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L'Italia può e deve farcela

Tutti condividono (tranne la Lega) le parole del Capo dello Stato. I sindacati sperano che queste vengano ben ascoltate dal governo

02 gennaio 2012

"Grazie a tanti di voi, a tanti italiani, uomini e donne, di tutte le generazioni e di ogni parte del paese, per il calore con cui mi avete accolto ovunque mi sia recato per celebrare la nascita dell'Italia unita e i suoi 150 anni di vita". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha aperto il tradizionale messaggio televisivo, a reti unificate, di fine anno.
"Il mio", ha detto Napolitano, "è, in sostanza, un grazie per avermi trasmesso nuovi e più forti motivi di fiducia nel futuro dell'Italia. Che fa tutt'uno con fiducia in noi stessi, per quel che possiamo sprigionare e far valere dinanzi alle avversità: spirito di sacrificio e slancio innovativo, capacità di mettere a frutto le risorse e le riserve di un'economia avanzata, solida e vitale nonostante squilibri e punti deboli, di un capitale umano ricco di qualità e sottoutilizzato, di un'eredità culturale e di una creatività universalmente riconosciute. Non mi nascondo, certo, che nell'animo di molti, la fiducia che ho sentito riaffiorare e crescere nel ricordo della nostra storia rischia di essere oscurata, in questo momento, da interrogativi angosciosi e da dubbi che possono tradursi in scoraggiamento e indurre al pessimismo. La radice di questi stati d'animo, anche aspramente polemici, è naturalmente nella crisi finanziaria ed economica in cui l'Italia si dibatte. Ora, è un fatto che l'emergenza resta grave: è faticoso riguadagnare credibilità, dopo aver perduto pesantemente terreno".

Per il presidente della Repubblica "lo sforzo di risanamento del bilancio, culminato nell'ultimo, così impegnativo decreto approvato giorni fa dal Parlamento, deve essere portato avanti con rigore. Nessuna illusione possiamo farci a questo riguardo. Ma siamo convinti che i frutti non mancheranno. I sacrifici non risulteranno inutili. Specie se l'economia riprenderà a crescere : il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale. Parlo dei sacrifici, guardando specialmente a chi ne soffre di più o ne ha più timore. Nessuno, oggi - nessun gruppo sociale - può sottrarsi all'impegno di contribuire al risanamento dei conti pubblici, per evitare il collasso finanziario dell'Italia. Dobbiamo comprendere tutti che per lungo tempo lo Stato, in tutte le sue espressioni, è cresciuto troppo e ha speso troppo, finendo per imporre tasse troppo pesanti ai contribuenti onesti e per porre una gravosa ipoteca sulle spalle delle generazioni successive".
Per Napolitano è necessario impegnarsi "a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale. E' un'opera di lunga lena, che richiede accurata preparazione di strumenti efficaci e continuità: ed è quanto si richiede egualmente per un impegno di riduzione delle disuguaglianze, di censimento delle forme di ricchezza da sottoporre a più severa disciplina, di intervento incisivo su posizioni di rendita e di privilegio. Ma mentre è giusto, anzi sacrosanto, fare appello perché si agisca in queste direzioni, è necessario riconoscere come si debba senza indugio procedere alla puntuale revisione e alla riduzione della spesa pubblica corrente : anche se ciò comporta rinunce dolorose per molti a posizioni acquisite e a comprensibili aspettative".
Quindi, ha proseguito il Capo dello Stato, "per procedere con equità si deve innanzitutto stare attenti a non incidere su già preoccupanti situazioni di povertà, o a non aggravare rischi di povertà cui sono esposti oggi strati più ampi di famiglie, anche per effetto della crescita della disoccupazione, soprattutto giovanile. Ma più in generale occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi. Bisogna dunque ripensare e rinnovare le politiche sociali e anche, muovendo dall'esigenza pressante di un elevamento della produttività, le politiche del lavoro. Senza mettere in causa la dimensione sociale del modello europeo, il rispetto della dignità e dei diritti del lavoro".

