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L'Italia manda in Libia 10 addestratori

Il ministro La Russa: "Così aiuteremo gli insorti contro Gheddafi". Gli Usa, invece, non invieranno né truppe di terra né addestratori militari

21 aprile 2011

Si è svolto ieri a Roma l'incontro tra il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e il Segretario di Stato per la Difesa della Gran Bretagna, Liam Fox. I due colleghi hanno annunciato, nel corso di una conferenza stampa, l'invio di dieci militari italiani e dieci inglesi per l'addestramento degli insorti in Libia. Una decisione assunta dopo un colloquio tra il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Premier britannico David Cameron.
"Il governo italiano ha dato la disponibilità per inviare 10 addestratori militari in aiuto agli insorti contro Gheddafi in Libia", ha detto il ministro La Russa. "Il numero dei nostri addestratori - ha sottolineato il ministro - è pari a quello garantito dal governo britannico". "L'importante - ha aggiunto - è che i nostri due Paesi condividano la consapevolezza della necessità di addestrare gli insorti, giovani desiderosi di battersi per una causa che considerano imprescindibile ma che non hanno la necessaria preparazione militare per sostenerla".

Parlando del ruolo dell'Italia nella crisi libica, La Russa ha spiegato che "agiamo con compiti diversi ma nell'ambito della stessa squadra, la Nato". Fra i compiti in precedenza assegnati all'Italia, La Russa ne ha aggiunto due, riguardanti "il rifornimento in volo degli aerei britannici" e "l'estensione della capacità d'accoglienza degli assetti militari nelle nostre basi Nato".
Più in generale, il ministro della Difesa ha affermato di condividere con il britannico Fox "la necessità di un impegno sempre maggiore, per evitare nuovi lutti e sofferenze al popolo libico", ribadendo che "non vi è una differenza etica di comportamento fra le nazioni impegnate nell'azione in Libia dettata dalla risoluzione dell'Onu. Si tratta - osserva La Russa - di proseguire nell'impegno con l'obiettivo di consentire a tutta la Libia di avere un governo libero e democratico; impegno che per quanto concerne l'Italia è stato riconosciuto ieri anche dal capo del Consiglio nazionale transitorio degli insorti libici Jalil in visita a Roma" (LEGGI).
Ignazio La Russa ha ribadito poi che "l'intervento di truppe di terra in Libia è un'ipotesi non percorribile". "Si tratta di una ipotesi - ha precisato ancora il ministro - che non abbiamo esaminato e che non auspicano neanche gli insorti libici anti-Gheddafi".
"L'Italia fa parte di un gruppo di paesi dell'Unione europea che ha agito senza fermarsi a parlare di diritto internazionale" ha riconosciuto il ministro della Difesa britannico Fox. "Ci sono stati purtroppo dei paesi che non hanno agito al nostro fianco", ha aggiunto, alludendo alla Germania, astenutasi sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che autorizza a fare tutto il possibile per salvare la vita dei civili libici. Berlino, infatti, non partecipa alle operazioni militari nel paese del Nord Africa. Se non fossimo intervenuti, ha detto ancora Fox, "a Bengasi avremmo assistito ad una tragedia umanitaria come quelle che si stanno verificando a Misurata ed in altre città libiche".

Ma da Tripoli si sottolinea che Regno Unito, Francia e Italia hanno assunto posizioni che "non aiutano". "Ogni presenza militare (in Libia) è un passo indietro e siamo certi che, se i bombardamenti (della Nato, ndr) finissero e ci fosse un cessate il fuoco autentico, potremmo avere un dialogo tra tutti i libici su ciò che il popolo chiede: democrazia, riforme politiche, elezioni", ha detto Abdul Ati al-Obeidi, ministro degli Esteri di Gheddafi, in un'intervista alla Bbc, aggiungendo che molti paesi sostengono questa linea. Il ministro ha quindi criticato l'intenzione annunciata dal governo britannico di inviare istruttori militari nell'est della Libia per addestrare gli insorti, affermando che la mossa mette a rischio ogni possibilità di arrivare alla pace. Obeidi si è detto favorevole alla road map per la pace proposta dall'Unione africana, che prevede un cessate il fuoco prima di un periodo di governo ad interim per preparare nuove elezioni, sotto l'attenta supervisione delle nazioni unite.

Intanto, i raid aerei della Nato continuano e ieri in Libia hanno colpito obiettivi legati alle radio locali e ai centri di telecomunicazione in diverse città del paese. E continuano anche i combattimenti sul terreno, dove gli insorti hanno segnato un punto: nel corso degli scontri della scorsa notte in Cirenaica tra le forze di Muammar Gheddafi e i ribelli, questi ultimi sarebbero riusciti ad avere la meglio, avanzando su Brega. Secondo quanto ha rivelato un esponente dei ribelli alla tv araba Al Jazeera, le truppe della resistenza sono entrate ieri mattina nella città portuale in seguito al ritiro dalla zona degli uomini del regime libico. "Quella degli uomini di Gheddafi è stata una ritirata strategica - ha affermato il portavoce ribelle - perché attendono l'arrivo di nuovi rifornimenti prima di attaccarci di nuovo. Ma noi stiamo cercando di mantente le posizioni in città".
Per spezzare l'assedio lanciato dai lealisti a Misurata, dove ancora oggi si combatte, i ribelli chiedono l'invio di truppe di terra. Uno dei leader dei miliziani che combattono contro il Colonnello, Abdullah Nuri Abdullati, ha esortato Francia e Bretagna ad intervenire via terra sulla base di "principi umanitari". In precedenza, ha dichiarato Nuri Abdullati, "non abbiamo accettato alcun supporto di terra" delle truppe internazionali, ma "ciò valeva prima che Gheddafi usasse i razzi grad e gli attacchi aerei. Ora, invece, è una questione di vita o di morte".
Da parte loro, gli Stati Uniti non invieranno né truppe di terra né addestratori militari per i ribelli in Libia. "C'è la volontà di aiutarli ad organizzarsi meglio ma non prenderemo parte a questa operazione", ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton. In precedenza la Casa Bianca aveva precisato che non ci sono piani al momento per l'invio di soldati statunitensi sul campo. Allo stesso tempo Barack Obama aveva espresso il suo sostegno alla decisione degli alleati di inviare addestratori per i combattenti anti Gheddafi.

Intanto, il delfino del raìs continua ad ostentare sicurezza e si dice fiducioso sull'esito del conflitto. In un'intervista rilasciata all'emittente televisiva Allibiya, Saif al Islam, figlio di Gheddafi, ha affermato di essere convinto del fallimento inevitabile della rivolta in corso. "Sono molto ottimista", ha assicurato Saif, "saremo noi che vinceremo. La situazione cambia di giorno in giorno a nostro favore". Saif ha poi giurato che la volontà del regime non è la "vendetta" contro i ribelli. "Noi non vogliamo uccidere nessuno", ha ribadito il secondogenito di Gheddafi.
Il Colonnello, invece, è riapparso ieri alla tv di Stato. Il leader libico è stato ripreso questa mattina all'interno di una tenda, in una località ignota, mentre riceveva lo sceicco Mohammed Zinati, coordinatore dei Comitati popolari libici. Per dimostrare che si trattava di una registrazione recente, accanto al colonnello era stato posto un apparecchio televisivo che mostrava le immagini di una trasmissione mandata in onda in diretta questa mattina dalla stessa emittente di Stato.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Aise, Repubblica.it]

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21 aprile 2011
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