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L'esplosivo sarebbe già arrivato

Alta tensione a Palermo: un confidente rivela che alcuni boss hanno preparato un attentato per il pm Di Matteo

25 luglio 2013

Sarebbero già pronti esplosivo e telecomando per preparare un attentato nei confronti del pm della Dda di Palermo, Nino Di Matteo. A rivelarlo è stato un confidente che ha parlato di alcuni incontri fra boss che avrebbero sollecitato anche un attentato.
Il dispositivo di sicurezza che riguarda il magistrato del processo Mori e di quello sulla trattativa Stato-mafia, è stato portato ora al massimo, al livello uno, e nella scorta che lo protegge sono entrati tre carabinieri del Gruppo intervento speciale dell’Arma, le teste di cuoio. Tre le auto blindate, una quarta a fare da staffetta, gli specialisti, tutti anziani ed esperti, a coordinare le squadre.
Segnali evidenti di quanto le rivelazioni del confidente siano prese in seria considerazione in ambienti giudiziari.

Il confidente (legato al traffico di droga e ritenuto abbastanza attendibile) ha svelato la minaccia alla squadra mobile di Palermo all'inizio di luglio. Secondo l’uomo nel capoluogo sarebbero arrivati ben 15 chili di esplosivo. In realtà l'uomo non avrebbe fatto nomi sulle possibili vittime, ma il maggiore indiziato è il pm Di Matteo. 
La polizia ha subito girato la segnalazione al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. E da Palermo una nota riservata è partita anche per l'Ufficio centrale scorte, organismo istituito presso il ministero dell'Interno. La decisione è arrivata nel giro di poche ore: il livello di protezione per Di Matteo è salito al massimo. In Italia, sono solo una ventina le personalità che hanno questa scorta.

Al palazzo di giustizia la tensione è altissima. E non solo attorno a Nino Di Matteo. Due settimane fa, c'è stata una strana irruzione nell'abitazione di un altro dei magistrati del pool trattativa, Roberto Tartaglia: in pieno giorno, qualcuno ha rovistato fra armadi e cassetti e ha portato via solo una pen-drive. Così l'allerta è scattata anche attorno a Tartaglia e agli altri pubblici ministeri che indagano sui misteri del '92-'93, il sostituto Francesco Del Bene e il procuratore aggiunto Vittorio Teresi. In parallelo al processo trattativa, in corso in corte d'assise, c'è infatti un fascicolo d'inchiesta bis, che sta cercando di accertare eventuali responsabilità di ambienti deviati dei servizi segreti.

Ad aprile, era già arrivata una lettera anonima che parlava della preparazione di un attentato nei confronti di Nino Di Matteo, "autorizzato"  -  così era scritto  -  dal superlatitante Matteo Messina Denaro e da alcuni suoi "amici romani". L'anonimo scriveva pure di alcune prove di esplosivo fatte in provincia di Trapani.
Ma non sono soltanto le lettere anonime e le segnalazioni di qualche confidente a preoccupare l'intelligence antimafia. Le ultime indagini su Cosa nostra palermitana parlano di giovani boss rampanti con la pistola alla cintola, cresciuti col mito di Messina Denaro, il boss condannato per le stragi del 1993 che a giugno ha festeggiato vent'anni di latitanza. Giovani boss in cerca di visibilità anche con gesti eclatanti, questo dicono le microspie che tengono sotto controllo il ventre criminale di Palermo.

[Informazioni tratte da ANSA e dall’articolo di Salvo Palazzolo pubblicato su Repubblica/Palermo.it]

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25 luglio 2013
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