccezionalità del luogo è data dalla vasta quantità di rovine, dalla loro mole e dal loro pregio, tutti elementi, questi, che messi insieme è difficile ritrovare in altri posti del mondo occidentale.
L'istituzione del Parco Archeologico è avvenuto nel 1993. Tale parco si estende per circa 270 ettari, e non c'è giorno dell'anno che gruppi di visitatori non si aggirino tra le rovine, tra questi blocchi di pietra giallo oro, lavorati dall'uomo. Data la vastità della zona, gran parte della città resta ancora sottoterra, così come la necropoli. Gli scavi iniziati verso il 1800 (da allora non ci si è fermati) hanno riportato alla luce importanti reperti archeologici, alcuni conservati nel Museo Nazionale di Palermo. Tutte le Metope (3 nel tempio C; 4 nel tempio E; 2 nel tempio F) ritrovate a Selinunte si trovano al museo "Salinas". A riguardo possiamo dire che nell'800 non c'era un centro che raccogliesse i pezzi archeologici, quindi il museo palermitano era l'unico che potesse ospitarli.

Questi i percorsi da noi proposti:
- La Collina dell'Acropoli, maestosa e splendida, qui si trova il Tempio C, in prossimità di questo venivano praticati sacrifici in onore degli dei. Abbiamo trovato, unico ed esemplare, il ''Sarcofago a Cappuccino'', situato accanto ad una panchina in pietra. Un tempo i nostri nonni quando trovavano queste tombe, le utilizzavano come lavatoi o per dare da mangiare agli animali. Naturalmente non ne capivano l'importanza. Durante il percorso, dietro al Tempio C, si possono osservare incise sulle pietre delle Croci cristiane, ricordiamo che i cristiani vissero per circa 400 anni a Selinunte, ed essendo monoteisti, al contrario dei politeisti Greci, non avrebbero mai vissuto in un luogo dove si adoravano ''idoli''. Una croce tra queste è di origine Bizantina. Caratteristico è inoltre il colore ''rosso'' della pietra che si evince non solo dalle mura, ma anche in tutto il resto del sito. Alcuni pensano che questo mutamento di colore, sia avvenuto nel tempo con il trascorrere dei secoli, ma non è così. La pietra è rossa perché i cartaginesi incendiarono Selinunte. Il fuoco di un tempo la rende particolare oggi.

- La Collina orientale, dove sorgono tre Templi: il Tempio E (dedicato a Fiera. Il tempio negli anni '50 fu interamente ricostruito, oggi ne ammiriamo lo splendore); il Tempio F (edificato nella metà del VI secolo, era decorato con due metope); il Tempio G (quest'ultimo è tra i più grandi dell'antichità classica dal quale erge un'unica colonna, chiamata da noi indigeni ''Fusu di la vecchia''). La costruzione del tempio non fu mai ultimata, anche se i lavori avevano preceduto il completamento degli altri.

- La Necropoli, con numerosissime tombe. Da esse provengono migliaia di oggetti, vasi greci e statuette di terracotta. Anticamente i contadini lavorando i loro terreni, trovavano queste tombe, prendevano il contenuto e lo barattavano con altro materiale.
- Il Santuario della Malaphoros, dedicato alla dea portatrice di melograno.
- La città antica, dove poco è rimasto a seguito della distruzione dei Cartaginesi. Alcuni scavi hanno portato alla luce parte della cinta muraria, e di una porta di cui non si aveva conoscenza.

Proseguiamo il nostro itinerario, sempre a Selinunte, lungo la splendida spiaggia denominata da noi la ''Pineta'', spostandoci verso la Riserva Naturale Orientata Foce del fiume Belice e dune limitrofe.
La Riserva è chiamata ''orientata'' perché è più elastica nello sviluppo (al contrario di quella ''integrale'' dove all'interno nulla si può né toccare né modificare), si visita esclusivamente a piedi, nel pieno rispetto delle regole indicate. L'area è protetta, L'Ente gestore è la Provincia Regionale di Trapani. Si estende tra Marinella di Selinunte ed il promontorio di Porto Palo per una lunghezza di 5 km circa. Il paesaggio si presenta con una distesa di dune di sabbia sagomate dal vento, che nell'insieme rappresentano un angolo dì Sicilia di notevole valore naturalistico. La riserva è delimitata per un lungo tratto da una linea ferrata, ormai in disuso, chiamata ''Ponte di Ferro'' dai castelvetranesi, denominazione che identifica proprio questo luogo. Un elemento particolarmente interessante è rappresentato dal Fiume Belice che ospita una rigogliosa vegetazione in cui domina la Cannuccia palustre, tipica vegetazione degli ambienti sabbiosi. Il fiume è habitat naturale per poche specie faunistiche e floristiche. L'aspetto generale del fiume, purtroppo, risente moltissimo delle conseguenze distruttive operate dalle attività irrazionali della società moderna.
Nella parte più interna, la preriserva, sul lato sinistro del fiume, si innalza un pendio su cui cresce una macchia sempreverde, caratterizzata dalla presenza di specie vegetali tipiche del paesaggio mediterraneo, come l'Olivastro, il Lentisco, l'Asparago spinoso, l'Euforbia, il Carrubo e la Palma nana.
Si trovano inoltre sul luogo: infiorescenze tipiche di quest'ambiente, soggette ad inondazioni; molte specie di uccelli, che sostano e nidificano; la tartaruga Caretta caretta, l'unica tartaruga marina che depone le uova sulle nostre coste; il fiordaliso delle spiagge, caratterstico ma purtroppo divenuto raro.

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13 luglio 2006
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