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L'assegno di Berlusconi a don Vito Ciancimino

Sembra che all'inizio degli anni '80 l'attuale premier ha consegnato un assegno milionario all'ex sindaco di Palermo

14 settembre 2010

Fino al mese scorso era sfuggito ad ogni perquisizione. Alla fine Massimo Ciancimino ha "girato" ai pm un assegno di 35 milioni di lire emesso da Silvio Berlusconi a favore del padre, Vito, per l’acquisto di tessere della Dc da parte del leader del gruppo che prendeva il nome dallo stesso ex sindaco mafioso di Palermo. Il titolo di credito risale al periodo ’79-’83 e all’epoca Berlusconi non era ancora in politica, ma che comunque avrebbe contribuito a rafforzare la Dc.
Tra le carte, anche una lettera-sfogo manoscritta da don Vito in cui l’ex primo cittadino del capoluogo isolano scriveva di essere "figlio della stessa lupa" di Berlusconi e Dell’Utri ma di essere l’unico condannato "per questioni geografiche".

La notizia è di Riccardo Arena in un articolo su La Stampa: "Sei anni dopo il colloquio in cui Massimo Ciancimino e la sorella Luciana ne parlavano al telefono, spunta l’«assegno del presidente» destinato a Vito Ciancimino. Il «presidente», in realtà, quando avrebbe firmato quel titolo di credito (all’inizio degli anni '80), non era ancora in politica, ma l’imprenditore Silvio Berlusconi era pur sempre il numero uno delle tv commerciali in Italia. La fotocopia dell’assegno da 35 milioni di lire, risalente al periodo compreso tra il 1979 e il 1983, è venuta fuori dal quanto mai capiente archivio di don Vito: sfuggita a perquisizioni e sequestri («Nemmeno io sapevo dove fosse», chiosa Massimo Ciancimino), è stata ritrovata dalla vedova dell’ex sindaco di Palermo, condannato per mafia e corruzione e morto nel 2002″.
Altro denaro, sempre in contanti e in assegni, sarebbe stato incassato da Ciancimino senior pure da altri due imprenditori-editori, Giuseppe Ciarrapico e Gaetano Caltagirone.
C’è pure altro materiale, su cui la Procura sta lavorando: innanzitutto un presunto pizzino di Ciancimino a Bernardo Provenzano, a proposito di finanziamenti (cento milioni di lire) che ancora Berlusconi, o esponenti di Forza Italia, avrebbero versato ai boss in occasione delle elezioni del 2001. [Informazioni tratte da Ansa, GdS.it, LiveSicilia.it]

L'assegno di Berlusconi a don Vito
di Riccardo Arena (La Stampa, 14/09/10)

Sei anni dopo il colloquio in cui Massimo Ciancimino e la sorella Luciana ne parlavano al telefono, spunta l'«assegno del presidente» destinato a Vito Ciancimino. Il «presidente», in realtà, quando avrebbe firmato quel titolo di credito (all'inizio degli anni '80), non era ancora in politica, ma l'imprenditore Silvio Berlusconi era pur sempre il numero uno delle tv commerciali in Italia. La fotocopia dell'assegno da 35 milioni di lire, risalente al periodo compreso tra il 1979 e il 1983, è venuta fuori dal quanto mai capiente archivio di don Vito: sfuggita a perquisizioni e sequestri («Nemmeno io sapevo dove fosse», chiosa Massimo Ciancimino), è stata ritrovata dalla vedova dell'ex sindaco di Palermo, condannato per mafia e corruzione e morto nel 2002.
Epifania Silvia Scardino, accompagnata dallo stesso figlio Massimo, alla fine di luglio l'aveva consegnata ai pm Nino Di Matteo e Paolo Guido, assieme ad annotazioni del marito, che parlano pure di altri 25 milioni in contanti di identica provenienza: Silvio Berlusconi. Altro denaro, sempre in contanti e in assegni, sarebbe stato incassato da Ciancimino senior pure da altri due imprenditori-editori, Giuseppe Ciarrapico e Gaetano Caltagirone. Sempre allo stesso scopo: «Acquisto tessere periodo '79-'83», scriveva don Vito, che all'epoca era molto discusso, ma non era ancora finito in cella. La corrente dc dell'ex sindaco allora aderiva a quella andreottiana, dalla quale fu poi estromessa: il finanziamento poteva essere indirizzato allora a sostenere il gruppo politico di Giulio Andreotti, cui Ciarrapico, in particolare, era molto legato.
Berlusconi era accreditato invece di simpatie e di intensi legami con il Psi. Perché, dunque, questa trasversalità? Fra le carte consegnate ai magistrati dell'indagine sulla trattativa fra mafia e Stato, ce ne sono anche altre - tutte da approfondire e sviscerare - che potrebbero fare pensare a presunti legami, interessi comuni, collegamenti fra l'attuale premier o esponenti del suo entourage, come Marcello Dell'Utri, con don Vito. «Io, Dell'Utri e Berlusconi siamo figli della stessa lupa», si legge infatti in una pagina scritta a macchina e la cui paternità è attribuita, ma non con certezza, da Massimo Ciancimino al padre: nella facciata retrostante, che si apre con il consueto sfogo («Sono un perseguitato»), l'ex assessore ai Lavori pubblici del Sacco di Palermo scrive di pugno, con la sua inconfondibile grafia.
I pm del pool coordinato da Antonio Ingroia si muovono comunque con cautela: «Io - si legge nel dattiloscritto - sono stato condannato e loro, Berlusconi e Dell'Utri, assolti per questioni geografiche», perché a Palermo e a Milano la giustizia sarebbe stata amministrata in modo diverso.
C'è pure altro materiale, su cui la Procura sta lavorando: innanzitutto un presunto pizzino di Ciancimino a Bernardo Provenzano, a proposito di finanziamenti (cento milioni di lire) che ancora Berlusconi, o esponenti di Forza Italia, avrebbero versato ai boss in occasione delle elezioni del 2001. Protagonista di queste nuove puntate delle indagini è la madre di Massimo Ciancimino, anziana e malata, che ha pure ricordato presunti incontri tra il marito e il Cavaliere, a Milano, negli anni '70.

 

 

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14 settembre 2010
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