L'incubo nucleare
Gli effetti del disastro di Fukushima: dal cibo e l'acqua contaminati alla paura del "futuro con l'atomo"
E' allarme contaminazione in Giappone. Tracce di iodio radioattivo sono state rinvenute nell'acqua del rubinetto a Tokyo e in altre zone. Lo riferisce l'agenzia Kyodo citando fonti del governo nipponico.
Mentre nelle immediate vicinanze della centrale di Fukushima sono state rilevate alte dosi di radiazioni nel latte e negli spinaci coltivati. Lo hanno riferito le autorità giapponesi, secondo le quali sarebbero contaminati i tre quarti del raccolto agricolo (LEGGI).
Il portavoce del governo, Yukio Edano, ha sostenuto che il livello di contaminazione dei prodotti alimentari non comporterebbe pericoli per la salute. Il governo nipponico, comunque, ha bloccato la distribuzione di latte e di due tipi di verdure prodotte in 4 prefetture limitrofe all'impianto, come "misura precauzionale".
Insomma, dopo il terremoto, lo tsunami e l'incubo nucleare, in Giappone adesso è allarme cibo. L'Organizzazione mondiale della sanità ha definito "grave" la contaminazione radioattiva di cibo nel Paese colpito dal sisma. In un'intervista telefonica da Manila, il portavoce regionale dell'Oms Peter Cordingley ha spiegato che la situazione è "molto più seria di quanto tutti avevano pensato in un primo momento, quando si credeva che questo tipo di problema fosse limitato entro 20-30 km (dalla centrale). Ora è lecito supporre - ha chiarito - che prodotti contaminati siano usciti dalla zona contaminata". Cordingley ha precisato comunque che al momento "non ci sono indicazioni" che il cibo contaminato abbia raggiunto altri Paesi.
A Fukushima, intanto, si è verificata una nuova situazione di emergenza: una densa colonna di fumo è fuoriuscita dal reattore 3, dove in mattinata si era registrato un aumento della pressione, e questo ha spinto la Tepco a far evacuare tutto il personale (sarebbero 580 le persone al lavoro, fra operai, tecnici ed esperti). Una volta risolto il problema al reattore 3, una fumata bianca ha cominciato a uscire dal reattore 2. L'agenzia per la sicurezza nucleare, citata dall'agenzia Kyodo, ha spiegato che non ci sarebbe cambio "significativo" nel livello di radiazioni a seguito della fuoriuscita di fumo. Sull'ente di gestione dell'impianto danneggiato, comunque, è sempre bufera. E ora emerge anche che la Tepco, lo scorso 28 febbraio, in un rapporto all'agenzia per la sicurezza nucleare spiegò di aver omesso alcune verifiche alla centrale di Fukushima.
Le autorità giapponesi hanno intenzione ora di effettuare misurazioni per controllare i livelli di radioattività nelle acque del mare in prossimità della centrale nucleare di Fukushima 1. "E possibile che sostanze radioattive anche se in piccola quantità si siano propagate nel mare" ha detto un responsabile dell'agenzia per la sicurezza nucleare. "In ogni caso, anche se fosse così, considerato il basso livello di radioattività nell'aria, la cosa non avrebbe conseguenze sulla salute", ha aggiunto.
La drammatica situazione giapponese ha messo in discussione le politiche energetiche nucleari a livello internazionale. Parlando dell'Italia, che a giugno si sottoporrà ad un giudizio popolare col referendum sul nucleare proposto dall'Idv, secondo i comitati antinucleari la "pausa di riflessione", proposta dai ministri Romani, Prestigiacomo e Tremonti, non serve a niente perché non esistono centrali sicure. Non solo. Le oltre 60 associazioni del Comitato 'Vota Si per fermare il nucleare' hanno proposto di "accorpare il voto dei referendum sul nucleare e l'acqua con quello delle amministrative, e destinare i soldi risparmiati, circa 400 milioni di euro, al Giappone". Nonostante il recente voto contrario della Camera all'Election Day, per il comitato, "è necessario che il governo ci ripensi: è una questione che ha a che fare con la democrazia nel nostro Paese, ma non solo". Secondo il Comitato, infatti, "è impensabile un tale spreco di soldi pubblici. Non solo per la situazione italiana, coi tagli a 360 gradi del governo e le famiglie che ancora scontano i danni della recessione globale. Ma anche per quello che sta accadendo in Giappone. Per questo chiediamo all'Esecutivo di abbandonare il furore ideologico e tornare coi piedi per terra: i 400 milioni risparmiati accorpando amministrative e referendum potrebbero essere destinati agli aiuti per il Giappone".
