L'11 settembre di otto anni fa...
L'America di Obama ricorda gli attacci terroristici del 2001 e non vuole più aver paura
Non dimenticare. Sembra questo l'imperativo nell'anniversario dell'11 settembre. E coniugare il ricordo con la svolta rappresentata dall'elezione di Barack Obama. Per l'ottava volta New York si stringerà nuovamente nel ricordo delle vittime. Ma la voglia di andare avanti è forte.
Della guerra contro l'estremismo islamico, un tormentone dell'era di George W. Bush, non si parla quasi più. E il timore di un nuovo attentato contro l'America sembra anche quello svanito. Un esempio? Le immagini di un giovane Khalid Sheikh Mohammed, il cervello degli attentati kamikaze dell'11 settembre e il più illustre dei detenuti di Guantanamo, circolano da giorni sui siti usati dalla propaganda di Al Qaeda e per alcuni esperti potrebbero essere un segnale di pericolo, un messaggio in codice a cellule terroristiche in sonno, un cattivo presagio; ma la notizia è confinata a trafiletti sui media americani, anche alla vigilia dell'anniversario.
La routine del cerimoniale è la stessa degli ultimi anni. A New York questa notte si sono accesi i grandi fari azzurri puntati al cielo, per disegnare sulla skyline della città il profilo delle torri gemelle abbattute dai kamikaze. E questa mattina, a Ground Zero si terrà la consueta cerimonia in memoria delle 2.752 vittime. Fiori saranno posati nelle due vasche quadrate, il simbolo delle torri. La cerimonia, che si terrà alla Presenza del vice presidente americano Joe Biden e dal sindaco della città Michael Bloomberg, sarà punteggiata da quattro momenti di silenzio, scanditi dal suono di campane per ricordare i momenti dell'impatto dei due aerei dirottati e il momento in cui gli edifici sono crollati.
Il presidente Barack Obama sarà al Pentagono, a Washington, per ricordare le vittime dell'impatto del terzo dei quattro aerei dirottati da Al Qaeda. La quarta cerimonia ufficiale si terrà poi in Pennsylvania, dove si schiantò il quarto aereo, dopo una rivolta dei passeggeri contro i dirottatori. Il jet era diretto contro la Casa Bianca.
A New York tuttavia l'attenzione è soprattutto per i ritardi nei lavori di ricostruzione a Ground Zero. I cinque grattacieli che avrebbero dovuto prendere il posto del Wtc ancora non ci sono, e del più importante, la Freedom Tower, si comincia a vedere lo scheletro d'acciaio dei primi piani, ma servono gli occhi del direttore dell'autorità portuale di New York e New Jersey Chris Ward per vedere "un senso di rinascita". Per tutti gli altri newyorchesi Ground Zero sembra congelata nel tempo, e i mille operai al lavoro nel cantiere.
Un sondaggio della Quinnipiac University condotto il mese scorso suggerisce che più della metà dei newyorchesi è convinta che la ricostruzione proceda male. Il sessanta per cento non crede che la Freedom Tower, alta 1.776 Piedi in memoria delle 1.776 Vittime del Wtc, sarà costruita entro i termini previsti.
Garbugli politici, complicazioni nella realizzazione e la recessione economica hanno allungato i tempi e gonfiato i costi.
"Ricordando un futuro di cui molti hanno (ancora) paura", è il titolo del New York Times, secondo il quale all'indomani degli attacchi dell'11 settembre, molti newyorkesi vedevano un futuro cupo, che non è ancora stato superato. Per il Washington Post, invece, gli attentati "sono un ricordo troppo lontano per i teenagers", otto anni dopo, sono già diventati pagine dei libri di storia, per una generazione troppo giovane per ricordarsene.