Il presidente ha ricordato i tanti incontri con le maestranze delle fabbriche: "Comprendo, e sento molto, in questo momento, le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, come quelle di chi ha concluso o sta per concludere la sua vita lavorativa mentre sono in via di attuazione o si discutono ancora modifiche del sistema pensionistico. Ma non dimentico come nel passato, in più occasioni, sia stata decisiva per la salvezza e il progresso dell'Italia la capacità dei lavoratori e delle loro organizzazioni di esprimere slancio costruttivo, nel confronto con ogni realtà in via di cambiamento, e anche di fare sacrifici, affermando in tal modo, nello stesso tempo, la loro visione nazionale, il loro ruolo nazionale".
Il Paese ha davanti grandi prove. "L'Italia può e deve farcela", ha detto il presidente Napolitano, "la nostra società deve uscirne più severa e più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più viva, più aperta, più coesa. Rigore finanziario e crescita. Crescita più intensa e unitaria, nel Nord e nel Sud, da mettere in moto con misure finalizzate alla competitività del sistema produttivo, all'investimento in ricerca e innovazione e nelle infrastrutture, a un fecondo dispiegarsi della concorrenza e del merito. E' a queste misure che ha annunciato di voler lavorare il governo, nel dialogo con le parti sociali e in un rapporto aperto col Parlamento. Obbiettivo di fondo : più occupazione qualificata per i giovani e per le donne".
Per il capo dello Stato "i sacrifici sono inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini, è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. E' questo obbiettivo che può meglio motivare gli sforzi da compiere: è questo l'impegno cui non possiamo sottrarci. Perseguire questi obbiettivi, uscire dalle difficoltà in cui non solo noi ci troviamo è impossibile senza un più coerente sforzo congiunto al livello europeo. E' comprensibile che anche in Italia si manifesti oggi insoddisfazione per il quadro che presenta l'Europa unita. Ma ciò non deve mai tradursi in sfiducia verso l'integrazione europea: solo uniti potremo ancora progredire e contare come europei in un quadro mondiale radicalmente cambiato. All'Italia tocca perciò levare la sua voce perché si vada avanti verso una più conseguente integrazione europea, e non indietro verso anacronistiche chiusure e arroganze nazionali. Abbiamo solo da procedere nel cammino intrapreso, anche per far meglio sentire, in seno alle istituzioni europee - in condizioni di parità - il nostro contributo a nuove, meditate decisioni ed evoluzioni dell'Unione".

"E' importante ora che l'Italia possa contare su una fase di stabilità e di serenità politica", ha sottolineato il presidente Napolitano. "Mi auguro che i cittadini guardino con attenzione, senza pregiudizi, alla prova che le forze politiche daranno in questo periodo della loro capacità di rinnovarsi e di assolvere alla funzione insostituibile che gli è propria di prospettare e perseguire soluzioni per i problemi di fondo del paese. Non c'è futuro per l'Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica. Solo così ci porteremo, nei prossimi anni, all'altezza di quei problemi di fondo che sono ardui e complessi e vanno al di là di pur scottanti emergenze. Avvertiamo quotidianamente i limiti della nostra realtà sociale, confrontandoci con la condizione di quanti vivono in gravi ristrettezze, con le ansie e le incertezze dei giovani nella difficile ricerca di una prospettiva di lavoro. E insieme avvertiamo i limiti del nostro vivere civile, confrontandoci con l'emergenza della condizione disumana delle carceri e dei carcerati, o con quella del dissesto idrogeologico che espone a ricorrenti disastri il nostro territorio, o con quella di una crescente presenza di immigrati, con i loro bambini, che restano stranieri senza potersi, nei modi giusti, pienamente integrare. Ci si pongono dunque acute necessità di scelte immediate e di visioni lungimiranti".
Occorre "una nuova forza motivante perché si sprigioni e operi la volontà collettiva indispensabile; occorrono coraggio civile e sguardo rivolto con speranza fondata verso il futuro", ha detto il presidente Napolitano riprendendo "alte voci spirituali" levatesi nei giorni natalizi. E ha concluso: "La fiducia in noi stessi è il solido fondamento su cui possiamo costruire, con spirito di coesione, con senso dello stare insieme di fronte alle difficoltà, dello stare insieme nella comunità nazionale come nella famiglia. E allora apriamoci così al nuovo anno: facciamone una grande occasione, un grande banco di prova, per il cambiamento e il nuovo balzo in avanti di cui ha bisogno l'Italia". [Leggi il discorso per intero - pdf]

