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Jarhead

''E' un film di guerra senza sangue, come se fosse una bellissima scena di sesso senza orgasmo''

23 febbraio 2006







Noi vi segnaliamo...
JARHEAD
di Sam Mendes

A metà strada tra Full Metal Jacket e Il Deserto dei Tartari, la storia del giovane marine Anthony Swofford in missione in Arabia Saudita e poi in Kuwait, non è una denuncia contro la guerra irachena, ma una riflessione sui militari. Anthony Swofford, da tutti chiamato 'Swoff', arruolatosi come suo padre e suo nonno prima di lui, passa dalla noiosa gavetta in campo all'azione di guerra durante l'operazione Desert Storm, nella prima Guerra del Golfo. In spalla un fucile da cecchino e uno zaino da 45 chili, attraversa i deserti mediorientali privo di protezione dal caldo tremendo o dai soldati iracheni, sempre potenzialmente all'orizzonte.

A tre anni di distanza da Era mio padre, Sam Mendes (premio Oscar per American Beauty) dirige Jarhead (termine gergale per definire i Marines) tratto dal best seller dell'ex-soldato Anthony Swofford. Il libro di 'Swof' nasce da un cumulo di appunti scritti in guerra e si sviluppa sotto forma di diario che, alla sua pubblicazione, indigna il corpo dei Marines, ma gli vale il plauso di critica e pubblico.
Il New York Times lo celebra come ''la più scioccante testimonianza dalla Guerra del Golfo''. A colpire sono soprattutto le crude testimonianze delle violenze inflitte dai superiori, lo stato di abbandono in cui versano le truppe e le riflessioni sull'etica dei Marines. ''Siamo qui per annunciarvi che la vostra terra non vi appartiene più - scrive Swofford -. Grazie per la collaborazione, seguiranno ulteriori dettagli''. E questo riflette il film di Mendes: pozzi petroliferi che sputano fiamme nella notte, soldati rissosi, impolverati, eccitati e terrorizzati all'idea che dalla collina accanto possa partire da un momento all'altro l'attacco nemico, ragazzi improvvisamente catapultati in un territorio implacabile, reclute che cercano di distrarsi improvvisando una partita di pallone con le maschere antigas e che aspettano con ansia lettere e materiale hardcore. E' forse questa la ragione per cui Jarhead, come ama descriverlo il suo protagonista Jake Gyllenhaal, ''è un film di guerra senza sangue, come se fosse una bellissima scena di sesso senza orgasmo''.
''I film sul Vietnam - scrive Swofford - sono tutti a favore della guerra, anche se Kubrick, Coppola o Stone volevano forse mandare un messaggio diverso. Le immagini cinematografiche che rappresentano la morte e le carneficine sono materiale pornografico per i militari in guerra''.

La stampa americana
Mentre il Los Angeles Times e l'Entertainment Weekly si chiedono quale sarà il suo impatto sulla politica, Variety e Hollywood Reporter applaudono l'operazione del regista. ''Una tipologia inedita di pellicola pacifista - osserva il primo -. Un film di guerra senza la guerra, che attraverso l'immaginario di precedenti e storici film, mette insieme il dramma dell'assurdo, commenti in prima persona ed esplosioni ormonali dei soldati al fronte''. Dello stesso avviso, il rivale Hollywood Reporter che ravvisa addirittura echi di Apocalypse Now e Full Metal Jacket.


Distribuzione Uip
Durata 123'
Regia Sam Mendes
Con Jake Gyllenhaal, Jamie Foxx, Peter Sarsgaard
Genere Guerra/Drammatico


La critica
''Chi ricorda l'accoglienza che fecero i giovani al film 'All'ovest niente di nuovo', arrivato in Italia dopo la Liberazione ovvero con 15 anni di ritardo dovuti alla censura fascista? La riserva che emergeva nelle discussioni dei cineclub era che romanzi e film contro la Prima guerra non erano serviti a niente in quanto non avevano impedito la Seconda. Bastò lasciar passare del tempo per cogliere l'assurdo di una simile argomentazione e ben presto infatti ridemmo di noi stessi per averla tirata fuori. Eppure di fronte a 'Jarhead' di Sam Mendes mi è tornata alla memoria proprio quella vecchia riserva forse non del tutto stolida. (...) 'Jarhead', libro e film, sono una storia di guerra senza guerra. Anche quando i marines vengono spediti a ingrossare la forza d'urto assommante a 600mila uomini sui confini del Kuwait invaso dagli iracheni, la loro partecipazione al conflitto si riduce a un'interminabile attesa. Addestrati come tiratori scelti, scalpitanti nell'ansia di sparare per uccidere, i fantaccini vengono scavalcati e messi da parte dai lanciamissili o dall'aviazione. Di una guerra tutta affidata alla tecnologia nel deserto patiscono solo la lontananza, le corna che gli fanno le malafemmine lasciate a casa, il caldo, la sete e le prepotenze che si abbattono per via gerarchica. Nel loro andare e venire per le distese sabbiose scoprono all'improvviso il quadro orrendo di una strage di uomini e macchine, corpi carbonizzati, figure umane ridotte a sculture mortuarie: una sequenza da brivido, bravo Mendes. Niente di meglio i reduci si porteranno come ricordo da una militanza senza scopo. Eppure la divisa gli resterà incollata sulla pelle: 'Noi siamo sempre nel deserto'. 'War is hell', la guerra è l'inferno: la lapidaria asserzione di William T. Sheridan generale della Civil War va aggiornata. La guerra moderna è un limbo insensato, dove non si fa altro che prepararsi a scontri che il più delle volte non avvengono. Mendes ci fa vedere in lampi fugaci quale sarà il futuro dei non-eroi quando gli ricresceranno i capelli, però nel corso del film non li abbiamo conosciuti abbastanza per prendere molta parte ai loro problemi. Di tutta questa enorme messinscena, che gira intorno alla presenza attonita e ambigua di Jake Gyllenhaal, ci resta solo la frustrazione e il disgusto. Ma Swofford che l'esperienza l'ha vissuta e raccontata, in fin dei conti la evoca con nostalgia; e Mendes, che ha tradotto esemplarmente il libro in immagini, sembra d'accordo. Che avessimo ragione quando proclamavamo che romanzi e film non avrebbero fermato le guerre del futuro?''
Tullio Kezich, 'Corriere della Sera'

