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L'Italia parte per il Libano

Il ministro degli esteri Massimo D'Alema: ''Non andiamo per la guerra ma per difendere e consolidare la pace''

28 agosto 2006

La missione dei militari italiani in Libano è iniziata. La nave San Marco della Marina Militare è partita ieri nel tardo pomeriggio dalla banchina del porto di Marghera. A bordo i mezzi e i 120 soldati del reggimento lagunari Serenissima che saranno impegnati nella prima fase della missione di pace Onu per dare attuazione alla risoluzione 1701, nei territori che fino a qualche settimana fa sono stati il tetro di guerra del conflitto tra l'esercito israeliano e i miliziani Hezbollah libanesi.
La San Marco raggiungerà la portaerei Garibaldi, la corvetta Fenice e le altre due navi da sbarco San Giusto e San Giorgio, che si trovano tutte nel mare pugliese. L'arrivo davanti alle coste libanesi è previsto per venerdì.
''Non partiamo per la guerra ma andiamo in Libano per difendere e consolidare la pace'' essendo visti come ''amici'' da entrambe le parti: queste le parole del vice premier e ministro degli Esteri Massimo D'Alema in un'intervista al Tg5. ''La missione potrebbe essere lunga ma spero abbia successo''.

Oggi pomeriggio il Consiglio dei ministri varerà il decreto necessario per dare ufficialmente il via alla missione. Il decreto sarà successivamente convertito in legge dalle due Camere (ci sono sessanta giorni di tempo), ma nel frattempo, senza dovere attendere il via libera definitivo del Parlamento, il contingente italiano, entrerà nella fase operativa.
La forza internazionale Unifil sarà composta da circa 7 mila soldati provenienti da diverse nazioni, perlopiù europee. I contingenti più significativi saranno quello francese, composto da 2 mila militari, e quello italiano, che ne dislocherà 2500 (ma arriveranno a 3 mila). ll comando sul territorio sarà inizialmente affidato alla Francia; a febbraio 2007 ci sarà il passaggio di consegne ad un generale italiano.
Il contingente italiano sarà eterogeneo, ma composto prevalentemente da uomini della Marina. A parte i circa 1.500 marinai che costituiscono gli equipaggi delle 5 navi e il gruppo di volo della Garibaldi (con elicotteri e caccia AV8B), i restanti 800-1.000 uomini - quelli che verranno schierati sul terreno - sono in buona parte fanti di Marina del reggimento San Marco. Insieme a loro i 120 lagunari dell'Esercito partiti ieri da Marghera (che con i marò costituiscono la Forza nazionale di proiezione dal mare) ed altre aliquote di questa stessa forza armata: specialisti del Genio, artificieri, Nbc, uomini della logistica e delle Forze speciali. Presenti anche carabinieri con compiti di polizia militare. A capo del contingente nazionale l'ammiraglio di divisione Giuseppe De Giorgi. Le funzioni di comando e controllo saranno essere esercitate, in un primo momento, da bordo della Garibaldi, come avvenuto già per le missioni in Iraq e a Timor est (in quest'ultimo caso la nave era il San Giusto). Solo tra un paio di mesi a questa ''forza d'ingresso'' subentrerà, gradualmente, il contingente vero e proprio: 3.000 uomini della Brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli, con diverse aliquote provenienti da altre Brigate.

Per quanto riguarda le ''regole d'ingaggio'' la risoluzione 1701 definisce i compiti del contingente multinazionale. Tra gli altri: monitorare la cessazione delle ostilità; assistere il governo di Beirut nell'impedire l'ingresso nel Paese di armi; supportare l'esercito libanese nello schieramento nel sud del Paese, dove gli stessi libanesi (con l'assistenza di Unifil) dovranno costituire un'area libera da personale armato.
È già stato più volte chiarito che non spetta ai militari del contingente internazionale disarmare Hezbollah, ma le regole di ingaggio consentono ai soldati della Forza Onu l'uso delle armi in caso di minaccia armata o di intento ostile.
La previsione dei costi della missione parla di una spesa di 250-270 milioni di euro per tutto quest'anno, vale a dire circa 65 milioni al mese; una cifra che poi, passato lo sforzo iniziale, tenderebbe ad assestarsi sui 250 milioni a semestre. Ma le pianificazioni hanno subito nel tempo notevoli aggiustamenti e non è ancora chiaro quanto numeroso sarà lo schieramento finale: per questo le cifre potrebbero variare, anche sensibilmente.

Ieri il presidente del Consiglio Romano Prodi è tornato a parlare della missione, ribadendo che nella forza internazionale Unifil ''ci saranno anche Paesi musulmani''. Prodi ha spiegato i dettagli del colloquio con il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan e ha espresso alcune considerazioni sull'intera operazione. ''Dalle dichiarazioni che ho avuto c'è la sensazione che sia una missione sentita da tutto il Paese. Poi può darsi che sui particolari, su alcuni aspetti, possano esserci dei dissensi, ma il significato profondo è comune a tutti'' ha detto Prodi. Sulle continue richieste di precisazione delle regole d'ingaggio da parte di esponenti del centrodestra il leader dell'Unione ha tagliato corto: ''Ho già detto più volte che in materia le regole di ingaggio sono chiarissime. Poi ognuno fa le sue dichiarazioni''.
La presenza di forze militari islamiche era tra i punti contestai da Israele. ''Stando a quanto Kofi Annan mi ha detto ieri - ha precisato Prodi - il dialogo con questi Paesi va avanti e c'è un accordo generale perché ci siano anche Paesi musulmani''. C'è poi la prospettiva di attuare misure analoghe per la situazione palestinese. Un'ipotesi che Israele ha sempre rifiutato ma Prodi ancora ieri ha ribadito a ad Annan che la questione della Palestina rimane cruciale per una pace vera in tutto il Medio Oriente.
Sull'ipotesi futura di una presenza Onu nella striscia di Gaza, Prodi ha rinviato a passi futuri: ''Adesso risolviamo il problema Libano, tutto questo dà una nuova forza all'Onu e all'Unione Europea e ci mette in grado di affrontare successivamente con maggiore possibilità di successo gli altri problemi''.