Il discorso di Napolitano ha raccolto il consenso quasi unanime delle forze politiche, con la sola Lega Nord che si è smarcata. Per il presidente del Consiglio, Mario Monti, quelle del capo dello Stato sono "buone indicazioni di lavoro". "Si è trattato di un messaggio forte che, provenendo dalla personalità più rispettata e amata dagli italiani, infonde fiducia nell'affrontare i sacrifici necessari per il futuro dei nostri figli, e accresce ulteriormente la motivazione del governo", ha detto Monti.
Secondo il presidente della Camera Gianfranco Fini, "tutti gli italiani devono essere grati al Presidente della Repubblica per aver indicato la via per un futuro migliore: essere davvero una comunità nazionale che oggi come ieri mostra nei momenti più difficili della propria storia di sapersi unire per raggiungere l'obiettivo. Sono certo che l'appello del presidente della Repubblica non cadrà nel vuoto, perché gli italiani riconoscono il lui una guida morale".
Per il presidente del Senato Renato Schifani, quello di Napolitano è stato "un discorso alto, realista, coraggioso e onesto. Istituzionalmente impeccabile. Nelle parole del Presidente Napolitano emerge un forte richiamo alla capacità del nostro Paese di superare, come in passato, momenti difficili attraverso le sue articolazioni sociali, politiche ed istituzionali".

Il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, ha invitato tutti a rispondere all'appello di Napolitano. "In tutto il discorso del presidente c'è un richiamo appassionato all'idea di comunità, al destino comune degli italiani. Bisogna corrispondere a quel richiamo con giustizia, solidarietà e con coraggio" ha detto Bersani. "In un momento così difficile bisogna imparare, in particolare, quella vicinanza profonda al mondo del lavoro che le parole del presidente hanno ancora una volta testimoniato. Non sarà un anno facile. Per quello che ci compete faremo come dice il presidente: ci metteremo tanto impegno, tanta responsabilità e tanta fiducia" conclude il leader del Pd.
Il discorso del capo dello Stato questa volta è piaciuto anche all'Italia dei Valori. Per Antonio Di Pietro, le parole di Napolitano sono "sostanzialmente condivisibili giacché si è soffermato sulle cause che hanno portato a questa crisi economica e istituzionale ed ha analizzato la situazione attuale con molta chiarezza. L Italia dei Valori ha sempre chiesto di rimuovere le cause del degrado politico e sociale cominciando proprio dalla lotta all evasione fiscale, alla corruzione e alle disuguaglianze economiche e sociali, e di questo ci ha dato atto anche il Presidente Monti nella conferenza di fine anno. Per quanto ci riguarda faremo fino in fondo il nostro dovere, senza preconcetti, in Parlamento e nelle piazze, affinché le disuguaglianze economiche e sociali si possano ridurre e si possa ridare speranza a questo Paese e ai nostri giovani, come ha auspicato nel suo discorso il Presidente Napolitano".
Sostegno a Napolitano anche da Futuro e Libertà. Per Italo Bocchino "va accolto il monito sullo Stato che è cresciuto troppo e spende troppo, in maniera incontrollata e insostenibile. Serve pertanto un taglio draconiano della spesa pubblica improduttiva" mentre "la politica saprà rigenerarsi e riconquistare quella fiducia auspicata dal presidente Napolitano".
Critiche al presidente, invece, sono arrivate dalla sinistra. "Il discorso di Giorgio Napolitano risulta esser fatto dal presidente di una colonia franco-tedesca - ha dettto Marco Rizzo, segretario dei Comunisti italiani - . Il paradosso è che dopo aver celebrato in pompa magna i 150 anni dell'Unita d'Italia ci troviamo ad esser privati della sovranità nazionale a favore del nuovo potere del capitalismo neo-carolingio targato unione europea".

Al limite dell'offesa il commento di Roberto Calderoli, senatore della Lega: "Sembra il discorso di 'Cetto la qualunque', un messaggio tratto dal film 'Qualunquemente'. Per contenuti ricorda la conferenza del premier Monti: un libro dei sogni con tanti luoghi comuni". Calderoli accusa il capo dello Stato di aver fatto un panegirico del governo Monti e conclude: "La cosa che più mi ha dato fastidio è che non c'è nessun accenno al federalismo: questa è una colpa! Penso che ormai l'Italia sia il passato e il futuro sia la Padania".
Più ragionata la dichiarazione di Roberto Maroni, ex ministro della Lega, secondo il quale "è condivisibile nell'analisi" di Napolitano per quanto riguarda ciò che è successo, ma sul resto "si è espresso dal capo del governo", facendo capire chiaramente che si andrà al voto nel 2013.

