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L'incubo della ''terza settimana''. Metà delle famiglie italiane costrette a stringere la cinghia al massimo

13 luglio 2007

Fino a qualche anno fa l'incubo di un gran numero di famiglie italiane era quello della ''quarta settimana'', ossia arrivare alla fine del mese senza il becco di un quattrino e quindi ritrovarsi nei guai qualora si fosse presentata un'improvvisa spesa. I tempi però cambiano, o meglio, i tempi purtroppo accorciano, e oggi un gran numero di famiglie si ritrova ad avere il sonno disturbato già alla ''terza settimana'': già al venti del mese non riescono a far quadrare il magro bilancio.
Sono cinque milioni le famiglie (due su dieci) italiane povere o che rischiano di diventarlo a breve. Basta un divorzio, la perdita del lavoro o una malattia, a compromettere l'equilibrio finanziario di una fetta sempre più grande di nuclei familiari. Solo il 24% della famiglie non ha problemi economici; tutti gli altri ammettono di dover tirare la cinghia.
La ''novità'' sta però nell'incremento della cosiddetta ''povertà in giacca e cravatta'', che colpisce i ceti medi, costretti a fare la fila alla mense pubbliche: alle porte della Caritas bussano sempre meno immigrati e sempre più italiani. Tra questi tanti sono le persone che hanno acceso un mutuo per acquistare casa ma non riescono a pagarlo. 

Un quadro tanto disastrato esce fuori dalla ricerca sulla condizione finanziaria delle famiglie, realizzata da Eurispes in collaborazione con Federcasalinghe: ''La famiglia di fronte alla crisi del welfare''.
Lo studio mostra un'Italia a due economie: un'economia delle famiglie e una delle imprese. Gian Maria Fara, presidente dell'Istituto di studi politici economici e sociali di Roma che ha condotto l'analisi, dice: ''Da un lato cresce il PIL, sostenuto prevalentemente dalle esportazioni e non dai consumi interni; dall'altra, manca una condivisione della crescita che, per il momento, si risolve ad esclusivo vantaggio delle imprese''.
Secondo l'Eurispes l'inflazione ha ripreso a salire: ''Per primi lanciammo un segnale d'allarme nell'agosto del 2002 denunciando un'inflazione galoppante all'8%'', ha ricordato Fara. ''Subimmo per questo dure critiche, ma per noi l'inflazione non è né di centrodestra né di centrosinistra. Oggi, a distanza di cinque anni, segnaliamo nuovamente che l'inflazione, dopo un periodo di stasi, sta tornando a crescere più di quanto indicato dalle statistiche ufficiali''.

Per arrivare nuovamente a preoccuparsi della ''quarta settimana'' gli italiani, dunque, devono  tagliare spese. Ma dove? Innanzitutto, riducono le risorse destinate ai regali (''abbastanza'' nel 39,9% dei casi e ''molto'' nel 23,1%); privilegiano l'acquisto dei prodotti in saldo (il 40,8% lo fa abbastanza spesso e il 23,6% ancora più frequentemente). Il 56,3% si rivolge ''molto'' o ''abbastanza'' frequentemente ai punti vendita più economici come i discount. I grandi magazzini e gli outlet affascinano invece i consumatori quando si tratta di abbigliamento ''molto'' o ''abbastanza'' rispettivamente nel 24% e nel 43,2% dei casi.
E' invece allarme sull'insolvenza dei mutui. Il numero dei contratti non onorati è in aumento; si calcola che nel solo 2006, le famiglie in difficoltà nel pagare le rate del mutuo sono cresciute del 5,1%. Il debito complessivo in sofferenza è di circa 11 miliardi di euro nel 2006 e le famiglie coinvolte sono almeno 410.000.
Tutto ciò, di conseguenza, spinge sempre più italiani a fare affidamento nelle finanziarie. ''Un numero sempre crescente di famiglie - ha spiegato l'onorevole Federica Rossi Gasparrini, presidente di Federcasalinghe - è assediato da una comunicazione martellante che spinge verso un sempre maggiore indebitamento. Basti pensare che la pubblicità delle finanziarie è aumentata del 28% negli ultimi anni ed oggi rappresenta un fenomeno sfacciato''.

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13 luglio 2007
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