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L'Eni e Gela, al centro dell'attenzione

Confindustria Sicilia condanna gli allarmismi: "Non bisogna bagnarsi prima che piova..."

14 luglio 2014

La cittadina di Gela, che ha dato i natali al presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e che, all’inizio degli anni ‘60, con la costruzione e l’avvio del Petrolchimico sembrava dovesse tracciare una mappa assolutamente diversa dell’industria e della ricchezza in Italia, rispetto a quella che poi è stata effettivamente disegnata nei vari decenni successivi fino ad oggi, in queste settimane è stata al centro dell’attenzione per due importanti motivi: l’ipotizzata chiusura della raffineria Eni e l’ipotizzata "secessione" dalla provincia di Caltanissetta con la conseguente adesione al libero consorzio di comuni di Catania di cui parleremo in un altro articolo.

Per quanto riguarda la chiusura dell’Eni, l’ultimo commento di rilievo è quello del presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, dopo che nei giorni scorsi il governatore siciliano, senza usare mezzi termini ha detto: "Difenderò la raffineria di Gela e i lavoratori fino alla fine, a costo di apparire come l'ultimo Samurai o come l'ultimo giapponese del secondo conflitto mondiale". Montante, intervistato dal quotidiano La Sicilia, ha fatto le sue previsioni in merito al futuro dello stabilimento di Gela tentando di smorzare i toni e condannando ogni tipo di allarmismo. "Non bagniamoci prima che piova. Impariamo a leggerli, i piani industriali", soprattutto per quanto riguarda "i numeri degli investimenti e dei livelli occupazionali". "Un piano industriale serio può significare sviluppo per i prossimi vent'anni", ha sottolineato Montante, per il quale non c'è "nessuna fuga" di Eni in vista, mentre le minacce di stop alle autorizzazioni e di richiesta di danni ambientali rischiano di "spaventare chi vuole venire a investire in Sicilia".

L'ipotesi di desertificazione industriale nell'Isola secondo Montante c'è, ma dipende da altri fattori: "E noi faremo i nomi e i cognomi di chi in Sicilia blocca gli investimenti per cavilli ideologici obsoleti".
"Le aziende possono riconvertire, diversificare, cambiare le linee di produzione. Reinventarsi, insomma, per restare sul mercato nel lungo periodo - ha spiegato il presidente di Confindustria Sicilia -. È necessario comprendere che il mondo si è rimesso in moto e che per essere competitivi bisogna stare al passo con i cambiamenti e, dove possibile, anticiparli. In Sicilia, invece, si continua a parlare restando fermi. Tutti controllano tutto, perché nulla si faccia. E questo immobilismo sta devastando la nostra economia, e quindi imprese e lavoratori. Bisogna far capire a chi governa gli effetti devastanti della mancanza di competitività. I territori devono essere ospitali e accoglienti. In una sola parola: attrattivi. Viceversa, continueremo ad assistere a processi di deindustrializzazione. Per quanto riguarda Gela, bisogna partire da un dato: il sito industriale può contare su lavoratori bravi e specializzati e le aziende di questo tengono sempre conto, compresa l'Eni".

Riguardo all'atteggiamento da tenere con Eni, per Montante "mettendo in capo solo ostilità non si risolvono i problemi e non si tutelano i lavoratori. Un piano industriale serio può significare sviluppo per i prossimi vent'anni. Ma bisogna avere la volontà di comprendere i cambiamenti ed essere aperti al dialogo. Possiamo decidere di chiedere a qualsiasi azienda eventuali danni causati nel passato, ma questo non servirà sicuramente a tutelare posti di lavoro e aziende. E, soprattutto, faremo spaventare chi vuole venire a investire in Sicilia. Confido nel senso di responsabilità collettivo e nella sensibilità sindacale e di tutte le altre istituzioni, perché solo così sarà possibile contribuire al rilancio del sito attraverso accordi innovativi improntati alla produttività e alla flessibilità".
Secondo Montante, per scongiurare il rischio di desertificazione "industriale occorre un rilancio della competitività sui mercati: interno e globale. È per questo che Confindustria Sicilia continua a chiedere non aiuti, ma regole chiare e sburocratizzazione, eliminando quegli imbuti creati ad hoc che non fanno altro che alimentare mafia e corruzione. Anche perché, è bene ricordarlo, se noi arretriamo, c'è chi avanza". "Sicuramente oggi non è più possibile immaginare una qualsiasi attività imprenditoriale, senza valutarne l'impatto ambientale. La tutela del territorio è una priorità per tutti - ha detto ancora -. Ma bisogna mettere le imprese nelle condizioni di investire. Questo significa, innanzitutto, tempi certi della burocrazia. Che ci siano regole chiare, anche sul rispetto dell'ambiente. Le aziende le rispetteranno. Ma non potranno fare nulla se, solo per fare un esempio, per ottenere un'autorizzazione sono costrette ad aspettare anni".

