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L'Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato la ''pillola della scomunica''

Sì alla RU486, farmaco usato in molti paesi europei da diversi anni e in Italia divenuto farmaco della discordia

31 luglio 2009

L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha autorizzato ieri sera la commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru 486. Ne ha dato notizia l'Aifa in una nota nella tarda serata di ieri.
"La decisione conclude anche in Italia quell'iter registrativo di mutuo riconoscimento seguito dagli altri Paesi europei in cui il farmaco è già in commercio, interrompendone l'uso off-label", si legge nella nota dell'Aifa, diffusa al termine di un lunghissimo Cda. La votazione si è risolta con un risultato di quattro contro uno a favore della vendita. L'ok è venuto dal presidente del Cda dell'Aifa, Sergio Pecorelli, e dai consiglieri Giovanni Bissoni, Claudio De Vincenti e Gloria Saccani Jotti. Ad esprimersi negativamente è stato invece Romano Colozzi, assessore alle Risorse e Finanze della Regione Lombardia.

Introdotta in Francia alla fine degli anni 80, oggi la pillola - il cui uso è stato approvato nel 2007 dall'Ente europeo per il controllo sui farmaci - è utilizzata in moltissimi paesi dell'Unione europea, ma non nei cattolici Portogallo e Irlanda. L'utilizzo del farmaco in Italia - precisa l'Aifa - è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l'interruzione volontaria della gravidanza (la cosiddetta 194): in particolare, deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria dal momento dell'assunzione fino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza. Il farmaco potrà inoltre essere utilizzato entro la settima settimana di gestazione anziché la nona, come avviene in gran parte d'Europa. Tra la settima e la nona settimana, rileva l'agenzia, si registra infatti il maggior numero di "eventi avversi" e il maggior ricorso all'integrazione con la metodica chirurgica.

Le prime reazioni corrispondono alle posizioni degli schieramenti da tempo in campo. L'Associazione italiana per l'educazione demografica (Aied) plaude la decisione del Cda dell'Aifa: "Ci si allinea con i paesi europei, recuperando un ritardo che ha penalizzato le donne italiane".
Durissimo, dall'altra parte, il senatore dell'Udc, Luca Volonté: "Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte. E non è sicura: ricorrendo all'aborto chimico, donne e ragazze italiane che vogliono evitare una gravidanza indesiderata non faranno altro che uccidere di sicuro una vita umana mettendo in pericolo anche la propria. Mentre i decessi per l'assunzione della 'kill pill' sono accertate, le proprietà del farmaco restano ancora avvolte nel mistero. La mancata pubblicazione del dossier da parte della Exelgyn è un occultamento della verità scientifica che aggrava la totale mancanza di trasparenza nell'operazione messa a segno oggi".

Ancora prima che l'Aifa si pronunciasse, il Vaticano era tornato all'attacco contro la pillola abortiva.
L'Osservatore Romano aveva affrontato ieri mattina il nodo della Ru486 riportando le preoccupazioni espresse dalla sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. "La decisione dell’Aifa a favore della commercializzazione - secondo il sottosegretario -, non è scontata, alla luce delle 29 morti tra donne in vari Paesi del mondo causate dalla Ru486". Sulla sicurezza della pillola, dunque, "persistono molte ombre", ha scritto il quotidiano vaticano. È stato poi monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, a spiegare che l'uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. "Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico" sottolinea il vescovo. "L’assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro, perché se non funziona il farmaco c’è l’obbligo di proseguire con l’aborto chirurgico. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo". "Rimango allibito dall'atteggiamento dell'Aifa" ha anche detto Sgreccia e "spero - ha aggiunto - che ci sia un intervento da parte del governo e dei ministri competenti" perché la pillola abortiva RU486 "non è un farmaco, ma un veleno letale".
La pillola "ha effetto abortivo, quindi valgono - prosegue Sgreccia - tutte le considerazioni che valgono quando si parla di aborto volontario. C’è, inoltre, un’aggravante che dovrebbe far riflettere anche chi appoggia la legalizzazione dell’aborto chirurgico, ed è il rischio per la madre. Più di venti donne sono morte per effetto della somministrazione di questa sostanza. Questo farmaco assume, quindi, la valenza del veleno. È una sostanza non a fine di salute, ma a fine di morte. Si va contro la regola fondamentale della vita della madre. Bisognerebbe, per questo motivo, sospendere tutto. Inoltre - prosegue il vescovo - si cerca di scaricare sulla donna sola la responsabilità della decisione. Si torna a una forma di privatizzazione dell’interruzione di gravidanza. All’inizio si è legalizzato l’aborto proprio per toglierlo dalla clandestinità, ora il medico se ne lava le mani e il peso di coscienza ricade sulla donna".
Sgreccia poi non ha dubbi sulle cause che spingono l’Aifa alla liberalizzazione del farmaco: si tratta, secondo il presule, di "pressioni politiche ed economiche".


