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L'apocalisse di un Paese che non c'è più

Ad Haiti cresce la paura: epidemie e rivolte dietro l'angolo. Rintracciati oltre 170 italiani sull'isola

16 gennaio 2010

Sono saliti ad oltre centosessanta gli italiani contattati ad Haiti e ne mancano all’appello una ventina. Sono questi al momento i numeri sui quali sta lavorando l’Unità di crisi della Farnesina.
"Stiamo lavorando per completare il quadro il prima possibile", ha detto il capo dell'Unità di Crisi Fabrizio Romano che ha pure ricordato come da ieri un team italiano è sul posto per verificare la situazione dei connazionali anche attraverso sopralluoghi, sia casa per casa, sia presso gli hotel, gli ospedali e gli obitori. Dal ministero non giunge nessuna conferma sul fatto che ci sarebbero cinque o sei i connazionali per la cui sorte si nutrono maggiori preoccupazioni.
Al momento non risultano italiani tra le vittime del crollo dell'Hotel Montana. Lo riferiscono i soccorritori spagnoli e francesi. Si sta scavando per cercare di recuperare superstiti ancora intrappolati nell'albergo, sulle colline di Port-au-Prince. Tenuto conto del clima di grande confusione che regna in queste ore nella capitale haitiana, i soccorritori sottolineano che questo dato non può essere considerato definitivo.
"Abbiamo rintracciato 176 italiani, 21 risultano dispersi. Per una persona è confermato il decesso", ha affermato il ministro degli Esteri Franco Frattini. "Vi sono altre tre italiani, di cui uno risulterebbe essere sotto le macerie di un supermercato mentre per due funzionari dell'Onu si hanno serie preoccupazioni", ha aggiunto il ministro che ha anche riferito: "Abbiamo fatto un appello attraverso i mezzi di informazione a tutta la comunità italiana di recarsi al consolato onorario d'Italia,in vista di una eventuale evacuazione".

Mimmo Porpiglia, già console onorario di Haiti in Italia, in costante contatto con i familiari sull'isola devastata dal terremoto, all'Adnkronos ha detto: "La situazione è catastrofica. Primo perché è crollato il carcere e ci sono 7mila detenuti della peggiore specie che sono in giro per il Paese, armati. Spero che la gente non vada in giro perché è pericolosissimo. Inoltre manca l'acqua e la luce, e mancano i viveri. Sappiamo che gli italiani, quei pochi che noi continuiamo ad ascoltare fin quando non termineranno le batterie dei satellitari, sono chiusi nelle loro case perché hanno paura anche di uscire e chiedono a noi notizie sugli aiuti e per sapere che cosa devono fare". "L'isola purtroppo è un cimitero a cielo aperto - ha proseguito il direttore del quotidiano 'La Gente d'Italia' - si continua a morire e purtroppo mancano le ruspe per tirar fuori i corpi. E' un dramma. Io è da 45 anni che frequento quell'isola - ha aggiunto - dove ho parenti e amici. Di italiani ce ne sono tanti ma per fortuna è tutta gente che sa come vivere, destreggiarsi e muoversi". "Alcuni italiani tra cui anche dei nostri cugini - ha concluso - stanno cercando di incontrarsi per procurarsi benzina in modo da mettere in moto qualche generatore e poter ricaricare i cellulari".

