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L'Italia nucleare

Il Senato ha deciso: il Governo avrà tutta la responsabilità di nuclearizzare il Paese

16 maggio 2009

Nei giorni scorsi l'Aula del Senato ha dato il suo ok (con 142 sì e 105 no: sì del Pdl e dell'Udc, no del Pd e dell'Idv) gli articoli 14-15 e 16 del disegno di legge "Sviluppo ed energia" che prevedono una delega al governo in materia di nucleare.
L'esecutivo, una volta approvata definitivamente la legge, dopo il passaggio alla Camera, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, dovrà adottare uno o più decreti legislativi di "riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da corrispondere in favore delle popolazioni interessate".
Con i decreti verranno stabilite le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti di produzione di energia nucleare. Le aree in cui sorgeranno le future centrali saranno dichiarate d'interesse strategico nazionale, soggette quindi a speciali forme di vigilanza e protezione.

Il governo dovrà inoltre provvedere ad individuare le modalità attraverso le quali i produttori di energia elettrica nucleare dovranno occuparsi alla costituzione di un fondo per lo smantellamento degli impianti nucleari e il trattamento dei rifiuti radioattivi, al termine della vita operativa degli impianti. Le risorse finanziarie, di cui al suddetto fondo, saranno attribuite, oltre che alla Provincia e al Comune che ospitano la centrale nucleare, anche ai Comuni confinanti con quello in cui è situata la centrale. Come saranno a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture riconoscimento di benefici diretti alle persone residenti, agli enti locali ed alle imprese operanti nel territorio circostante il sito. Con l'approvazione dell'articolo 14 del testo, il governo nei futuri decreti legislativi, dovrà prevedere opportune forme di informazione diffusa e capillare per le popolazioni interessati al fine di creare le condizioni idonee per l'esecuzione degli interventi e per la gestione degli impianti.

La costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse saranno considerati attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica, rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate dall'opera. Sono previste procedure velocizzate per la costruzione delle centrali da parte di consorzi: la cosiddetta "autorizzazione unica" che sostituisce ogni tipo di licenza e nulla osta tranne la VIA (Valutazione Impatto Ambientale) e la VAS (Valutazione d'Impatto Strategica).
Sarà inoltre il CIPE, come stabilisce l'articolo 15 del testo approvato, con apposita delibera a definire le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che potranno essere realizzati nel territorio nazionale. Infine lo stesso CIPE individuerà i criteri e le misure per favorire la costituzione di consorzi costruzione ed esercizio, sul modello finlandese, formati da soggetti produttori di energia elettrica, da soggetti industriali anche riuniti in consorzi a loro volta.

Dunque, dopo più di vent'annim, e dopo che nel febbraio scorso Berlusconi e Sarkozy hanno siglato un'intesa per la produzione di energia nucleare che coinvolge Edf e Enel (LEGGI), in Italia si riapre la strada all'energia nucleare. Ricordiamo che a bloccarla fu un referendum che si tenne l'8 novembre del 1987, l'anno dopo della tragedia di Chernobyl.

MA LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI RESTA CONTRARIA - Malgrado l'attivismo del presidente del Consiglio e del ministro delle Attività produttive Claudio Scajola nel sostenere la necessità di costruire il prima possibile nuove centrali atomiche, una larga maggioranza di cittadini rimane comunque contraria. A confermare l'ostilità che la rivolta del 2003 contro il sito di stoccaggio per le vecchie scorie radioattive progettato a Scanzano Jonico aveva già indicato in maniera molto chiara, è ora un sondaggio svolto dall'Eurispes nell'ambito del Rapporto Italia 2009. Analizzando attraverso un questionario scritto un campione di 1.118 persone rappresentative dell'intera popolazione nazionale, l'istituto di ricerca ha rilevato una percentuale di contrari al ritorno del nucleare pari al 45,75%. La quota di favorevoli si ferma invece al 38,7%, ma in realtà andrebbe ulteriormente ridimensionata visto che ben l'8,2% di questi "sì" è vincolato al fatto che le nuove centrali vengano edificate lontano dalla loro zona di residenza.
Scavando tra le motivazioni del "no" all'atomo, l'Eurispes ha verificato che per il 27,3% il rifiuto è dettato dai rischi che tale scelta comporterebbe, mentre un 18,4% non ritiene l'atomo una soluzione rapida per risolvere i problemi connessi all'energia. Tra i favorevoli, invece, l'orientamento prevalente (30,1%) è quello di chi giudica il nucleare una buona soluzione per porre rimedio alla crisi energetica.
L'installazione di centrali nucleari sul territorio vede soprattutto contrari i residenti nell'area del Nord-Ovest (49,5%), nel Meridione (47,9%), nelle regioni centrali (47,2%) e nel Nord-Est (45,7%). In controtendenza invece le Isole, con una maggioranza di favorevoli (50%).
Il Rapporto Eurispes ha sondato poi anche la percezione degli italiani sulle problematiche ambientali in generale. Stando alle risposte fornite dal campione intervistato, l'emergenza numero 1 è quella dei rifiuti, con il 30,8% delle segnalazioni. Le preoccupazioni immediatamente successive sono quelle legate al riscaldamento globale (24,8%), l'inquinamento atmosferico (19,9%) e questione energetica (16,4%).

