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L'hi-tech etneo colpito dalla crisi globale

Cassa integrazione per 2.200 dipendenti della StMicroelectronics catanese

05 ottobre 2011

La crisi colpisce anche la StMicroelectronics, fiore all'occhiello del distretto high-tech etneo. L’azienda leader nel campo dei componenti a semiconduttore per l’elettronica e l’elettrotecnica - dai telefoni cellulari agli elettrodomestici passando per i computer - ha annunciato tredici settimane di cassa integrazione ordinaria per 2.200 dipendenti e l’interruzione del rapporto di lavoro con i 96 giovani ex summer job.

"La StMicroelectronics non può far pagare ai lavoratori il prezzo della crisi", dice il parlamentare del Pd Giovanni Burtone che si sofferma, in particolare, sui licenziamenti dei 96 giovani "entrati lo scorso mese di aprile" e ai quali "era stato promesso che sarebbero stati stabilizzati entro 18 mesi. Invece per loro è arrivata l'interruzione del rapporto di lavoro. L’azienda non può riversare soltanto sui lavoratori il difficile momento economico, dovuto alla stagnazione del mercato".
Per queste ragioni, Burtone ha presentato una interpellanza al ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani invitandolo "a predisporre tutte le iniziative necessarie, coinvolgendo forze sociali e organi istituzionali, per capire cosa succede e per scongiurare questa ipotesi".

Le difficoltà della Stm sono legate sia alla recessione economica sia alla crisi del Giappone post terremoto e tsunami dell’11 marzo scorso, che di fatto stanno vanificando il piano industriale di rilancio varato nei mesi scorsi dal colosso italo-francese con sede a Ginevra. Purtroppo la crisi dei mercati e le avversità che hanno colpito il paese del Sol Levante hanno indotto i grossi colossi dell’elettronica di consumo, come Samsung e Apple, a congelare gli ordini, portando così l’azienda a rivedere le stime di crescita.
La StMicroelectronics realizza circa il 4% del giro d'affari nel paese del Sol Levante e ha registrato un preoccupante calo degli ordinativi, che non sta permettendo al sito di Catania di saturare la fabbrica con quei prodotti per i quali sono stati effettuati investimenti di ristrutturazione e di rilancio. In base al bilancio 2010, circa il 18% delle vendite proviene da Giappone e Corea, con una stima relativa al solo Paese del Sol Levante che gli osservatori dei mercati fissano intorno a quota 1-1,2 miliardi di dollari, contro un fatturato complessivo di 10,4 miliardi. Una condizione che fa stimare agli analisti la possibilità di una contrazione degli utili 2011 che oscillerebbe fra il 2 e il 7%, con un calo del fatturato che al momento viene calcolato in 100-300 milioni di dollari. [Informazioni tratte Corriere del Mezzogiorno - Italpress]

 

 

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05 ottobre 2011
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