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L'importanza discussa di Antonio Ingroia

Il procuratore aggiunto di Palermo vorrebbe andare in Guatemala per conto dell’Onu, ma...

25 luglio 2012

"Quel magistrato era venuto a parlarmi da tempo di questo suo desiderio importante, ben prima che questo caso (l'inchiesta palermitana sulle trattative Stato-mafia, ndr) manifestasse la sua potenzialità esplosiva". Così il guardasigilli Paola Severino, rispondendo ai cronisti a margine di una visita nel carcere di Poggioreale, ha commentato l'incarico Onu in Guatemala per il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia.
"La sua richiesta l'ho ritenuta sincera e importante", ha aggiunto. La partenza di Ingroia "spiace che accada in questo contesto, ma dispiace solo per le strumentalizzazioni che se ne possono fare. Tuttavia avere i nostri migliori magistrati che vengono richiesti da autorità straniere per combattere la criminalità organizzata è una cosa che ci fa veramente onore. Se ci chiedono questo aiuto, io credo che si debba dire di sì".

Ma l'incarico dell'Onu in Guatemala al procuratore aggiunto di Palermo, seppur "benedetto" anche dal ministro della Giustizia, ha scatenato contrasti anche all'interno del Consiglio Superiore della Magistratura che ieri ha votato al riguardo. Infatti, la Terza Commissione del Csm si è spaccata sul collocamento fuori ruolo di Ingroia: tre i voti a favore, uno contrario e due astenuti. La decisione finale sarà presa domani, giovedì 26 luglio, dal plenum.

A favore hanno votato i consiglieri di Unicost Giovanna Di Rosa e Alberto Liguori e il togato di Area Francesco Vigorito; contro si è espresso il consigliere Antonello Racanelli (Magistratura Indipendente), mentre si sono astenuti i due laici del Pdl Annibale Marini e Filiberto Palumbo.
Secondo i consiglieri che hanno sostenuto Ingroia, non c'è nessuna ragione per non concedergli il collocamento fuori ruolo: la richiesta del magistrato è conforme alla normativa e soprattutto, trattandosi di un incarico dell'Onu, il suo conferimento può essere solo fonte di prestigio per lo Stato italiano. Oltretutto non ci sarà nessuna conseguenza sui procedimenti di cui Ingroia è titolare, a cominciare da quello sulla trattativa tra Stato e mafia, sia perché sono tutti in coassegnazione, sia perché il magistrato palermitano come procuratore aggiunto ha soprattutto compiti di coordinamento.
Di tutt'altro avviso Racanelli e i due laici del Pdl. Di fronte a indagini delicate ancora in corso non appare opportuno il collocamento fuori ruolo di Ingroia, perché l'interesse prevalente dello Stato è che queste vengano portate a compimento. L'incarico che l'Onu vuole affidare ad Ingroia è quello di capo dell'Unità di investigazioni e analisi criminale in Guatemala.

Parla Antonio Ingroia. E parla di tutto, na non del Guatemala  - "Per me è una giornata importante, non solo per ragioni professionali. Abbiamo chiuso la più importante indagine della Procura di Palermo degli ultimi anni". Così Antonio Ingroia ha commentato, in un dibattito a Reggio Calabria, la richiesta di rinvio a giudizio sulla trattativa Stato-mafia. "Vent'anni fa - ha detto - si è avviata una stagione di terrore. Oggi sappiamo che al di la delle apparenze dietro le quinte c'era un pezzo dello Stato che trattava con la mafia".
"Ho giurato sulla bara di Paolo Borsellino - ha detto Ingroia - che non avrei avuto pace fino a quando non si sarebbe scoperta tutta la verità su quella strage. Non posso ancora dire di essere tranquillo, rispetto a questo giuramento, ma, chiusa questa indagine, mi sento più sereno e penso che un pezzo di verità sia stato finalmente ricostruito. Non commento le affermazioni di Cicchitto e Mannino ma ammetto che mi destano una sensazione negativa". "Oggi - ha detto - viviamo in una sorta di arena dove tutto è consentito, anche gli insulti e le offese peggiori. Sembra normale calunniare e diffamare i magistrati che fanno il loro dovere. Il Paese si è imbarbarito, non si ragiona, non c'é rispetto per le opinioni altrui e spesso i fatti che vengono trasformati in opinioni".

"La politica con P maiuscola - ha proseguito il procuratore aggiunto di Palermo - deve stare al servizio del cittadino, non deve temere la verità e la giustizia. Ma la politica degli ultimi anni non guarda mai agli interessi dei cittadini, cerca la propria impunità, togliendo mezzi alla magistratura e accusandola di invadere il campo politico. Se oggi questa politica è predominante è anche responsabilità dei cittadini. La magistratura continuerà a svolgere la sua parte ma ritengo che sulla stagione delle stragi è stato già fatto il massimo, più di così non potevamo fare. Ora abbiamo bisogno della politica per avere gli strumenti necessari a rompere il silenzio dei testimoni, abbattere l'omertà degli uomini dello Stato e la reticenza istituzionale".
"La mia storia e la mia onestà intellettuale - ha poi detto Ingroia - garantisce per me. Io ho opinioni sulla politica ed in particolare sui criteri di orientamento della funzione pubblica che sono contenuti nella Costituzione, come il principio di uguaglianza. Mi ritengo un partigiano della Costituzione, ritengo di dover stare dalla parte della Costituzione perché non tutti si sono mossi in questi anni in questa direzione, anzi l'hanno attaccata, vilipesa. Nell'indagine sulla trattativa sono coinvolti politici di centrodestra e di centrosinistra e ciò dimostra che la Procura di Palermo è assolutamente equanime. Gli attacchi nei miei confronti derivano probabilmente dal fatto che non sono stato debole con i potenti, ma sono stato forte nei confronti di tutti".

"E' davvero scandaloso che in Italia non sia mai stata istituita una commissione d'inchiesta sulla stagione delle stragi dei primi anni '90”, ha poi aggiunto Ingroia. "Ci vorrebbe una commissione seria sul modello di quelle americane, presieduta da personalità al di sopra di ogni sospetto, che mettano con le spalle al muro i responsabili". "Una commissione d'inchiesta - ha sostenuto ancora - come quella che all'epoca fu istituita sulla P2, guidata da Tina Anselmi che, probabilmente non a caso, dopo quella esperienza, scese per sempre dalla ribalta...". "Oggi sappiamo - ha detto il pm - che il mio amico e maestro Paolo Borsellino fu ucciso perché era ritenuto un ostacolo rispetto alla trattativa tra Stato e mafia. A vent'anni dalla sua morte l'avvio del procedimento nei confronti degli autori della trattativa deve essere considerato un omaggio al suo nome. Sulla trattativa dobbiamo distinguere diverse responsabilità. La responsabilità penale che è personale e si verifica sulla base di prove concrete, la responsabilità storico-politica di chi governava in quegli anni e la responsabilità di chi è venuto dopo e non ha mai voluto affrontare la questione".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, LiveSicilia.it]

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25 luglio 2012
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