LA MAPPA DELL'ITALIA NUCLEARE - L'ubicazione di impianti nucleari richiede zone poco sismiche o molto stabili, vicino a grandi bacini d'acqua, ma senza pericolo di inondazioni, possibilmente lontano da luoghi densamente popolati. In Italia i siti che rispondono a queste caratteristiche sono pochi, e quelli che ci sono rischiano di essere molto affollati. Nei prossimi mesi, dovranno essere stabiliti i parametri, in base ai quali decidere dove collocare le future centrali. Sarà una fase di intenso mercanteggiamento con le autorità e le comunità locali, ma i margini di manovra sono ristretti anche dalla particolare conformazione geologica e costiera italiana.
Per farsi un'idea di quali luoghi potrebbero andare bene per la costruzione delle centrali si potrebbe partire dalla mappa dei possibili siti che il Cnen (poi diventato Enea) disegnò negli anni '70. E' una mappa, però, largamente superata dagli eventi. In molte aree, infatti, si è moltiplicata la densità abitativa, che il Cnen considerava un parametro sfavorevole. Soprattutto, è cambiato il rapporto con l'acqua. Come dicevamo all'inizio le centrali hanno bisogno di molta acqua per raffreddare i reattori e, per questo vengono, di solito, costruite vicino ai fiumi o al mare. Il rischio, quando si tratta di fiumi, sono le piene, più frequenti negli ultimi decenni. Ma è un pericolo relativo. Il problema, in realtà, non è troppa acqua, ma troppo poca. Il riscaldamento globale sta diminuendo la portata dei fiumi e c'è il dubbio che, in estate, la portata del Po non sia sufficiente per il raffreddamento delle centrali.


Centrale nucleare di Caorso

L'alternativa sono le coste e l'acqua del mare. Ma il riscaldamento globale innalzerà progressivamente, nei prossimi decenni, il livello dell'Adriatico, del Tirreno e dello Jonio, ponendo a rischio allagamento centrali costruite per durare, mediamente, una cinquantina d'anni. Il Cnen, ad esempio, aveva indicato fra le aree più idonee il delta del Po e quello del Tagliamento, nell'Adriatico settentrionale. Ma il suo successore, l'Enea, definisce tutta la costa adriatica a nord di Rimini come la zona italiana a più alto pericolo di allagamento, con un innalzamento - minimo - del livello del mare di 36 centimetri.
E lontano dalle coste? Qui, il problema sono i terremoti. Sono poche, come mostra la storia recente e meno recente, le zone italiane esenti dal rischio sismico. Secondo la carta dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, davvero al riparo dai tremori della terra ci sono solo, oltre alla Sardegna, l'area di confine fra Piemonte e Lombardia e l'estremo lembo della Puglia. Naturalmente, una centrale può essere costruita con le più avanzate tecniche antisismiche. Qui, però, il problema non è tanto - o soltanto - l'eventualità di uno scuotimento catastrofico, che spacchi il reattore e riversi all'esterno la radioattività. Il problema sono fenomeni che compromettano il funzionamento del reattore.

Se sovrapponete la mappa dell'Enea sull'allagamento delle coste a quella dell'Istituto di geofisica, le aree a totale sicurezza (a prescindere dagli altri possibili parametri) che ne risultano sono quelle poche zone della Sardegna, della Puglia e del corso del Po. Qui, presumibilmente, si dovrebbero concentrare le centrali del piano nucleare italiano. Ma quante? Il governo ha finora parlato di quattro centrali. L'obiettivo dichiarato, tuttavia, è arrivare a soddisfare, con il nucleare, il 25 per cento del fabbisogno elettrico italiano.

[Informazioni tratte da Ansa.it, il Velino.it, Repubblica.it (articoli di Roberto Petrini e Maurizio Ricci)]

- Le mappe nucleri per l'Italia (Greenpeace.org)

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16 maggio 2009
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