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L'Assemblea regionale siciliana ha respinto la sfiducia a Cuffaro, ma il governatore è tormentato...

25 gennaio 2008

Il governo nazionale, mancante della fiducia, è caduto. E' rimasto invece in piedi quello regionale, visto che ieri l'Assemblea regionale siciliana ha respinto, la mozione di sfiducia presentata dal centrosinistra nei confronti del presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, condannato venerdì scorso a 5 anni per favoreggiamento semplice e rivelazione di segreti d'ufficio.
All'Ars erano presenti 87 deputati su 90, 86 hanno votato, uno si è astenuto, favorevoli alla mozione sono stati in 32, contro i 53 deputati che hanno votato contro. La votazione è avvenuta per appello nominale.
Il voto è arrivato dopo una lunga seduta iniziata ieri mattina intorno alle 10 e 30. Il presidente dell'assemblea siciliana, Gianfranco Miccichè, ha votato no alla sfiducia, nonostante nei giorni scorsi avesse manifestato perplessità sulla opportunità da parte del presidente della Regione di restare in carica. Tutto il centro sinistra presente in aula ha votato per il sì.
"Dopo avere ascoltato i numerosi interventi in quest'aula rifletterò in questi giorni sul da fare". Ha detto il presidente della Regione siciliana. Cuffaro ha elencato uno per uno i parlamentari che lo hanno difeso in aula e ha affermato di "avere consapevolezza dei tanti errori commessi. Ma l'ho fatto in buona fede. Non so se sarò capace di distinguere gli aspetti privati da quelli politici, ma sono fatto così".

In mattinata, intervendo all'Ars, Cuffaro aveva detto: "So di essere stato condannato con una sentenza durissima e sento una grande confusione. Non so se sia più corretto assecondare la giusta protesta che sta montando o se restare come mi chiedono decine di migliaia di siciliani".
Cuffaro ha cercato di spiegare i dubbi che lo hanno attegnalato in questi giorni in merito alla richiesta delle sue dimissioni. "Ho provato un leggero conforto - ha aggiunto Cuffaro - dopo la lettura della sentenza, è vero. Ma provate a pensare cosa ho passato negli ultimi cinque anni, quando la sera mi trovavo solo. Non auguro a nessuno, e soprattutto a chi mi ha attaccato, di provare quello che ho provato dal 2003 a oggi". "Per quanto riguarda la vicenda dei cannoli - ha detto il Governatore - continuo a ribadire che mi ero limitato a spostare quei vassoi che mi erano stati regalati. Tutti i giornalisti presenti ne sono testimoni". "Non sono stato rispettato come cittadino, ma violentato a partire dalla storia dei cannoli", ha aggiunto Cuffaro.
Il governatore ha poi attaccato il comportamento della magistratura: "Hanno messo vent'anni della mia vita sotto osservazione. Hanno indagato su 2 milioni e 800 mila telefonate, nelle quali non hanno trovato nessun incrocio con indagati per mafia, tanto che i pm non hanno portato al processo i tabulati mentre lo ha fatto la mia difesa".

Cuffaro ha spiegato che la prima imputazione nei suoi confronti parlava anche di due fatti di corruzione che coinvolgevano Salvo Lima al tempo in cui era deputato europeo: "Mi hanno contestato - ha detto - che nel dicembre del '93 18 mesi dopo che Lima era morto, io avrei utilizzato un decreto da lui emesso (ma non mi risulta che i parlametari europei emettano decreti) che avrei girato ad un imprenditore per fargli un favore. In quell'occasone avrei avuto tutto il diritto di mettermi a gridare. Se non l'ho fatto e per il rispetto che ho sempre portato alla magistratura e allora ho ingoiato anche queste cose".
"Non ho dato notizie che non potevo dare. Ma ammesso che io l'abbia fatto, dov'è il reato di mafia? Su Domenico Miceli (ex assessore comunale di Palermo condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) nel 2001 non pendeva alcuna indagine. L'unico suo demerito era quello di aver fatto parte della maggioranza durante la sindacatura di Leoluca Orlando", ha proseguito Cuffaro.
"Nel periodo in cui avrei dato notizie a Michele Aiello", condannato venerdì scorso a 14 anni per associazione mafia, nello stesso processo in cui è stato coinvolto Cuffaro, "egli non era indagato - ha aggiunto il governatore - e una settimana prima era andato a cena con il pm Antonio Ingroia, il quale nega la circostanza e minaccia di querelarmi. Lo faccia, ma io sono certo di quello che dico, perchè a quella cena ero invitato e decisi di non andare". "Qualcuno mi spieghi - ha concluso Cuffaro - in che modo e quando io avrei favorito dei mafiosi".

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25 gennaio 2008
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