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L'olocausto del Canale di Sicilia

''...C'erano decine di persone morte in acqua. La cosa più straziante è stata vedere i corpi dei bambini...''

31 luglio 2006

''Abbiamo visto una barca che affondava. C'erano decine di persone in acqua, molte erano morte. La cosa più straziante è stata vedere i corpi dei bambini''.
Vincenzo Nardulli, 52 anni, comandante del peschereccio 'Saverio De Ceglia' ha ancora negli occhi le immagini strazianti della scorsa notte. Insieme ai quattro uomini del suo equipaggio ha soccorso un gruppo di clandestini finiti in mare dopo che la loro imbarcazione si era spezzata in due.
Qualche ora prima che l'italiano li avvistasse un'imbarcazione maltese aveva affiancato gli extracomunitari e si era allontanata rapidamente rispondendo all'Sos dei naufraghi con un'incitazione a nuotare fino alla terraferma. Nardulli ha avvistato i clandestini a 40 miglia da Malta, in acque territoriali de La Valletta. Erano tutti già in acqua.

Ce l'hanno fatta solo in 13. Ancora incerto il numero dei morti. Alcuni sopravvissuti hanno riferito di essere partiti in 33 dalla Somalia, i dispersi dunque sarebbero 20. Tra le vittime anche sette bambini, come ha confermato il vicepremier maltese Tonio Borg. Due erano neonati di tre e sei mesi, mentre altri cinque avevano meno di dieci anni ed erano fratelli. Sono annegati insieme alla madre. Si è salvato il sesto fratello che ha visto sparire tra le onde tutta la sua famiglia. Ora si trova, assieme agli altri sopravvissuti, nel centro di detenzione di Lyister in gravissime condizioni psicologiche come le madri dei due neonati che non sono riuscite a trarre in salvo i loro piccoli.

Sono stati gli stessi extracomunitari a raccontare al capitano, 52 anni originario di Molfetta, di essere stati costretti a gettare in acqua i cadaveri dei compagni di viaggio morti durante la traversata.
''Uno dei clandestini che abbiamo soccorso, un ragazzino di circa 16 anni, - ha raccontato Nardulli - mi ha raccontato di essere partito con la madre e i fratelli e di averli visti morire tutti''. ''E' stata un'esperienza tremenda - ha aggiunto il capitano -. Gli extracomunitari erano in condizioni tragiche. Stremati, disidratati, hanno riferito di essere rimasti senza bere né mangiare per tre giorni''.
Recuperarli, ha aggiunto, è stato difficile: ''Il peschereccio è alto e non avevano le forze per issarsi a bordo. Abbiamo dovuto usare le cime''.
Ad aiutare il capitano Nardulli nei soccorsi sono stati i 4 uomini del 'De Ceglia', imbarcazione dell'armatore pugliese Saverio De Ceglia. Due anni fa Nardulli aveva salvato un altro gruppo di immigrati. Il peschereccio ha lasciato Malta ieri sera. Le autorità de La Valletta l'avevano autorizzato a salpare nel pomeriggio, ma le cattive condizioni del mare l'hanno costretto a rinviare il viaggio verso la Sicilia.

E purtroppo non ce l'ha fatta, uno dei sette immigrati sopravvissuti, soccorsi dopo la tragedia avvenuta la notte tra venerdì e sabato a 130 miglia da Lampedusa, e ricoverati al Civico di Palermo (leggi). Restano in coma i due compagni di viaggio, intubati dopo il trasbordo sulla nave della Marina militare ''Sibilla''. Ancora in prognosi riservata anche gli altri 4 sopravvissuti, tutti ricoverati in rianimazione.
Sul barcone soccorso dalla ''Sibilla'' erano in 14. Sette sono stati portati al Civico, sette nel cpt di Lampedusa. I superstiti hanno raccontato di essere partiti dalla Libia in 27. Tredici immigrati, durante il viaggio, sono morti ed i loro corpi sono stati gettati in acqua.
 
Il Mediterraneo come una roulette russa
Su questa ennesima tragedia dell'immigrazione è intervenuto il portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) Laura Boldrini. ''E' evidente che la situazione è sempre più drammatica e che la traversata del Mediterraneo è diventata ormai una roulette russa. I trafficanti utilizzano imbarcazioni non adatte e le affidano a gente inesperta che non ha mai visto il mare'', ha commentato. ''I pescatori poi, sempre più spesso, - ha aggiunto - decidono di non ottemperare alla legge del mare perché si sentono penalizzati dalle norme sull'immigrazione e temono le ripercussioni burocratiche e giudiziarie che seguono al soccorso degli immigrati in difficoltà. I pescherecci che portano in salvo i clandestini spesso, una volta giunti a terra, vengono sottoposti a fermo da parte dell'autorità giudiziaria e il comandante dell'imbarcazione rischia, in alcuni casi, un'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina''. ''Bisogna fare il possibile - ha aggiunto - per cercare di ridimensionare quest'immane tragedia. Ha ragione il ministro Amato ad invocare una più stretta azione di pattugliamento congiunto tra gli stati dell'Ue nel rispetto, però, delle garanzie dei richiedenti asilo e dei rifugiati che potrebbero trovarsi a bordo delle carrette del mare''. ''Si deve garantire - ha concluso - che persone bisognose di protezione internazionale non siano rimandate indietro in Stati in cui sarebbero in pericolo e che venga quindi rispettato il principio fondamentale del non respingimento''.

E a chiedere un potenziamento dei pattugliamenti è anche il vicepremier maltese Tonio Borg che ha sollecitato un coinvolgimento della Libia nelle operazioni: ''Concordo con quanto detto dal portavoce dell'Unhcr: ormai la traversata del Mediterraneo si è trasformata in una vera e propria roulette russa. Da stime fatte solo nel 2005 sarebbero tra 600 ed 800 le persone che hanno perso la vita durante i cosiddetti viaggi della speranza nel Mediterraneo verso le coste europee''.
''Questa tragedia - ha aggiunto Borg - conferma l'importanza della richiesta fatta dall'Italia e da Malta all'Ue di potenziare i pattugliamenti congiunti ai confini delle acque libiche''. ''È inoltre necessario che i ministri dell'Interno dell'Ue - ha concluso - tornino a riunirsi. È necessario aprire un dialogo con la Libia per indurla ad accettare di partecipare ai pattugliamenti europei''.

Ma i drammatici epiloghi dei viaggi della speranza non fermano gli sbarchi: l'equipaggio della nave militare 'Sibilla' ha soccorso, a 23 miglia a sud di Lampedusa, una piccola imbarcazione in vetroresina che stava imbarcando acqua, su cui viaggiavano diverse decine di immigrati. I clandestini sono stati fatti salire a bordo della nave italiana prima che il natante affondasse. Altri 11 clandestini, tra cui due donne, sono riusciti a raggiungere l'isola di Linosa. I carabinieri li hanno fermati a terra.

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31 luglio 2006
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