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L'antimafia ad personam

Il presidente della Camera Gianfranco Fini contrario alla richiesta di Dell'Utri sul cambiamento della legge sui pentiti

01 dicembre 2009

Parliamo ancora delle modifiche legislative in materia di antimafia (cambiamento della legge sui pentiti e un chiarimento dei confini del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) richieste e/o auspicate dal senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, e rivelate domenica scorsa durante la trasmissione "In Mezz'ora" condotta da Lucia Annunziata.
Dell'Utri, pur ammettendo un suo "evidente conflitto di interessi", intervistato dalla Annunaziata ha "reclamato" modifiche legislative di peso, destinate a dividere politica e magistratura. E che inevitabilmente fanno aumentare il livello di attesa su ciò che il pentito Gaspare Spatuzza potrebbe dire venerdì prossimo, quando deporrà al processo di appello a carico del senatore del Pdl, in merito ai presunti rapporti tra Cosa nostra con il premier Berlusconi e Dell'Utri.

Secondo il senatore Piero Longo (Pdl) è "giusta e fattibile" l'ipotesi che per iniziativa parlamentare si modifichino le norme indicate da Dell'Utri, mentre da parte del Pd, in particolare da Andrea Orlando, presidente del Forum giustizia del partito di Bersani, è una questione assolutamente da escludere. "Comprendiamo che Dell'Utri voglia difendersi da accuse pesantissime che gravano su di lui - ha detto Orlando - ma è davvero poco credibile il tentativo di ispirare modifiche alle leggi antimafia ritagliate sul suo caso. Il rischio è che qualsiasi discussione sull'adeguatezza delle norme diventi impraticabile proprio perché mossa da esigenze personali".
A sollevare pesanti dubbi sulla gestione di Gaspare Spatuzza da parte degli inquirenti è stato invece il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, secondo cui le dichiarazioni del pentito sarebbero arrivate 'a rate'.
Mantovano, presidente della Commissione che il 23 luglio 2009 ha ammesso Spatuzza al programma provvisorio di tutela, ritiene - contrariamente a quanto in passato più volte sostenuto dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso - che la legge del 2001 abbia giustamente previsto un termine di 180 giorni entro i quali il collaboratore di giustizia deve dire tutto e subito. Invece - denuncia Mantovano, facendo riferimento alle date riferite dalla stampa che ha pubblicato i verbali di Spatuzza - in questo caso le prime dichiarazioni ai magistrati risalirebbero a fine giugno del 2008 mentre i nomi di Berlusconi e Dell'Utri, durante un colloquio con i fratelli Graviano, Spatuzza li avrebbe fatti a giugno del 2009. Vale a dire un anno dopo, e non entro i previsti 180 giorni. Quindi, prima di immaginare una modifica alla legge che attualmente regolamenta circa 4000 collaboratori e testimoni di giustizia, Mantovano intende "capire se quella norma è stata applicata o no".

Le sezioni unite della Cassazione, nel 2009, con la sentenza 1149, hanno stabilito che le dichiarazioni rese dai pentiti dopo 180 giorni dall'inizio della collaborazione, sono utilizzabili ai fini investigativi e anche in dibattimento qualora, in quella sede, vengano confermate. Se il collaboratore di giustizia non le ripete al processo o si avvale della facoltà di non rispondere, non saranno contestabili.
Così da ambienti giudiziari siciliani si replica alle dichiarazioni rese dal sottosegretario Mantovano. Secondo la giurisprudenza della Cassazione la norma non impedisce che il collaboratore, citato dall'accusa in dibattimento, ripeta davanti ai giudici il contenuto delle dichiarazioni anche rese oltre il termine di legge.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini, ospite di 'Porta a porta', non condivide l'opinione del senatore Marcello Dell'Utri in favore di una nuova legge che regolamenti il fenomeno dei pentiti. Il presidente della Camera, dopo aver ricordato quanto affermato dal sottosegretario dell'Interno Alfredo Mantovano, ha dichiarato: "La legge già oggi prevede sei mesi di tempo" ambito nel quale devono essere fatte le dichiarazioni e perciò "cosa dobbiamo cambiare? La legge è quella e - ha sottolineato Fini - mi sembra che vada benissimo".
"E' evidente - ha proseguito - che tutto va garantito dalla scrupolosità e onestà della magistratura: senza le testimonianze dei pentiti sarebbe difficile accertare la verita', ma spetta ai magistrati fare la doverosa verifica".
Quanto al concorso esterno in associazione mafiosa Fini ha dissentito dal giudizio di Dell'Utri secondo il quale non sarebbe altro che la forma moderna del vecchio reato di lesa maestà e ha ipotizzato al massimo una sorta di comparabilità con il favoreggiamento aggravato.
In ogni caso Fini ha lanciato un appello: "I magistrati, verso cui tutti dobbiamo serbare grande gratitudine siano garanti del fatto che non ci si basa, nelle indagini, solo sulle dichiarazioni di qualche pentito, ma che vi sia un rigoroso riscontro nei fatti".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Corriere.it]

 

 

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01 dicembre 2009
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