''A cominciare dalla scena iniziale, che cita testualmente 'Full Metal Jackett', passando per 'Apocalypse Now' (il montatore è lo stesso) e altri classici del film di guerra, 'Jarhead' va all'attacco dello spettatore con un'armata di situazioni e personaggi che gli sono già noti. Anche lo schema del racconto è - almeno nella prima parte - dei più frequentati, con l'addestramento delle reclute all'odio del prossimo e l'arrivo sul teatro di guerra. Da un certo punto in poi, però, ti rendi conto che non stai vedendo un 'war movie' come gli altri. Ciò che fa la differenza, in questa trasposizione delle memorie autobiografiche di un marine, è una mancanza; la mancanza di ciò che puntella il genere, anche nelle sue varianti antimilitariste più accreditate: Mendes cancella il mito e, con esso, la catarsi che purifica lo spettatore fin delle più efferate crudeltà. Qui, invece, si rappresenta una guerra i cui gli 'eroi' non sparano un sol colpo: anziché col nemico, combattono con la gelosia delle ragazze lasciate in America, col deserto, con la frustrazione della noia mista alla paura. Si aggiunga una dose di humour nero, congeniale al regista (inglese) di 'American Beauty', e si vedrà un film da cui la bandiera a stelle e strisce vien fuori piuttosto a brandelli.''
Roberto Nepoti, 'la Repubblica'

''Dobbiamo provare rispetto per un film tratto dalle memorie di un vero ex-marine della prima guerra del Golfo. Ma ne proveremmo di più se il film, del libro non sappiamo, non somigliasse a un album delle figurine: utile per ricordare, come no, ma senza sconvolgersi troppo. L'addestramento col sergente carogna? Eccolo, tale e quale a 'Full Metal Jacket', citato subito per togliersi il pensiero. (...) E siccome questa è la prima generazione di combattenti post-Vietnam, ecco che il 'Jarhead' ('testa a barattolo') Jake Gyllenhaal legge addirittura Camus, perbacco, mentre gli altri guardano 'Apocalypse Now' e 'Il cacciatore', e qualcuno dubita addirittura della loro missione. Per fortuna oltre al sergente carogna c'è sempre un tenente duro ma buono e motivato, capace di ridare la carica ai ragazzi. Sarà pure tutto vero, ma suona quasi sempre predigerito. E quando arriva il momento della verità il marine che perde la testa e per poco non uccide il compagno che lo ha messo nei guai, il cecchino che rischia la corte marziale pur di sparare malgrado gli ordini il tutto risulta stranamente poco interessante. Troppo accattivante perfino per illustrare la paradossale normalità della guerra. Magari Sam Mendes ('American Beauty', 'Era mio padre') non era il regista ideale. O forse per la noia, l'orrore, la follia, ci vuole altro.''
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

''Naturalmente non è la revisione storica l'involucro di 'Jarhead'; è la più tradizionale nevrosi del combattente, ricalcata su quella di 'Full Metal Jacket', il film di Kubrick sulla guerra del Vietnam. Ma ciò che in Vietnam era verosimile per la lunghezza dei combattimenti per truppe americane, in 'Jarhead' lascia perplessi. (…) In sostanza, dal film di Mendes esce il quadro d'una generazione - quella della fine degli anni Settanta, cresciuta nel clima contestatorio - più fragile delle precedenti. Mendes calca ancora una volta la mano poi sugli atteggiamenti gayeschi, come quando manda il protagonista Jake Gyllenhall, ad aggirarsi fra i commilitoni in uniforme coperto solo da un berretto da Babbo Natale, 'calzato' sulla prominenza del pube, ma esponendo le terga non solo al sole del deserto. Però poi lo stesso personaggio piange sull'infedeltà della fidanzata.''
Maurizio Cabona, 'Il Giornale' 

''Si esce incerti: abbiamo visto un film che smaschera la logica bellicosa e omicida dei marines, o che la sposa in modo acritico? Il sospetto è che Mendes non si sia nemmeno posto il problema, preoccupato solo di stupirci con effetti speciali come nei sopravvalutati American Beauty ed Era mio padre. L'idiozia dei personaggi non è riscattata dall'intelligenza della messinscena. Jarhead è un film al livello del proprio titolo (testa di barattolo ndr).''
Alberto Crespi, 'l'Unità'

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23 febbraio 2006
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