COS'E' E COME SI USA LA PILLOLA RU486
Da oggi anche in Italia, una donna che decide di abortire nelle prime settimane di gravidanza avrà la possibilità di scegliere tra l’aborto chirurgico e quello farmacologico, come quasi in tutta Europa. Sempre nel rispetto totale della Legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro Paese. La cosiddetta pillola abortiva potrà essere somministrata solo in ambito ospedaliero e con obbligo di almeno un giorno di ricovero. Insomma non sarà un farmaco da utilizzare a casa, lontano dal controllo medico. Ci vorranno 14,28 euro per acquistare dalla casa produttrice Exelgyn la confezione da una compressa di Ru486 e 42,80 per quella da tre.

Come funziona l’aborto farmacologico - L’aborto farmacologico è un’opzione non chirurgica per le donne che intendono interrompere la gravidanza entro la 12esima settimana, così come vuole la Legge 194. "Il farmaco che si somministra – spiega il professor Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di Ginecologia e ostetricia – si chiama mifepristone (Ru486 è il suo nome commerciale) e agisce sul progesteone, un ormone che favorisce e assicura il mantenimento della gravidanza per le sue diverse azioni sulle strutture uterine, bloccandone l’azione". Per aumentare l’efficacia della molecola – si legge sul dossier dell’Aifa RU486: efficacia e sicurezza di un farmaco che non c’è – serve un’altra sostanza: la prostaglandina (il prodotto più usato è il misoprostol). L’associazione mifepristone/misoprostol rappresenta la modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto medico ed è stata inserita nell’elenco dei farmaci essenziali per la salute riproduttiva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2006.

Si assumono due compresse - "In pratica la paziente assume due farmaci: il mifepristone prepara il terreno e la prostaglandina, somministrata due giorni dopo, provoca l’espulsione del materiale abortivo entro poche ore. In qualche caso – aggiunge Silvio Viale, il medico che ha condotto la sperimentazione della Ru486 all’Ospedale Sant’Anna di Torino – l’espulsione può verificarsi già prima dell’assunzione della prostaglandina o nei giorni successivi. Una seconda dose di prostaglandina riduce la percentuale di espulsioni tardive e aumenta l’efficacia". L’espulsione del materiale abortivo avviene mediante sanguinamento e contrazioni. In pratica è come se si avesse il ciclo mestruale, per alcune donne è più intenso per altre meno. Rispetto ai metodi tradizionali l’aborto con la Ru486 non richiede né anestesia né l’intervento chirurgico e, se usata correttamente, funziona nel 95% dei casi. Qualora non funzioni si deve poi ricorrere al raschiamento tradizionale.

La differenza con la pillola del giorno dopo - "Non è un contraccettivo ma un abortivo – afferma la professoressa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica dell’H. San Raffaele Resnati di Milano – questo deve essere chiaro a tutti". Il mifepristone, il vero nome della Ru486, si differenzia dalla pillola del giorno dopo (Levonorgestrel), che è solo un contraccettivo ad alto dosaggio, sia per i tempi di assunzione, sia per il meccanismo di azione. "La pillola abortiva infatti – spiega l’esperta – interferisce con i recettori per il progesterone, bloccandoli: impedendo l’azione di questo ormone protettivo della gravidanza, induce un aborto chimico. Inibisce lo sviluppo dell’embrione e favorisce il distacco ‘a stampo’ del sacco che contiente l’emrbione dalla mucosa interna dell’utero (l’endometrio), su cui proprio l’embrione si radica, con un meccanismo simile alla mestruazione".

I suoi effetti - Gli studi condotti – si legge sul dossier Aifa – riportano una serie di effetti collaterali legati principalmente all’utilizzo delle prostaglandine: il dolore di tipo crampiforme che può variare da nulla a forte e aumenta in prossimità dell’espulsione, riducendosi nettamente subito dopo. Poi nausea (34-72%), vomito (12-41%) e diarrea (3-26%). Il sanguinamento, massimo al momento dell’espulsione, è variabile per quantità e durata, con perdite ematiche che persistono per almeno una settimana e, in forma ridotta, anche più a lungo. Le complicanze severe sono rare e riconducibili al sanguinamento importante con necessità di emostasi chirurgica (0,36-0,71%). In pratica gli effetti collaterali ci sono, ma sono minori rispetto all’aborto chirurgico.

Le differenze con l’aborto chirurgico - L’aborto chirurgico, praticato legalmente in Italia da trent’anni, prevede un intervento con anestesia e ricovero. La donna deve formulare una richiesta scritta, controfirmata da un medico non obiettore. "L’operazione – spiega il dottor Viale – prevede lo svuotamento dell’utero in anestesia locale o generale. Ma non bisogna dimenticare che possono esserci delle complicazioni (come il sanguinamento) sebbene il dolore immediato sia attutito dall’anestesia". Anche il coinvolgimento della donna fa la differenza. "La paziente che sceglie l’aborto farmacologico – conclude il ginecologo – è più autonoma nell’atto. È lei infatti che assume il farmaco. Nell’aborto chirurgico invece l’azione è delegata al medico e la sofferenza attutita dall’anestesia".

[Informazioni tratte da Reuters.it, Corriere.it, Repubblica.it]

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31 luglio 2009
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