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L'apparenza e la realtà. L'emergenza abitativa a Palermo (30/10/2007)

31 ottobre 2007

di Gianni Notari

Giuseppe Balsamo, sotto alcuni aspetti, può rappresentare la metafora di una città che cerca di apparire diversa da quello che è, che vive di alchimie e di inganni; una città che cerca disperatamente di nascondere una vera identità che, però, alla fine riemerge. La fama e la farsa. L'apparenza e la realtà. A Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, è dedicata una mostra, ubicata all'ingresso di Palazzo delle Aquile, dinanzi alla quale passa chi vuole salire al primo piano dello stesso Palazzo. Qui c'è l'aula consiliare, da diversi giorni occupata da alcune famiglie senza casa e da altre che rivendicano l'erogazione dei sussidi dell'assistenza continuativa. Con questa nuova presenza l'austera immagine del Palazzo, usualmente abitato dalle élite del potere, si trasfigura per mostrare la precarietà nascosta nella città. Oggi, fra gli scanni dell'aula ci sono bambini che non giocano, c'è la disperazione di un'emarginazione quotidiana. Ci sono uomini e donne che chiedono di essere ''presenza'', di portare all'attenzione dell'amministrazione e dell'opinione pubblica, la problematicità di una situazione familiare senza una casa, senza una ''porta'' che delimiti spazi di intimità all'interno della quale essere coppia.

Diciotto famiglie senza casa. Può sembrare un problema irrilevante, circoscritto, non significativo dal punto di vista del ''peso elettorale''. Sono ''solo'' diciotto famiglie, e per giunta appartengono alla parte più povera ed emarginata della città, quella che si vuole negare e dimenticare. La Palermo misera che vive di espedienti, per cui la deprivazione non è solo economica ma è diffusa, lacerante. Sono famiglie costrette a vivere alla giornata, di quello che trovano, di artifici, a volte borderline rispetto alla legalità. E' la Palermo ''altra'', quella dei ''brutti, sporchi e cattivi'', la Palermo che non fa tendenza, che non è cool.
Come giustamente osservato dal Sindaco, queste famiglie non esauriscono la portata di un problema che è molto più vasto. Si potrebbe aggiungere, però, che in questi anni il problema non è stato trattato in maniera organica, con l'attuazione di una politica abitativa adeguata alla città. Così è divenuto emergenza e la protesta appare l'unico modo per essere ascoltati. Oggi, la situazione con la quale ci si confronta non può e non deve rappresentare il casus belli per sterili lotte fra partiti quanto piuttosto uno stimolo verso l'adozione di nuove politiche che vedano la compartecipazione dei diversi soggetti coinvolti. Solo così sarà possibile superare l'emergenza e ristabilire la legalità. Per far fronte alle esigenze sociali che affliggono questa città, innanzi tutto, sono necessari interventi mirati, inseriti in una strategia complessiva che affronti le situazioni drammatiche ma si disponga, al contempo, all'adozione di una prospettiva di medio-lungo termine, capace di incidere in maniera strutturale sulle criticità. Si tratta cioè di avviare un programma di azioni politiche e amministrative che portino la città fuori dalla crisi e consentano di gestire in maniera innovativa il problema abitativo.

Il primo passo è la risoluzione dell'emergenza. La condizione esistenziale in cui versano le famiglie senza casa richiede risposte immediate, non sono più possibili dilazioni senza termine. Una soluzione concreta e con un costo limitato per l'amministrazione comunale - ma anche particolarmente efficace da un punto di vista simbolico - appare il ricorso alle case confiscate alla mafia. In questo patrimonio edilizio potrebbero essere individuate delle unità abitative per porre fine ad una vicenda che va ormai avanti da troppi anni, dando finalmente uno spazio domestico a bambini che non ne conoscono ancora il significato.
Il secondo passo consiste nell'intraprendere percorsi partecipati finalizzati all'individuazione di soluzioni che si affianchino alla tradizionale edilizia popolare e, auspicabilmente, non gravino in maniera totale sulle casse dell'amministrazione comunale, ormai alla soglia del dissesto finanziario, ma si muovano lungo percorsi innovativi, con la partecipazione, per esempio, del micro-credito e delle stesse famiglie. Numerose sono le buone pratiche in tal senso, fra le quali l'auto-costruzione. Si tratta di uno strumento che, attraverso l'abbattimento dei costi, consente l'accesso alla casa a chi non ha la possibilità di far fronte ai prezzi di mercato e, al contempo, stimola la cooperazione e la partecipazione dei nuclei familiari. Una tale pratica, inoltre si porrebbe all'interno di un più ampio progetto finalizzato a stimolare la produzione di capitale sociale e a lottare contro la cultura del mero assistenzialismo.
Perché ciò accada, però, sono necessari interlocutori istituzionali che possano dare risposte all'emergenza abitativa, senza fumosità e senza retorica populista. A tal fine appare auspicabile la convocazione di un Tavolo tecnico che manifesti la concreta volontà di porsi in un'ottica progettuale, innovativa, orientata ad una nuova gestione del territorio e all'elaborazione di nuovi modelli integrativi fra politiche sociali e urbane. Tale auspicio è rivolto, innanzitutto, al Sindaco e alla sua giunta - principali interlocutori di un processo che deve avere nell'amministrazione cittadina il suo perno - ma anche alle altre forze politiche, agli stakeholder a diverso titolo coinvolti, perché si intraprenda un progetto finalmente innovativo che traghetti questa città verso nuovi scenari sociali e urbani.

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31 ottobre 2007
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