Ed è un vero e proprio inferno l'isola caraibica del dopo terremoto. Nelle strade è un ammasso di corpi e macerie, il passaggio è ostruito, ovunque l'odore del sangue. Bambini anche molto piccoli vagano da soli, storditi, disperati. Si cerca di contare le migliaia di vittime e si scava incessantemente per tentare di salvare i dispersi. E' l'apocalisse di un Paese che non c'è più.
Sono migliaia gli haitiani che continuano a passare le notti all'addiaccio e la disperazione per i soccorsi che tardano ad arrivare si diffonde tra la popolazione. Tra i corpi ancora disseminati per strada a Port-au-Prince, in attesa di essere caricati sui camion e trasferiti al General Hospital, nel punto di raccolta, molta gente circola con un fazzoletto davanti alla bocca per non respirare l'aria che si è fatta mefitica. Testimoni hanno riferito che la gente esasperata ha usato i corpi delle vittime del sisma per formare blocchi stradali, nella disperata protesta di chi chiede con urgenza acqua e cibo.
"L'entità del disastro ha superato qualsiasi capacità", ha detto Paul Garwood, rappresentante dell'Organizzazione mondiale della sanità. L'Oms ha sconsigliato la creazione di fosse comuni e la cremazione di corpi, poiché queste pratiche renderebbero più difficile l'identificazione delle vittime.
Tutto il mondo si sta mobilitando per questa terra, già piegata da povertà, calamità naturali e instabilità politica. Le comunicazioni sono quasi impossibili, la voce della tragedia arriva attraverso internet. Ad Haiti serve tutto: mezzi meccanici per gli scavi e la rimozione dei cumuli di massi e cadaveri, viveri e medicinali salvavita. Le epidemie di tifo e colera sono in agguato. Mentre banditi e sciacalli sono già entrati in azione.
Sul rischio di epidemie, "certo il clima tropicale non aiuta", spiega all'Adnkronos Salute Francesco Blangiardi, presidente della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti). "Occorre intervenire immediatamente con sistemi di depurazione dell'acqua - avverte - altrimenti si rischia letteralmente il collasso". C'è il pericolo che si diffondano febbre tifoidea, colera, tetano e peste. I cadaveri sono ovunque e "occorre sotterrarli in fretta - avverte ancora Blangiardi - e coprire le fosse con la calce per evitare fenomeni di putrefazione".

Le Nazioni Unite hanno reso noto che le scorte alimentari accumulate ad Haiti prima del terremoto sono state "saccheggiate". "A questo punto stiamo cercando di dare alle persone il cibo che abbiamo nelle nostre mani", ha dichiarato una portavoce del Programma alimentare mondiale, Emilia Casella. L'agenzia dell'Onu ha inoltre informato che i sacchi di plastica per i cadaveri delle vittime del sisma sono finiti.
Nel sisma hanno perso la vita anche diversi ministri ed esponenti politici, tra cui il titolare della Giustizia, Paul Denis, e l'esponente dell'opposizione Michel Gaillard. E' morto anche il numero due della missione di stabilizzazione dell'Onu per Haiti (Minustah), il brasiliano Luiz Carlos da Costa.
Nella devastazione qualche bagliore di speranza. I soccorritori al lavoro a Port-au-Prince hanno estratto 23 superstiti dalle macerie dell'hotel Montana, dove risiedevano la maggior parte dei funzionari internazionali in missione ad Haiti. Tratto in salvo anche un bambino di due anni recuperato da sotto le macerie della sua casa a Port-au-Prince. Il piccolo, già diventato simbolo della speranza nella città rasa al suolo, è stato recuperato da un soccorritore spagnolo, che lo ha portato subito fra le braccia della madre.

Ad Haiti è arrivata la portaerei Usa 'Carl Vinson' con mille soldati e 19 elicotteri. Gli Stati Uniti hanno inviato altre sei navi, tra le quali tre unità anfibie dotate di elicotteri e una nave ospedale.
L'uomo incaricato da Barack Obama di essere "il coordinatore unico" della risposta americana al disastro ad Haiti è un medico 36enne di origine indiana. Rajiv Shah si era insediato da appena cinque giorni alla guida dell'Usaid, la cooperazione statunitense, quando martedì scorso è stato convocato alle 10 di sera nella Situation Room della Casa Bianca per la prima riunione per avviare quella che Obama ha definito "una delle più grandi operazioni umanitarie della storia recente".
Il governo dell'Avana ha acconsentito a mettere a disposizione il proprio spazio aereo. In questo modo i voli umanitari dei militari americani per evacuare da Guantanamo alla Florida le vittime del terremoto di Haiti potranno sorvolare l'isola di Cuba. Lo ha riferito il portavoce della Casa Bianca, Tommy Vietor. L'accordo raggiunto per ragioni umanitarie permetterà di ridurre la durata dei voli Usa che normalmente devono decollare e tenersi lontani dallo spazio aereo cubano, girando intorno all'isola prima di fare rotta verso la Florida.
Intanto Jean Bertrand Aristide, l'ex presidente di Haiti che vive in esilio in Sudafrica dopo le violente rivolte del 2004, si è detto pronto a ritornare per "aiutare nella ricostruzione" del suo paese.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa.it, Aise]

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16 gennaio 2010
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