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L'Iran ha ribadito il suo no all'ultimatum sul nucleare della Nazioni Unite. Cosa faranno, adesso, gli Stati Uniti?

21 febbraio 2007

L'Iran, scaduto il periodo di 60 giorni che gli erano stati concessi per fermare le attività di arricchimento di uranio, ha annunciato nuovamente di non avere intenzione di sospendere il suo programma nucleare come precondizione per discutere degli incentivi commerciali offerti dalle sei potenze con cui sta negoziando. Ma tiene aperto il dialogo.
Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in un messaggio televisivo ha detto, riferendosi alle posizioni della comunità internazionale: ''Ci dicono 'venite e negoziate sul nucleare iraniano ma dovete fermare le vostre attività'. Ma noi vogliamo negoziati a giuste condizioni''.
Durante un discorso pronunciato nella provincia di Gilan, Ahmadinejad ha di nuovo affrontato la materia: ''Siamo in favore del dialogo. Ma per parlare impongono condizioni che ci privano dei nostri diritti. Se affermano che dobbiamo chiudere la nostra produzione nucleare, va bene. Ma un senso di giustizia richiede che coloro che vogliono negoziare facciano altrettanto e chiudano i loro impianti!''.

Il negoziatore iraniano, Ari Larijani, ha incontrato ieri a Vienna il direttore dell'Agenzia per l'Energia Atomica (Aiea), Mohamed El Baradei. Larijani ha detto di voler ''trovare la via per far partire il negoziato''. Sul tavolo della discussione la proposta di una sospensione simultanea delle attività nucleari di Teheran da una parte e delle sanzioni internazionali al regime islamico dall'altra. Venerdì, 23 febbraio, sarà pubblicato il rapporto dell'Aiea che dirà se l'Iran ha aderito alle richieste internazionali di bloccare il programma nucleare.
Ricordiamo che il consiglio di sicurezza dell'Onu, lo scorso dicembre ha vietato il trasferimento di tecnologia e di know-how al programma nucleare di Teheran, e potrebbe considerare di applicare sanzioni ancora più severe se Teheran non dovesse fermare le attività di arricchimento entro oggi.
Le potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti, sospettano che l'Iran stia sviluppando un arsenale di armi nucleari con la scusa di creare centrali atomiche per la produzione di energia elettrica.

E il sospetto che l'Iran stia costruendo armamentari nucleari fa scorgere all'orizzonte la conseguenza peggiore, che per qualcuno è già stata progettata. Parliamo di un possibile attacco armato americano nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran.
Secondo la tv britannica Bbc, i piani d'attacco già esistono e sono stati studiati nei minimi dettagli, e l'ultima versione di questi sarebbero stati pubblicati proprio alla vigilia del ritorno della crisi nucleare sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: i raid americani contro l'Iran comincerebbero prendendo di mira gli impianti nucleari di Natanz, Isfahan, Arak e Bushehr. Poi però si allargherebbero a tutte le infrastrutture militari, come le basi aeree, navali e missilistiche, e i centri di comando e controllo. I bombardieri invisibili B2 scaricherebbero i loro ordigni ''bunker-busting'', per distruggere anche gli edifici più protetti tipo il sito di Natanz, che si trova a 25 metri di profondità sotto la terra.
Il portavoce del Pentagono Bryan Whitman ha subito liquidato la notizia della Bbc come ''ridicola'', ma in realtà sarebbe sorprendente se i militari americani non avessero opzioni sempre pronte per quella zona del mondo. Infatti da diversi anni esistono almeno tre piani operativi, l'Oplan 1019, 1002 e 1004, che riguardano la regione. Nell'attuale clima di tensione è ovvio che il Pentagono aggiorni le proprie strategie.

- ''Iran, la guerra comincia'' di John Pilger (www.megachip.info)

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21 febbraio 2007
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