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L'epico, tragico e volgare linguaggio della mafia, nelle ambigue verità dei collaboratori di giustizia

Nell'aula buker di Rebibbia, il confronto tra Giovanni Brusca e Giuseppe Monticciolo

12 maggio 2005

Il linguaggio usato da molti pentiti di mafia, quelli che furono signori incontrastati di morte e di terrore, è spesso un linguaggio che segue regole di epica grottesca, un verbo esoterico pieno di rimandi e allegorie, sghimbesce e volgari, bibliche e di bassa cultura, un insieme di onore e ignoranza.
Sono parole che ricercano intese impossibili, confidenze abbottonate che presumono rivelazioni poco comprensibili.
I pentiti, parlano senza dire nulla e tacendo svelano verità.

''Oggi ci sono gli opinionisti che screditano i collaboratori di giustizia, allora era diverso c'era una vera e propria strategia della tensione da parte della mafia contro i pentiti''.
E' quanto ha raccontato Giovanni Brusca davanti alla terza Corte di Assise di Palermo, nell'aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma, dove l'assassino di Giovanni Falcone è stato sottoposto a un confronto con un altro pentito, Giuseppe Monticciolo, nell'ambito del processo per l'omicidio di Giovanni La Barbera, padre del collaboratore di giustizia Gioacchino, ucciso nel 1993, inscenando un finto suicidio per impiccagione, ad Altofonte.
Giovanni Brusca, adesso più magro e con il volto incorniciato da una barba ben curata da cattivo profeta, sollecitato dalle domande del presidente della terza Corte d'Assise Giancarlo Trizzino, alla presenza del pm della DDA di Palermo Francesco Del Bene, parlando dell'omicidio di La Barbera ha spiegato che la mafia aveva messo in atto una strategia della tensione contro i pentiti. ''Una strategia della tensione - ha aggiunto Brusca - nei confronti di Contorno, di Di Maggio, verso tutti i pentiti e rivolta ai loro familiari. Oggi invece ci sono gli opinionisti che screditano i collaboratori di giustizia, allora era diverso''.

''Nemmeno se si mettono 'a pecora' i magistrati verranno a capo della situazione''. Questo è quanto avrebbe detto Giovanni Brusca, secondo il pentito Giuseppe Monticciolo, commentando il finto suicidio di Giovanni La Barbera. Monticciolo lo ha detto nel corso del confronto con lo stesso Brusca, che secondo l'accusa fu mandante dell'omicidio.
Monticciolo ha riferito particolare dell'omicidio di Giovanni La Barbera spiegando che la mafia inscenò un finto suicidio (l'anziano padre del pentito fu trovato impiccato) e che fu lo stesso La Barbera a dire ai suoi carnefici ''sbrigatevi'' aiutandoli addirittura ad eseguire l'omicidio.
Il confronto si è reso necessario poiché Monticciolo ha riferito particolari dell'omicidio, che Brusca invece sostiene di non avergli mai raccontato.

Monticciolo ha raccontato che Giovanni Brusca commentò l'uccisione di La Barbera, e la messa in scena del finto suicidio, affermando, tra l'altro che: ''i magistrati neppure se si fossero messi 'a pecorà sarebbero venuti a capo della situazione''. Affermazione che ha suscitato la risposta di Brusca che con voce calma e ferma ha spiegato alla Corte di non aver mai detto quella frase: ''Signor Presidente - ha detto Giovanni Brusca - il mio passato criminale è quello che è. Non ho mai detto questa frase anche perché mio padre mi ha insegnato l'educazione''.

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12 maggio 2005
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