Crocetta, che passa come un amico di Montante, non l’ha presa bene la difesa d’ufficio del presidente di Confindustria Sicilia. "Non è la strada - afferma -. Certo, Montante fa il suo mestiere, difesa d’ufficio degli industriali, ma questo non ha niente a che vedere con gli interessi della Sicilia".
Il governatore aveva infatti mandato a dire al board dell’Eni che l’altalena di decisioni, lo stop and go degli ultimi mesi, e soprattutto la scelta più recente, ripensare gli investimenti annunciati (700 milioni di euro), con la possibile chiusura dell’impianto e la perdita di migliaia di posti di lavoro, non sarebbe stata senza conseguenze. Crocetta ha avvertito, chiaro e tondo, che le autorizzazioni per la ricerca, le trivellazione e l’estrazione degli idrocarburi sarebbero stati la prima ritorsione difronte a tanta inaffidabilità. Poi ha ricordato ciò quanto la legge prescrive se si abbandona un sito industriale, e cioè il ripristino dei luoghi, con costi dell’ordine di miliardi di euro per l’Eni. Non, dunque, un’azione di rivalsa ed una richiesta di danni, generica e dall’esito incerto, ma il rispetto della legge vigente. La preoccupazione è proprio questa: se l’Eni non vuole investire ma non può abbassare la saracinesca, perché gli costerebbe un occhio della testa, potrebbe prevalere la terza opzione, il galleggiamento, un lento declino con una emorragia di posti di lavoro costante, a cominciare dagli impianti di raffinazione. Se il disegno è questo, lo temono a Gela, una linea di paziente attesa e di fiducia, perorata dal presidente di Confindustria, appare la meno adatta, perché di fatto "concilia" il sonno dell’Eni. Il rischio è che vengano cancellati i posti di lavoro e rimangano i miasmi.

A replicare al presidente di Confindustria Sicilia anche la Cgil per voce del segretario generale regionale, Michele Pagliaro: "Montante parla di un piano industriale dell’Eni che forse in questo momento è a lui noto nei dettagli ma non lo è al sindacato che ha solo avuto annunciato dismissioni e per questo ha rotto le trattative. E usa questo argomento mettendo avanti pregiudizi e pregiudiziali nei confronti di chi giustamente ha avviato una battaglia per il mantenimento dei siti siciliani: i lavoratori, il sindacato, le istituzioni, la Chiesa".
"I piani industriali - aggiunge Pagliaro replicando a Montante - non vanno letti tra le righe, ma devono contenere impegni certi su cui trattare, solo a queste condizioni il sindacato dà la sua disponibilità". Il segretario della Cgil rileva ancora che "Montante mette assieme due argomenti: dice che Eni vuole investire per rilanciare i siti siciliani e questo a noi non è dato sapere. Parla poi dell’eccesso di burocrazia, del problema delle autorizzazioni, di un’attitudine siciliana a non anticipare i cambiamenti, individuando in questi problemi un freno agli investimenti privati, che puntano in genere su realtà attrattive. Voglio sottolineare che su questi temi non solo ci troviamo d’accordo ma sono parte consistente delle battaglie del sindacato. Quello che certamente non comprendiamo è l’invito a un atteggiamento più morbido da parte di Montante nel momento in cui si prospetta la chiusura di importanti impianti industriali".

Michele Pagliaro infine chiede: "Perché così si spaventerebbe chi vuole investire qui? Forse - ha concluso il segretario della Cgil - si sarebbe fatto meglio a mettere prima paletti precisi con le aziende, anche da parte delle istituzioni, su investimenti, livelli occupazionali e ambiente. Tutto questo non significa che in Sicilia l’amministrazione fa il suo dovere, i passi da fare per mettere le aziende in condizione di investire senza problemi o paure sono infatti ancora tanti. Se oggi anche le aziende dello Stato come l’Eni scappano dalla Sicilia senza nessuna esitazione, tutti siamo chiamati a interrogarci e a lavorare per rimuovere gli ostacoli, che sono ostacoli allo sviluppo".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, SiciliaInformazioni.com, Rassegna.it]

- L'Eni congela i suoi investimenti per il Petrolchimico di Gela (Guidasicilia.it, 08/07/14)

- Rottura tra Eni e sindacati (Guidasicilia.it, 09/07/14)

- Se l'Eni vuole la guerra... (Guidasicilia.it, 10/07/14)

- Per l'Eni sarebbe più costoso risarcire Gela... (Guidasicilia.it, 11/07/14)

- Crocetta contro l'Eni, come l'ultimo Samurai (Guidasicilia.it, 12/07/14)

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14 luglio 2014
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