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L'impronta non mente!

Le impronte digitali inchiodano l'uomo arrestato ieri a Marsiglia: è il boss Giuseppe Falsone, capo della mafia di Agrigento

26 giugno 2010

Ci ha provato con la plastica facciale, facendosi rittoccare i lineamenti del naso, dimagrendo e cambiando pettinatura, ma tutto ciò non è valso a nulla e dopo undici anni di latitanza, Giuseppe Falsone, considerato il capo mandamento di Agrigento, è stato arrestato a Marsiglia.
Tra i mafiosi più ricercati d'Italia (era ricercato dal 1999 e su di lui pende una condanna all'ergastolo), quella trascorsa è stata la sua prima notte in cella.
Il giovane rampollo di Cosa nostra, 40 anni da compiere ad agosto, è stato arrestato ieri pomeriggio nella capitale occitana, dagli uomini delle squadre mobili di Agrigento e Palermo, dallo Sco e con la collaborazione dei servizi segreti. Il boss è stato fermato mentre stava aprendo la porta di casa in un quartiere nei pressi del porto. Aveva in mano diversi sacchetti della spesa e stava facendo rientro in quell’immobile che occupava da solo. A Marsiglia, infatti, con il boss non c'erano suoi parenti e al momento del fermo non era armato. 
"Quando si è visto piombare sopra decine e decine di poliziotti della squadra mobile di Agrigento e Palermo - ha raccontato il questore di Agrigento Girolamo Di Fazio - ha negato di essere Giuseppe Falsone. Dicendo di non avere la minima idea su chi sia quell’uomo". L’esame delle impronte digitali, però, ha confermato la sua identità. Quando gli uomini delle forze dell'ordine hanno esibito questa prova lui si è chiuso in un rigido silenzio.
"Lo seguivamo - prosegue il questore - da almeno un paio di mesi e non lo perdevamo mai di vista. Viveva da solo in quella casa di Marsiglia e stava per mettere sù un’impresa di costruzioni edili""Abbiamo utilizzato a piene mani le attività tecniche (le intercettazioni, ndr) a nostra disposizione. Abbiamo messo insieme molti tasselli - ha aggiunto Di Fazio - e alla fine siamo intervenuti con la certezza che si trattava proprio di lui". "E’ stata una indagine purissima - tiene a sottolineare il questore di Agrigento - senza alcun aiuto o apporto da parte dei collaboratori di giustizia. Un’indagine coordinata dalla Dda di Palermo che si è sempre interfacciata con i magistrati francesi. La mafia siciliana aveva e continua ad avere dei buoni allacci con la Francia. Lo dimostra il fatto che Falsone si trovasse a Marsiglia, nella stessa città dove Bernardo Provenzano si fece operare in gran segreto. Oggi, però, è il giorno della festa, una festa non soltanto della polizia, ma di tutti coloro che amano e credono nella legalità, di coloro che hanno sperato che questo momento giungesse il prima possibile".

Falsone è stato descritto come un uomo dalle mille risorse. Da un lato un mafioso di vecchio stampo, ma dall'altro un intenditore delle più nuove applicazioni internet. In uno degli ultimi 'covi' caldi, trovato l'anno scorso dagli agenti della Squadra mobile di Agrigento a Palazzo Adriano, nel cuore della Sicilia, gli investigatori trovarono un impianto di microspie e alcuni 'pizzini' particolari, non i soliti foglietti ripiegati trovati nei covi di Bernardo Provenzano o Salvatore Lo Piccolo. Erano, in realtà, stampe di fogli excel compilati dallo stesso Falsone. Dai pizzini era emerso un giro di denaro e attività commerciali, oltre agli appalti riconducibili al bosso mafioso. Attività che risalgono al 1006 e al 2007. Nello stesso covo di Palazzo Adriano i poliziotti trovarono anche una statuetta della Madonna e l'immagine del cuore di Gesù, immancabili in quasi tutti i covi dei boss latitanti come accadde con Giovanni Nicchi e Domenico Raccuglia. Ma c'era anche una Bibbia con all'interno la foto, formato tessera, dello stesso boss finito ieri in manette. Una sorta di fortezza, quella di Palazzo Adriano. Un casolare in aperta campagna isolato.
Falsone, nonostante i suoi 40 anni, sembra un mafioso d'altri tempi. Un uomo molto legato alla famiglia, in particolare alla sorella Maria Carmela e al fratello Calogero, cosi' come all'anziana madre. Ma nello stesso tempo è risultato avere una grande familiarità con i computer, ma sembra che non si sia mai connesso ad internet per evitare di essere rintracciato. Falsone, come altri latitanti, avrebbe avuto una buona rete d'appoggio che lo ha portato fino a Marsiglia. In un pizzino trovato nel covo di Bernardo Provenzano si evinceva l'amicizia di Falsone con lo stesso capo di Cosa nostra arrestato a Corleone nell'aprile 2006. Un altro covo era stato trovato dalla polizia a Naro, nell'agrigentino. Un casolare abbandonato con un piccolo magazzino. Qui Falsone avrebbe vissuto almeno 3-4 mesi. Ma all'interno, nonostante lo spazio angusto, gli investigatori trovarono di tutto, centinaia di munizioni, fucili ed esplosivo.

Nato a Campobello di Licata (AG) e figlio di Vincenzo Falsone, indiscusso 'leader' della città per molti anni, diventò capo quando ancora non aveva 21 anni. La Stidda, infatti, gli uccise durante una guerra di mafia con le famiglie rivali di Cosa nostra nel 1991 il padre e il fratello maggiore Angelo. La cronaca lo lega a boss del calibro di Giuseppe Settecasi, Carmelo Colletti e Giuseppe Di Caro. La sua ascesa ai vertici dell'associazione mafiosa era sostenuta fortemente da Bernardo Provenzano, mentre il suo rivale Maurizio Di Gati fu appoggiato da Antonino Giuffrè.
Il 14 luglio del 2002 la Polizia interruppe un summit tra boss a Santa Margherita di Belice. Di Gati riuscì a scappare, ma l'arresto di Giuffrè e l'opposizione dell'ex primula rossa gli impedirono di diventare capo induscusso della mafia agrigentina. Nei pizzini ritrovati nell'ultimo covo di Provenzano a Montagna dei cavalli, a Corleone, Falsone è indicato con il numero 28.
Appena tre mesi fa, nell'ambito dell'operazione antimafia 'Apocalisse', i carabinieri di Agrigento e di Palermo hanno sequestrato beni e società riconducibili al boss Falsone per circa 30 milioni di euro. Il 17 marzo del 2004 sono state diramate le ricerche in campo internazionale.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, AGI]

- Chi è il superlatitante di Maristella Panepinto (LiveSicilia.it)

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26 giugno 2010
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