La richiesta verrà anche sostenuta da una raccolta di firme sul sito www.fermiamoilnucleare.it. Proprio per tirare la volata alla consultazione su acqua e nucleare, il 26 marzo a Roma (ore 14 piazza della repubblica) si terrà una grande manifestazione nazionale.
Dalle associazioni arriva anche una critica alle ultime e più prudenti dichiarazioni di vari esponenti del governo (LEGGI): "Un ravvedimento ambiguo e interessato dell'Esecutivo, che mentre predica una pausa di riflessione manda avanti in Parlamento la norma sulla localizzazione delle centrali che, non lo dimentichiamo, prevede anche l'uso dell'esercito per far costruire gli impianti. Non serve nessuna pausa di riflessione: il nucleare sicuro non esiste, e gli italiani non vogliono rischiare di trovarsi una Fukushima in casa".
Il nucleare, spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, "non serve a risolvere i problemi energetici del Paese che deve abbassare la bolletta energetica, ridurre le importazioni e rispettare gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici, in tempi brevi. Questi tre problemi non li risolveremo con il nucleare che è una tecnologia tardiva negli interventi di riduzione e non risolve il problema dei combustibili fossili". Per Ciafani, "le rinnovabili sono una fantastica alternativa. In Germania, l'agenzia federale per l'ambiente tedesca ha dichiarato che al 2050 il paese potrà podurre il 100% di elettricità dalle rinnovabili. La McKinsey, società di consulenza, in un documento per la Commissione europea sostiene che i 27 paesi membri al 2050 potranno produrre elettricità da sole fonti rinnovabili. Bisogna perseguire questa strada anche nel nostro paese che ha sicuramente più vantaggi rispetto al nord europa.
Rispetto al disastro di Chernobyl il nucleare non è cambiato. "E' sempre fragile e costoso ma è cambiato il contesto: oggi siamo in grado di alimentare il nostro paese basandoci sul solare, sul vento e il risparmio. Il mondo è cambiato solo il nucleare è rimasto fermo", spiega Sergio Ulgiati dell'Università degli Studi di Napoli Parthenope, Dipartimento di Scienze per l'Ambiente e membro del Wwf. Quanto ai reattori di nuova generazione, il ricercatore aggiunge: "Non esistono reattori di terza e quarta generazione. Sono soltanto favole che ci vengono raccontate e non esisteranno perché costano troppo e anche in quel caso ciò che potrebbe rompersi riguarda di solito le parti convenzionali come le pompe di raffreddamento di Fukushima. Quindi sono incidenti che resterebbero ugualmente probabili. Inoltre, come ricercatore sono sempre stato restio a non dare fondi alla ricerca ma inizio ad essere preoccupato dal fatto che la ricerca nucleare assorbe un'enorme quantità di fondi che potrebbero essere destinati alle rinnovabili o ad altri campi sicuramente più utili".