"Forte apprezzamento" per le parole del presidente è stato espresso da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil: "Le sue sono state le parole di un grande presidente", ha affermato Camusso che ha particolarmente apprezzato "il forte richiamo all'unità e alla coesione sociale del Paese" e il riferimento puntuale ai temi del lavoro.
Ma, la prospettiva di un 2012 all'insegna della recessione e della disoccupazione, fa tremare i sindacati che, dopo aver lodato il discorso di Napolitano, lanciano l'allarme sulla coesione sociale. "C'è un rischio reale di tensioni sociali crescenti nei prossimi mesi", ha detto chiaramente Susanna Camusso, che va contrastato con un Piano per il lavoro.
Sulla stessa linea il numero uno della Uil: "C'è il rischio di andare verso una fase di recessione e, quindi, di riduzione dei posti di lavoro. L'aumento della disoccupazione non è certo un antidoto alla pace sociale, anzi è benzina sul fuoco", ha afferma Luigi Angeletti. Sul tema c'è stata già oggi una prima presa di contatto con il governo.
Il presidente del Consiglio Mario Monti ha fatto la prima mossa. Ha chiamato i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl per fare gli auguri e ha espresso l'augurio di raggiungere la "massima intesa" sui temi del lavoro e dell'occupazione, pur sottolineando "l'esigenza di operare con la sollecitudine imposta dalla situazione".
Per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: "Solo con la concertazione ed il dialogo sociale si possono affrontare i problemi gravi del paese, distribuendo il peso dei sacrifici". Il "rischio tensioni" è "da contrastare con un Piano per il lavoro, la vera emergenza", ha ribadito la Camusso perché la "recessione avrà un impatto duro su occupazione e redditi". C'è, quindi, il "rischio che cresca il conflitto sociale - avverte ancora - con l'aumento delle diseguaglianze".
I sindacati chiedono, dunque, di partire dall'occupazione, per arginare l'aumento di posti di lavoro persi: ad oggi, secondo il ministero dello Sviluppo economico, sono 30 mila i lavoratori a rischio, considerando solo i tavoli di crisi aziendali coordinati dallo stesso ministero, mentre è di 300 mila - spiega - il dato che si riferisce "al complesso di tutta l'occupazione diretta e indiretta (incluso ad esempio l'indotto) delle imprese a vario titolo coinvolte" ma che "non coincide assolutamente con il numero di posti di lavoro a rischio".

Il richiamo delle organizzazioni dei lavoratori è ad agire per evitare il peggiorare del quadro occupazionale, con un tasso di disoccupazione stimato in salita al 9% alla fine del 2012 dal Centro studi di Confindustria e per il 2013, anche per via dell'attenuazione del reintegro delle persone in cig. "Questo è il problema su cui concentrarsi", dice Angeletti, e per farlo bisogna partire dalla "riduzione delle tasse sul lavoro" altrimenti "le parole occupazione e crescita sono solo uno slogan".
Ovviamente a questo si affianca la questione giovanile e della precarietà, insieme alla garanzia di un futuro previdenziale per i figli e i nipoti di oggi. Tutti temi cui ha fatto riferimento il capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno. E che saranno al centro della riforma del mercato del lavoro, guidata dal ministro Elsa Fornero, che si appresta a partire (gli incontri prenderanno il via dopo la Befana, nella seconda settimana di gennaio). Ridurre la precarietà: da 46 forme di assunzione a tre o quattro e rendere le forme flessibili più costose, sono i punti da cui cominciare, sostiene la Cgil, rilanciando "con forza" la necessità di un piano per il lavoro e l'avvio di un confronto col sindacato.
La questione della giungla contrattuale di certo approderà sul tavolo con il governo, insieme ai modi con cui incentivare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e come creare posti di lavoro: "Rimettere in moto l'occupazione. Questa è la nostra prima emergenza" ha detto solo pochi giorni Fornero. "Lavoro, il vero augurio per il 2012, buon anno!", scrive Camusso su Twitter.

[Informazioni tratte da Aise, Adnkronos/Ign, ANSA, Repubblica.it, Lasiciliaweb.it]

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02 gennaio 2012
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