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L'antimafia non demorde

Continua ad essere smantellato l'impero economico costruito all'ombra di Provenzano e Lo Piccolo

11 novembre 2008

MAXI SEQUESTRO AL PRESTANOME DI PROVENZANO - I carabinieri del Gruppo di Monreale hanno sequestrato beni per un valore complessivo di 100 milioni di euro. Si tratta di immobili e appezzamenti di terreni riconducibili all'imprenditore Salvatore Buttitta, morto nell'agosto scorso e ritenuto un prestanome del boss Bernardo Provenzano.
A Cosa nostra avrebbe "prestato" le sue cave per incontri di mafia: luoghi insospettabili dove si sarebbero riuniti anche latitanti di spicco. Buttitta, godeva della totale fiducia dei vertici dei clan. Processato per associazione mafiosa, assolto e scarcerato nel 2004, ha continuato indisturbato a fare affari con le famiglie in particolare di Bagheria, feudo del boss Bernardo Provenzano, e di Caccamo, grazie ai suoi rapporti con i fratelli Rinella, a capo del mandamento. Nel mercato delle forniture edili aveva raggiunto una posizione leader che gli ha consentito di accumulare un patrimonio milionario. L'ultima tranche sequestrata era intestata a lui, alla moglie Giuseppa Avorio e ai quattro figli. Sotto sequestro sono finiti 24 terreni, adibiti a pascolo e coltivazioni, e 33 unità immobiliari.
Il provvedimento è dei giudici del tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia. I carabinieri hanno eseguito un provvedimento di sequestro di beni applicando una nuova norma del pacchetto sicurezza in cui è previsto che le misure di prevenzione patrimoniale possano essere applicate anche in caso di morte del soggetto proposto. E' una delle prime volte che si applica. [07/11/2008]

STANGATA AL RE "GRATTA E VINCI" -
I poliziotti dell'ufficio misure di prevenzione della Questura di Palermo hanno sequestrato beni per un valore complessivo di due milioni e mezzo di euro riconducibili a Giovanni De Simone, 46 anni, arrestato per associazione mafiosa lo scorso febbraio nell'operazione 'Old Bridge' dalla Squadra mobile.
Si tratta di aziende, beni immobili e mobili e conti correnti. Il provvedimento è stato emesso dai giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale, che hanno accolto la proposta avanzata dal questore, Alessandro Marangoni, il quale aveva disposto accertamenti sul patrimonio di De Simone, considerato referente degli investimenti della cosca di Brancacccio. L'uomo era stato individuato dalla polizia nelle intercettazioni dell'operazione e in particolare quelle di Andrea Adamo, allora reggente della famiglia mafiosa di Brancaccio. L'analisi delle conversazioni e le indicazioni desunte dallo studio dei 'pizzini' di Bernardo Provenzano, hanno permesso di ricostruire il ruolo di primo piano rivestito da De Simone nell'ambito della cosca di Brancaccio, legata al capo mafia Salvatore Lo Piccolo.

Le indagini della polizia di Stato che hanno permesso di portare al sequestro di beni per un valore di due milioni e mezzo di euro, hanno fatto emergere come la cosca mafiosa di Brancaccio avesse cominciato a inserirsi in un settore economico legale in continuo sviluppo come quello delle lotterie istantanee "Gratta e Vinci". I boss si sarebbero serviti di una società intestata a Giovanni De Simone, la "Game Distribuzione di De Simone Giovanni". Per gli investigatori questo sistema comportava l'imposizione, agli esercizi commerciali che ne curano la vendita al minuto, dell'acquisto dei tagliandi della lotteria istantanea da parte della società di De Simone, secondo la logica tipica del sistema mafioso. [08/11/2008]

Fonte: La Siciliaweb.it

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11 novembre 2008
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