Da parte sua Enel va avanti sul nucleare senza cambi di strategia. "Rinunciare al rilancio dell'atomo in Italia sarebbe un enorme danno per il paese". Nei giorni scorsi a Londra per la presentazione dei risultati 2010 (chiusi con un utile netto che sfiora i 4,5 mld) e del piano industriale 2011-2015, l'amministratore delegato Fulvio Conti ha confermato l'impegno della società elettrica nel programma nucleare italiano, sottolineando comunque che il gruppo è pronto ad adeguarsi nel caso in cui il Governo italiano decidesse di cambiare rotta. "Continuiamo ad essere impegnati nel programma nucleare italiano", ha sottolineato Conti, ribadendo che si tratta "di un programma a lungo termine" e auspicando che non si reagisca "in maniera emotiva" alla tragedia in Giappone come accaduto altre volte e in particolare dopo Chernobyl. "E' evidente che in seguito alla tragedia in Giappone tutti spingono a controllare i sistemi di sicurezza" delle centrali ma questo "non va confuso" con l'abbandono nel nucleare, settore sul quale "stiamo continuando a lavorare" e sul quale l'Enel non intende cambiare il suo piano di investimento.
In Giappone, ha osservato Conti, "c'è una situazione difficile. Tutte le principali Autorità europee e internazionali e anche i nostri ingegneri stanno facendo analisi e studi su quanto è successo" nella centrale giapponese di Fukushima. In questo contesto, con le notizie drammatiche che continuano ad arrivare dal Giappone, è giusto "attendere" e "non anticipare eventuali nuovi investimenti che si rendessero necessari sulle centrali esistenti''.
Per quanto riguarda la sicurezza, ha sottolineato ancora Conti, "è indubbio che noi abbiamo meccanismi attivi e passivi per far fronte ad ogni emergenza". Gli impianti del gruppo, che sono situati in Spagna e in Slovacchia "sono sicuri, affidabili e collaudati". L'Italia come paese, come industria, ha insistito Conti, "deve sviluppare tutte le tecnologie e non può fare a meno del nucleare". Per l'ad di Enel, infatti, rinunciare all'atomo "sarebbe un enorme danno" ma "se venisse presa una decisione di questo tipo, e mi auguro di no, faremmo come sempre e rispetteremmo la legge". In Italia "siamo ancora in una fase di preparazione. All'interno del nostro piano 2011-2015 sono previsti 300-400 milioni di investimenti per preparare le procedure di autorizzazioni per arrivare entro il 2015 ad un progetto definitivamente approvato e cantierabile", ha spiegato Conti, evidenziando come gli investimenti più massicci del gruppo dovrebbero essere inseriti nel periodo 2016-20. Anche in Francia i progetti restano invariati. "Non credo che il Governo francese cambi progetto", ha osservato, rispetto alla costruzione di un secondo Epr in Francia a Penly, progetto al quale l'Enel dovrebbe partecipare con una quota del 12,5%. Anche la Francia, ha sottolineato infine l'ad Enel, "ha bisogno di una capacità aggiuntiva e di un ammodernamento dei suoi impianti. Penso che il progetto di Penly quindi possa proseguire senza problemi".
Ma chi lavora in Italia attorno al nucleare? - "Sono ingegneri, chimici e fisici. Al momento, nel nostro Paese, attorno al nucleare lavorano alcune migliaia di persone". Così Stefano Monti, responsabile dell'Unità per il metodo e per la sicurezza dei reattori e del ciclo del combustibile dell'Enea, ha illustrato a Labitalia, mentre rimane ancora alto l'allarme in Giappone sul pericolo nucleare, i 'numeri' degli addetti del settore nel nostro Paese. Addetti che oggi, ha spiegato, "sono impiegati tra la 'decommissioning', cioè lo smantellamento, delle vecchie centrali che fino al 1987 erano attive nel Paese, e nella gestione dei rifiuti radioattivi". "Sono circa 600-700 - ha aggiunto - i lavoratori che operano in questo ambito con la Sogin, l'azienda che se ne occupa".
