L'entusiasmo e la delusione ...
Smentita la cattura di Mutassim Gheddafi, figlio del colonnello libico
Annunciata e poi smentita la cattura da parte dei ribelli di Mutassim Gheddafi, uno dei figli del deposto leader libico Muammar. Ieri sera le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) hanno annunciato la sua cattura durante i combattimenti a Sirte, la città che ha dato i natali al colonnello e che nelle prossime ore dovrebbe cadere nelle mani del Cnt. Il figlio del colonnello avrebbe provato a scappare da Sirte con la sua famiglia a bordo di un'automobile. Alla notizia della cattura del figlio del colonnello, ex responsabile della sicurezza nazionale, molta gente è scesa in strada a festeggiare a Tripoli e Bengasi (LEGGI). In mattinata però il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt), Mustafa Abdel Jalil, ha smentito la notizia della cattura di Mutassim, che da settimane combatte nel centro di Sirte. Parlando con l'inviato a Tripoli della tv araba al-Jazeera, il leader del Cnt ha affermato che "non corrisponde al vero la notizia della cattura di Mutassim. Sto cercando conferme ma non ne ho trovate".
A smentire la cattura del figlio quintogenito del Colonnello anche uno dei comandanti delle milizie del Cnt, Wessam bin Hamid. "Non è vero", ha tagliato corto bin Hamid, a capo dei Martiri della Brigata Libia Libera, il quale ha aggiunto che "alcuni prigionieri sostengono che a Sirte si trovi Muammar Gheddafi in persona".
Altre fonti dei ribelli però continuano a sostenere che sarebbe stato fatto prigioniero mentre cercava di fuggire da Sirte. Un consulente dello stesso Cnt, Abdelkarim Bizama, aveva precisato che la notizia dell'arresto non è stata data prima soltanto "allo scopo di evitare che qualcuno cercasse di liberarlo". Mutassim, secondo queste fonti, si sarebbe tagliato i lunghi capelli per tentare di non farsi riconoscere. Secondo queste ricostruzioni sarebbe incolume, anche se esausto, e sarebbe già stato trasferito a Bengasi per essere sottoposto a interrogatorio nell'accampamento militare di Boatneh. Mutassim sarebbe il primo membro della famiglia Gheddafi a cadere in mani nemiche. Lo stesso Colonnello si dice infatti che si nasconda da qualche parte nel deserto del Fezzan, insieme al secondogenito ed erede designato Saif al-Islam. Il figlio maggiore Mohammed, il quartogenito Hannibal, l'unica figlia Aisha e la moglie Safiya sono riparati due mesi fa in Algeria, insieme a parecchi altri congiunti. Il terzo figlio, al-Saadi, sarebbe scappato in Niger mentre il più giovane, Khamis, dato più volte erroneamente per morto, potrebbe essere rimasto ucciso in combattimento nell'assalto finale dei ribelli a Tripoli, il 23 agosto scorso. Sembrerebbe invece essere stato senz'altro eliminato il sestogenito, Saif al-Arab, la cui abitazione fu bombardata dagli aerei della Nato il 30 aprile: con lui sarebbero periti i due figlioletti.
Forse l'equivoco sulla vera sorte di Mutassim, se di equivoco effettivamente si tratta, nasce dal fatto che proprio a Sirte gli insorti hanno catturato un altro super-latitante: l'imam Khaled Tantoosh, che sotto il regime era il gran muftì di Libia, la massima autorità religiosa del Paese, e che non aveva mai smesso di appoggiare Gheddafi. "Lo abbiamo catturato mercoledì mattina", ha raccontato Abdu Salam, uno dei cinque miliziani che hanno intercettato l'auto di Tantoosh mentre questi stava cercando di lasciare Sirte in incognito per raggiungere la capitale libica. "Aveva completamente cambiato aspetto", ha riferito l'uomo. "Si era rasato del tutto la barba", che era solito portare fluente.
Intanto però sul fronte militare un giornalista della France Presse ha constatato che le forze del Consiglio nazionale transitorio libico (CNT) stanno arretrando da Sirte respinte dal fuoco degli ultimi miliziani fedeli al colonnello Muammar Gheddafi.
Contro i ribelli scende in campo Amnesty International, che in un rapporto denuncia maltrattamenti e botte ai detenuti nelle carceri libiche controllate dal Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Nello studio, pubblicato dal sito web di al-Jazeera, si legge che nella sola capitale libica ci sono 2.500 prigionieri, molti dei quali hanno subito percosse e non hanno potuto avvalersi di una difesa legale. Alcuni detenuti, intervistati da un gruppo di ricercatori dell'organizzazione, hanno dichiarato di essere stati picchiati a colpi di bastone, in particolare sulla pianta dei piedi (pratica nota come 'falaga'), da almeno due guardie carcerarie in due differenti centri di detenzione allo scopo di ottenere in modo rapido una loro "confessione".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Corriere.it]