Soldati rapiti, l'Italia tratta con Hezbollah

Nasrallah conferma il negoziato per la liberazione degli israeliani. Ma la Farnesina smentisce
di Francesco Grignetti (La Stampa, 28 agosto 2006)

Ufficialmente il governo nega - com'è ovvio - ma ieri il leader degli Hezbollah, Nasrallah, in un'intervista televisiva, ha svelato che qualcosa si muove. ''L'Italia - ha detto il capo del Partito di Dio all'emittente New Tv - sta cercando di entrare nella questione. Da breve sono iniziati contatti con i negoziatori. Le Nazioni Unite sono interessate e le trattative si svolgono tramite il presidente (del Parlamento libanese, ndr) Berri''.
Bene. O forse male. Queste sono questioni di cui è meglio non parlare troppo. Tanto è vero che immediatamente la Farnesina ha diramato un comunicato per ribadire che non c'è ''nessun elemento di novità'' e che l'Italia ''non è coinvolta in nessuna trattativa segreta'' nello scambio di prigionieri. Ad ogni modo, il nostro ministro degli Esteri rinnova la richiesta di liberare tutti i militari israeliani rapiti, non dimenticando che c'è un soldato in ostaggio di palestinesi nella Striscia di Gaza.

Questione incandescente, quella dei prigionieri. In Libano è uno dei nodi più complicati da sbrogliare. Israele lamenta la cattura di due suoi soldati a un posto di frontiera da parte di Hezbollah e ne pretende la liberazione. La milizia sciita si fa paladina dei prigionieri palestinesi e libanesi che si trovano nelle prigioni israeliane e non intende mollare. Diversi mediatori sono all'opera, della diplomazia ufficiale e di quella parallela. Da quel poco che si sa, agenti del Sismi si sono precipitati a Beirut e stanno facendo la spola tra le varie capitali dell'area per organizzare uno scambio.
La duplice cattura è stata la scintilla che ha innescato il conflitto di quest'estate. ''E noi non avremmo ordinato la cattura dei due soldati se avessimo previsto che ciò avrebbe condotto ad una guerra di tale ampiezza'', ha ammesso ieri Nasrallah. L'opinione pubblica israeliana è sensibilissima al tema e sta facendo una pressione terribile sul governo. Il primo che ha parlato di una possibile mediazione del Sismi è stato il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa: ''Se ci riuscissimo - ripeteva anche ieri - sarebbe un ottimo viatico alla missione. Ribadisco che l'Iran ha fatto sapere di fidarsi solo dell'Italia. Naturalmente dicono anche di non avere nelle loro mani i prigionieri, ma di poter fare pressioni su Hezbollah. Ma io, da presidente di una commissione, qui mi fermo. Spetta al governo, se lo ritiene, di attivarsi. Oppure di darmi indicazioni''.
De Gregorio pare saperne molto. Qualche giorno fa gli era arrivato un messaggio dall'Iran - tanto per capire quale è il legame che lega Teheran agli Hezbollah libanesi - e cioè dal segretario del Supremo Consiglio per la sicurezza nazionale Alì Larjani. ''I due militari sono vivi, ma hanno bisogno di cure'', riferì De Gregorio, immediatamente intervistato da tutti i maggiori quotidiani israeliani.

Dai giornali arabi, però, filtrano indiscrezioni su un'altra trattativa che pare incrociarsi, e forse sovrapporsi, a quella italiana. Anche i servizi segreti tedeschi sono in azione. E pare quasi essersi accesa una gara tra Roma e Berlino a chi avrà successo nell'organizzare lo scambio. I precedenti parlano a favore dei tedeschi: nel 1996 furono gli 007 del Bnd a coordinare uno scambio tra Israele e Hezbollah (salme di due soldati contro miliziani). Di nuovo i tedeschi riuscirono nell'impresa nel 2004 dopo che Hezbollah aveva rapito a Beirut uno strano uomo d'affari, già ufficiale della riserva, Elehannan Tenembaum: grazie alla mediazione di Berlino, Israele scambiò 36 prigionieri fra membri di Hezbollah e palestinesi contro la vita di Tenembaum.
Gli italiani del Sismi, a loro volta, possono vantare un buon successo nella diplomazia parallela: mediarono per i miliziani palestinesi che si erano asserragliati nella Basilica della Natività, a Betlemme e che minacciavano di non uscirne se non in un bagno di sangue. Era il maggio 2002. Dopo trentacinque giorni di assedio, tredici militanti, quasi tutti delle ''Brigate martiri Al-Aqsa'', uscirono dalla basilica e furono portati a Cipro per essere poi disseminati in diversi Paesi europei. Tre toccarono all'Italia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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28 agosto 2006
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