Ma, oltre a chi si occupa ancora oggi di 'mettere in soffitta', e al sicuro, il vecchio nucleare italiano, c'è anche chi 'programma' il futuro di questo comparto. "Solo all'Enea - ha ricordato Monti - lavorano circa 200 persone nella ricerca & sviluppo per il nucleare, e altri operano nell'università. Poi ci sono aziende come Ansaldo Nucleare ed Enel che lavorano con 200 addetti ciascuno nell'impiantistica e nella costruzione di reattori nucleari all'estero". E non si devono dimenticare, ha sottolineato Monti, "le 30-40 aziende che operano nell'industria manifatturiera e che realizzano componentistica per la realizzazione di centrali nucleari all'estero". Competenze e professionalità di un settore importante per l'economia del Paese che, secondo Monti, dovranno necessariamente crescere di numero in caso di apertura di nuove centrali nel nostro Paese. "Le competenze richieste saranno le stesse - ha detto - ma si dovrà passare per forza di cose da alcune migliaia di addetti a decine di migliaia".
Per quello che riguarda la sicurezza di questi lavoratori, a spiegare quali sono i fattori imprescindibili ci ha pensato Emilio Santoro, direttore responsabile del reattore nucleare Triga Rc-1, nel centro di ricerche Enea della Casaccia, vicino a Roma. Questi sono: elevata competenza sulla radioprotezione, rispetto delle norme, supervisione di esperti qualificati e un severo controllo pubblico e degli enti internazionali. In Italia, gli addetti che operano in questo settore non mancano: sul territorio sono infatti attivi vari piccoli reattori per ricerca simili a quello diretto da Santoro, oltre a laboratori ad alta energia e impianti che usano tecnologie nucleari per scopi medici, diagnostici e industriali.
"La nostra 'Bibbia' - ha dichiarato Santoro a Labitalia - è la legge 230 del 1995, in cui sono definite le norme per la sicurezza e il controllo, dalla lavorazione di minerali radioattivi alla radioprotezione del personale". A valle della legge, ha sottolineato, "le attività di ogni impianto sono regolate da uno specifico corpo prescrittivo". "Tutti i processi previsti - ha spiegato - sono sottoposti a controlli dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per l'Italia, e nel caso del nostro reattore anche degli enti sovranazionali Euratom e Aiea (la comunità europea per l'energia atomica e l'agenzia internazionale per l'energia atomica)".
Il personale che opera negli impianti nucleari, continua Santoro, deve essere abilitato: "Per ottenere le 'patenti' ad operare, occorre sostenere un esame dopo un apposito percorso di studio. Ogni operatore deve avere competenze approfondite di campi e tipologie di radiazione, delle procedure di radioprotezione, delle procedure per evitare dosi indebite e per la gestione degli impianti". Le abilitazioni seguono una gerarchia che va dagli operatori semplici, ai quali è richiesto un diploma di scuola media, ai direttori di impianto che devono essere laureati in discipline tecniche. Tutte le attività all'interno di ogni impianto, ha spiegato ancora Santoro, "sono sottoposte al controllo di un esperto qualificato, iscritto all'albo; per impianti come i reattori nucleari o gli acceleratori ad alta energia, gli esperti qualificati devono essere competenti sui campi di radiazione neutronica".
Il grado di rischio presente negli impianti nucleari, è questo l'avviso di Santoro, dipende dalla corretta applicazione delle norme: "I lavoratori di queste strutture sono classificati come professionalmente esposti di categoria A (e cioè gli addetti la cui attività, secondo la Commissione internazionale per la radioprotezione, non può impedire il rischio di superare in un anno certi dosaggi di radiazioni ionizzanti, ndr). Se le attività vengono svolte secondo le normative, i rischi vengono comunque minimizzati". Ci sono aree, ha spiegato ancora il direttore del reattore della Casaccia, in cui sono ovviamente presenti campi di radiazione, ma vi può accedere solo il personale autorizzato. "Gli ambienti - ha detto - sono divisi in aree controllate e sorvegliate. Per accedervi dev'essere presente un servizio di radioprotezione, il personale deve essere abilitato e protetto, e agire sotto la vigilanza dell'esperto qualificato, che dispone della storia radiologica di ciascuno basata su periodici controlli medici".
[Informazioni tratte da Corriere.it, Adnkronos/Aki, Adnkronos Salute, Adnkronos/Labitalia]