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L'Italia dopo il ballottaggio...

Chi ha vinto, chi ha perso e chi deve prendere in seria considerazione i "grillini"

22 maggio 2012

I ballottaggi che segnano la politica italiana portano il nome di Beppe Grillo. Il suo Movimento 5 stelle conquista per Federico Pizzarotti la poltrona di primo cittadino di Parma. In tutto sono quattro i sindaci grillini (ci sono anche Marco Fabbri a Comacchio e Jacopo Maniero a Mira che si aggiungono a Roberto Castiglion a Sarego). Abbastanza per far esultare l'ex comico: "Dopo Stalingrado, ora ci aspetta Berlino" annuncia, facendo il paragone con l'offensiva finale dell'Armata rossa contro la Wehrmacht. Dalla sua, ha anche l'elemento novità rappresentato dall'età media dei vincitori, che, ricorda con l'immancabile Twitter, è di 31 anni e sei mesi. Quanto basta per un rilancio al tavolo della politica nazionale: "E adesso riprendiamoci questo disgraziato Paese", 'cinguetta', con l'occhio rivolto alle politiche del 2013.
Ma Grillo non è l'unico a festeggiare, visto il ritorno trionfale di Leoluca Orlando a Palermo con oltre il 72% dei voti, e l'affermazione netta di Marco Doria (Sel) che si aggiudica Genova con quasi il 60% dei voti, seguendo lo schema della foto di Vasto con Pd e Idv e lasciando al terzopolista Enrico Musso la magra consolazione di aver raddoppiato i consensi rispetto al primo turno, con il 40%.

Ma è Pier Luigi Bersani a rivendicare, su scala nazionale, la vittoria. Nella sede Pd del Nazareno, il segretario Pd ha espresso tutta la sua soddisfazione per i risultati ottenuti, tra conferme di sindaci uscenti di centrosinistra (uno dei casi più signficativi è Massimo Cialente a L'Aquila) e in generale l'incremento del numero dei sindaci rispetto alla precedente tornata. In 177 comuni al voto il centrosinistra ha vinto in 92 piazze rispetto alle 45 che amministrava l'ultima volta. Ecco spiegata la soddisfazione di Bersani: "Senza se e senza ma abbiamo vinto le amministrative. Capisco il simpatico tentativo di rubarci la vittoria, ma non sarà consentito", avverte.

Il Pdl, nel frattempo, avverte l'urto in tutta la sua forza, e oscilla tra la recriminazione di Ignazio La Russa per il "prezzo pagato" al sostegno a Mario Monti che lo ha privato dell'alleanza con la Lega e il segretario Angelino Alfano che annuncia una "nuova proposta" per risvegliare i moderati che si sono astenuti.
La situazione del centrodestra arriva persino a preoccupare Bersani: "La destra - afferma - è scompaginata ma esiste nel Paese. Il nostro avversario resta quello lì, una destra che non c'è". In particolare, è la sua analisi, "c'è un vuoto d'aria, una ricerca di autore. Non è facile, io faccio gli auguri ad Alfano perché riesca a ritrovare un centrodestra europeo, costituzionale, fuori da ogni regola populistica - ha aggiunto Bersani -. Mi auguro sia possibile, ma vedo una destra esposta a richiami anti europei o di tipo generico della serie basta che sia contro il centrosinistra". E qui si coglie un'altra frecciata ai 'falchi' Pdl che non rinunciano a segnalare una certa insofferenza verso il sostegno a Monti e la 'strana alleanza' che lo sorregge in Parlamento.

La risposta del segretario arriva con una dichiarazione in cui, come d'altronde già dopo il primo turno quando aveva parlato esplicitamente di "sconfitta" incorrendo nelle critiche di Silvio Berlusconi, Angelino Alfano fa capire di aver colto il messaggio giunto dall'elettorato: "Riteniamo che gli elettori di centrodestra restino ampliamente maggioritari nel Paese. Sono chiari due fatti: questi elettori non hanno scelto e non sceglieranno la sinistra e questa volta hanno massicciamente scelto l'astensione. Il loro messaggio e fortissimo: chiedono una nuova offerta politica. Siamo determinati a offrirla a loro e al Paese".

Anche in casa leghista è tempo di bilanci. Roberto Maroni, che lamenta come le notizie degli avvisi di garanzia a Bossi e ai figli "non ci hanno aiutato" ma non si sottrae ad una riflessione: "Non demonizzo Grillo - dice l'ex ministro dell'Interno - anzi l'irrompere sulla scena politica di uno come lui impone delle riflessioni perché se un candidato vince in una grande città sono curioso di capire non solo cosa farà ma perché è stato eletto". E mentre "la Lega è radicata nel territorio" Grillo "è una realtà significativa che dà altri tipi di risposte. L'irruenza è simile ma i progetti sono diversi". In ogni caso, "non siamo né di destra né di sinistra, siamo padani". Poi su Facebook garantisce: "Sono pronto a dare il massimo per far tornare la Lega di nuovo protagonista".

Come rapportarsi con Grillo è una questione che affronta anche il leader Idv: "Lo sento regolarmente - assicura Antonio Di Pietro - non è un nemico né un concorrente. Certo che se Grillo mette come primo punto del programma di uscire dall'Europa o rinunciare all'euro non possiamo fare un governo insieme. Per sposarsi, comunque, bisogna essere in due". Ma l'ex pm mette i puntini sulle 'i' rispetto al Pd di Pier Luigi Bersani. "Gli italiani - sottolinea Di Pietro - hanno fatto una scelta di campo, lì dove il centrosinistra ha avuto il coraggio e l'umiltà di presentarsi unito ha vinto sostanzialmente dappertutto e ciò rilanciando la foto di Vasto, che noi sosteniamo come formazione anche per le prossime politiche. Laddove il centrosinistra si è diviso e non è stato all'altezza, come a Palermo o a Parma, i cittadini hanno fatto giustizia". Poi, meticolosamente, specifica: "su 177 Comuni" al voto "ha vinto quasi in 100 con la formazione Idv-Pd-Sel. Prima eravamo in 45 Comuni, ciò significa che abbiamo raddoppiato", fa i conti il leader dell'Idv.

La strategia, comunque, sembra essere a tutto campo. E così come Grillo annuncia la necessità per chi lo ha votato di "riprendersi il Paese", Di Pietro punta al bersaglio grosso lasciato sguarnito dai leghisti travolti dalle vicende interne: "Partendo dal Regno delle due Sicilie stiamo cercando di portare avanti il nostro progetto" annuncia e ora Idv punta "a liberare quella che Bossi ha chiamato Padania e che oggi è più viva e Italia che mai".

Dal fronte Terzo polo, malgrado il raddoppio dei voti di Musso a Genova, si reagisce ancora in ordine sparso. Il vice presidente Fli Italo Bocchino assicura che il progetto va avanti, e che Casini "è in sonno, ma ci ripenserà". Parole che non collimano con quelle del segretario dell'Udc Lorenzo Cesa: "Abbiamo smontato il Terzo polo - spiega - perché non volevamo un'aggregazione di sigle ma qualcosa di nuovo". Ora il progetto sembra un altro: alla novità annunciata nelle settimane scorse "Casini sta lavorando da mesi, anche in contatto con persone esterne - precisa Cesa - perché a luglio si lanci questo nuovo soggetto politico". [Adnkronos/Ign]

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22 maggio 2012
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