"Al Qaeda non è più capace di un attacco in stile 11/9" - "Al Qaeda non è più in grado di organizzare un grande attacco. Le sue capacità sono andate deteriorandosi negli anni e ha grandi difficoltà a portare avanti la sua campagna terroristica globale". Parola di Brian Michael Jenkins, uno dei massimi esperti mondiali di terrorismo, che spiega in un'intervista ad Aki-Adnkronos International come si sia evoluta dall'11 settembre 2001 a oggi la più grande macchina del terrore di matrice islamica. Per Jenkins, consigliere capo della Rand Corporation, "in particolare fuori dal Pakistan, dall'Afghanistan e dall'Iraq, al Qaeda ha un problema di 'controllo di qualita', i suoi uomini sono meno competenti dei loro predecessori".
Anche dal punto di vista della quantità, secondo l'esperto, il gruppo di Bin Laden è costretto a una marcia indietro: "Fino al 2006 organizzava attacchi ogni due mesi, ma da allora il numero di operazioni terroristiche significative e' andato diminuendo e si assiste solo ad attentati occasionali, soprattutto quelli organizzati dalla Jemaah Islamiyah, scheggia di al-Qaeda, a Giacarta". Subito dopo l'11 settembre, inoltre, "i clamorosi attacchi organizzati in Turchia, Spagna, Indonesia, Regno Unito e Arabia Saudita erano condotti da individui che ricevevano una formazione nei campi di al Qaeda". Ma ora non è piu' così e, spiega Jenkins, "i complotti fatti in casa" prendono il posto degli "attentati di qualità". L'altro lato della medaglia è la maggiore preparazione degli Stati Uniti, che "hanno un livello di sicurezza interna più alto che in passato". "L'intelligence interna è migliorata, la sicurezza è aumentata, i cittadini sono più vigili a livello psicologico", spiega Jenkins, che tende a ridimensionare un ipotetico nuovo allarme attentati in America. "Gli Stati Uniti sono una nazione di 300 milioni di persone - dice - la possibilità che qualcuno muoia in un attentato terroristico è di una su un milione, contro l'una su ottomila di morire in un incidente stradale e l'una su 18mila di essere vittima di un omicidio". C'è inoltre "una cooperazione senza precedenti tra l'intelligence e le forze di sicurezza di tutto il mondo - dice Jenkins - e questo rende l'ambiente meno idoneo per organizzare attentati. Gli scambi a livello di intelligence in materia di terrorismo hanno avuto una crescita senza precedenti". E anche fuori dagli Stati Uniti, in molti paesi islamici, il livello di preparazione è più alto. "Gli attacchi in Indonesia, in Marocco e in Egitto hanno spinto i governi a prendere iniziative - spiega l'esperto - perché non vedono più al Qaeda come una questione che riguarda solo gli Stati Uniti, ma come una minaccia anche per sè".
L'aver spostato il proprio obiettivo verso paesi islamici è costato inoltre ad al Qaeda una grave crisi di consensi. "La sua carneficina gratuita di musulmani e di 'infedeli' ha provocato una reazione negativa tra i musulmani, nonostante una certa ostilitàper gli Stati Uniti e l'insoddisfazione per le loro condizioni di vita" . Ma questo, secondo Jenkins, è un problema minore per al Qaeda, che "non è un movimento politico e non cerca voti e consensi. E' un piccolo esercito determinato a portare avanti la sua guerra in nome di Dio e non sarà quindi un calo di popolarità a fermarlo". L'indebolimento di al Qaeda, tuttavia, non vuol dire che abbia rinunciato alla sua lotta. "Abbiamo già potuto sperimentare la sua tenacia e la sua resistenza - spiega Jenkin - Ma la sua lotta non potrà durare all'infinito. La morte di Osama Bin Laden e di Ayman al-Zawahiri privera' al Qaeda di seguaci, oltre che del suo principale strumento di connessione" tra le varie anime che la compongono in tutto il mondo. "Non credo che a quel punto l'intero movimento collasserà - conclude l'esperto - ma sarà irrimediabilmente ridotto all'irrilevanza, perché al Qaeda cavalca le onde, ma non è in grado di provocarle".
[Informazioni tratte da Repubblica.it, Adnkronos/Aki]