Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

L'acqua proprietà privata? I sindaci della provincia Agrigentina dicono ''NO'' e sono pronti a lottare

05 febbraio 2007

LA BATTAGLIA DELL'ACQUA
di Agostino Spataro

Sicilia, isola di tribolazioni e di contrasti, anche felici, che squarciano, di tanto in tanto, l'opacità del   tempo presente.
Succede ad Agrigento, a proposito di privatizzazione della gestione dell'acqua, dove, a fronte di altre province, anche di centrosinistra, che hanno ceduto o di buon grado accettato, c'è un fronte maggioritario e trasversale di sindaci che sta combattendo una dura battaglia per garantire alle popolazioni un diritto naturale e inalienabile.
L'acqua non ha colore, hanno detto i sindaci della Cdl venuti, venerdì scorsi, ad Agrigento, a presidiare la prefettura insieme a tanti colleghi e cittadini, sindacalisti della Cgil ed esponenti del vescovado, studenti ed dirigenti di associazioni ambientaliste. Tutti insieme, e per nulla rassegnati, a ribadire la loro contrarietà alla decisione, assunta da un commissario regionale, di privatizzare la gestione dell'acqua nei 43 comuni.
Come noto, si tratta di una privatizzazione forzata e - secondo i sindaci - arbitraria, imposta
con un atto d'imperio, contro la volontà di una maggioranza (al 61%) che si è espressa nell'assemblea dell'Ato.

Bizzarrie della politica: in Italia col 50,01 % si vincono le elezioni e si governa il paese, in Sicilia  col 61% non si può determinare nemmeno il tipo di gestione dell'acqua pubblica. Dicono che bisognava arrivare al 66,7%, come da regolamento.
In realtà, così non è. Semmai è stata capovolta la norma dello statuto dell'Ato che richiede tale soglia solo per approvare l'affidamento a privati, non per respingerlo. Dunque, per bocciare la privatizzazione sarebbe bastato il 23%. Molto di meno, cioè, di quel 61% che poteva arrivare al   69% se, al momento della chiama, il sindaco An di Licata, che militava tra i contrari, non fosse sparito dall'aula senza dir nulla, portandosi dietro il suo 7,7%.
Che cosa sarà successo? Si intuisce, ma non lo possiamo scrivere.
Fatto sta che la fuga immotivata di quel sindaco ha dato luogo ad un'interpretazione capziosa che ha  messo in moto la procedura sostitutiva del commissario regionale il quale ha deliberato in senso esattamente contrario alla volontà espressa dalla stragrande maggioranza dei Comuni.
Dietro questo comportamento si cela la longa manus del governo di centro destra alla Regione, il quale, forse, non può disattendere gli impegni assunti con l'Ati (associazione temporanea d'imprese private), unica concorrente nella gara, un po' farsesca in verità, per l'affidamento trentennale della gestione dell'acqua dell'intera provincia agrigentina. Perciò, la maggioranza dei sindaci (25 su 43) hanno deciso di adire le vie legali per chiedere l'annullamento della deliberazione commissariale e riconvocare l'assemblea dell'Ato.

Ma la battaglia per l'acqua va oltre la carta bollata e si sta trasformando in un grande scontro sociale e politico. Proprio l'altro giorno, 25 consigli comunali hanno deliberato la più dura opposizione alla privatizzazione, preannunciando, in caso contrario, la fuoriuscita dall'Ato idrico e perfino azioni clamorose di disubbidienza civile che potrebbero giungere a rifiutare la consegna delle reti idriche cittadine al consorzio privato affidatario.
Insomma, questa volta, si fa sul serio, come ci assicura Vincenzo Di Salvo, il combattivo sindaco a capo della giunta di centro-sinistra di Bivona, il paese simbolo di questa lotta, che insieme con altri comuni montani (quali S. Stefano, Cammarata, ecc.) costituiscono la ''testa dell'acqua'' e, quindi, a buon diritto, la testa della rivolta contro la sua privatizzazione. Per vincere, sostiene, occorre coordinare le iniziative e garantire uno sbocco sul terreno parlamentare e di governo.
A Palermo, ma anche a Roma, dove si sta discutendo il provvedimento del governo Prodi per la ripubblicizzazione delle risorse idriche che tante speranze ha creato in questa gente che si oppone contro tale sopruso e pretende che la loro acqua resti un bene pubblico. Come sempre è stato, nei millenni.

E non c'è liberismo che tenga. La gente non vuole questa privatizzazione forzata, conseguita con l'inganno, che mortifica la dignità delle istituzioni democratiche e colpirà il gramo reddito delle famiglie siciliane, il 31% delle quale quali - secondo recenti dati Istat - vivono al di sotto della soglia di povertà.
Una lotta dura, dunque, che segnala un malessere sociale molto diffuso, alimentato da vecchie e nuove povertà che, prima o poi, potrebbero esplodere, fragorosamente. 
Per capirci, qui non siamo nella vandea, ma nelle terre dei nobili Sicani che vi edificarono la civiltà prima dei greci, in quelle stesse terre che Engels chiamò del ''socialismo spontaneo'' perché qui  nacque e si sviluppò il primo movimento socialista di massa dei ''fasci siciliani''.
Acqua passata? Non so. Parlando con la gente venuta a protestare, m'è parso che, di fronte alle miserie morali di questo centrodestra, stia riaffiorando un sentimento antico di dignità e di libertà.     
Una battaglia emblematica, dunque, di valenza regionale e nazionale visto che, al momento, solo in provincia di Agrigento c'è una maggioranza di sindaci che si oppone decisamente alla privatizzazione. Perciò, è necessario sostenerla a Roma (dove si sta discutendo la legge Lanzillotta) e all'Ars dove, dopo anni d'inerzia consensuale, i deputati del centro sinistra si sono schierati a fianco dei sindaci e delle popolazioni.

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

05 febbraio 2007
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia